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Honda 3 Islands Raid: Corsica, Sardegna e Sicilia sulle Africa Twin +VIDEO+

Carlo Pettinato il 23/05/2024 in Anteprime

1.200 km di curve in quattro giorni, asfalto e fuoristrada per entrare in sintonia e comprendere a fondo lo spirito della maxi enduro della Casa dell’Ala. Abbiamo provato e vissuto l'Africa Twin in tutte le sue versioni: ecco com'è andata

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“Farò un viaggio in moto tra Corsica, Sardegna e Sicilia con le Honda Africa Twin.” 

“Bellissimo!”

“Tutto condensato in quattro giorni.”

“Che sfaticata! Ma prendervi più tempo no?”

Questa è stata, grosso modo, la conversazione con tutti quelli a cui ho raccontato dell’Honda 3 Islands Raid prima di partire. Tre isole da attraversare, quattro giorni, nove colleghi più lo staff; in tutto, 14 Honda Africa Twin 1100 2024 pronte a metter chilometri sotto le ruote a ritmo di marcia forzata.

Preoccupato al riguardo non lo sono mai stato, ci mancherebbe: ho anzi da subito inquadrato l’esperienza come opportunità per assaggiare una terra mai visitata, la Corsica, tornare nella mia amata Sardegna e conoscere meglio la Sicilia. Non solo, potrò fare amicizia con l’Africa Twin 1100 in tutte le sue versioni, ES (quella con il 21”) e Adventure Sports, con cambio tradizionale e con DCT. Che poi, è ovviamente questo l’intento dell’iniziativa da parte di Honda, più che portare noi giornalisti a divertirci. 

SI PARTE DALLA CORSICA

Si parte dal porto di Livorno giovedì mattina: imbarco alle ore 8 alla volta di Bastia, Corsica. 4 ore e mezza sono sufficienti per attraversare questa porzione di Tirreno e portarci sull’isola di Napoleone, che ci accoglie con le sue montagne che cadono in mare e disegnano nastri d’asfalto sinuosi e perfetti. Puntiamo da subito l’entroterra lambendo gli abitati di Barbaggio, Oletta, Casta e ci dirigiamo a sud verso Francardo.

La mia moto oggi è l’Africa Adventure Sports con cambio manuale, che già ho avuto modo di guidare non molti mesi fa alla presentazione stampa. Per il 2024, la “ATAS” cambia parecchio e all’anteriore perde la ruota da 21” in favore del 19". Scelta azzardata da parte di Honda - oso solo immaginare le critiche dei più tradizionalisti - ma che francamente paga. Sì, perché è facile immaginare che l’impiego preponderante dei proprietari di Adventure Sports sia nettamente l’asfalto, e in quest’ottica la ruota da 19” rende la moto senz’altro più intuitiva. Le sospensioni poi perdono qualche mm di escursione, a beneficio della compostezza dell’assetto quando si alza un po’ il ritmo. Insomma, un’altra ciambella riuscita col buco.

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ASFALTO, CURVE E TANTO COMFORT

Cara Corsica, ma quante curve! Di veri rettilinei nemmeno l’ombra, e il fondo è talmente regolare da non farci apprezzare più di tanto il comfort offerto dall’Africona (arriverà il momento). Sul Col de Vergiu, con i suoi 1.477 metri il valico asfaltato più alto dell’isola, la prima sosta. Il meteo, che all’attracco a Bastia sembrava favorevole, volge al brutto: fa freddino e inizia a cadere qualche goccia. Per fortuna è un falso allarme, scendiamo di quota, la temperatura risale e il pericolo pioggia è scampato. Passaggio radente nel bel punto panoramico presso Bocca San Bastiano, finalmente vista mare, e la meta per la sera è Ajaccio, sulla costa occidentale.

Il giorno 2 parte con un cambio moto che mi porta a sedere inizialmente su una Africa ES con cambio ancora manuale, ma nel pomeriggio passerò ad una Adventure Sports DCT. In Corsica, ancora solo asfalto, non ho quindi modo di sfruttare appieno la ruota da 21” e la corsa extra delle sospensioni, ma anche in questa configurazione l’Africa Twin rimane una moto estremamente razionale, godibile e confortevole, che sotto le gomme ci sia sterrato o meno. 

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L'INCANTESIMO DI BONIFACIO

Torniamo verso l’entroterra lungo strade a scorrimento veloce che passano per Grosseto-Prugna e Petreto-Bicchisano, sfioriamo di nuovo la costa e risaliamo verso la località Roccapina, ove la vegetazione e le rocce affioranti tradiscono la sorellanza con la vicinissima Sardegna. Mi rendo pian piano conto di quanto la tradizione còrsa abbia in realtà in comune con i sardi e con l’Italia in generale. Va bene che è stata terra italica per secoli, ma è ormai Francia da più di 150 anni e mi sorprendono i cartelli stradali in doppia lingua, con il còrso che sembra proprio sardo ed è per noi facilmente comprensibile. Discorso a parte per le innumerevoli scritte sui muri “FLN” e le colorite espressioni contro il governo francese, ma eviterò accuratamente di occuparmi di politica.

Meta parziale è Bonifacio, dove ci imbarcheremo per Santa Teresa di Gallura. Ultimo avamposto meridionale dell’isola, Bonifacio è uno splendido borgo arroccato sull’alta scogliera rivolta a sud, con il porto protetto nel fiordo che rientra tra due sponde di roccia bianca. L’acqua è cristallina e lasciare l’isola da qui in una tiepida giornata primaverile è una delizia per gli occhi e per tutti i sensi. Si aggiunge inevitabilmente alla lista dei luoghi da visitare con più calma.

 

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SARDEGNA E CAMBIO DCT

Tempo di uno spuntino e due battute in compagnia e siamo in Sardegna. Lasciamo sulla destra la stupenda spiaggia di Rena Majore con la sua sabbia bianca, il mare del colore del cielo e una macchia mediterranea a far da cornice che diffonde un profumo inconfondibile di pini marittimi e mirto. Se l’Africa potesse sentire, si commuoverebbe anche lei.

Puntiamo verso Tempio Pausania e dopo il periplo del monte Limbara saliamo sin sul belvedere di Monti, da cui si intravede Olbia e dove ci aspetta per il pranzo una tavola imbandita da sogno. 

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SI PASSA AL DCT

Il pomeriggio parte con il cambio moto: un anno dopo il viaggio DCT in Irlanda, torno a guidare una Honda con trasmissione a doppia frizione. Chi mi conosce lo sa, sono un amante della vecchia scuola E fosse per me le moto potrebbero essere a due tempi e a carburatore, ma questo DCT di casa Honda funziona veramente bene, non ammetterlo sarebbe sciocco. Ci sono quattro modalità automatiche con cambiate a regimi diversi, più o meno sportive, e poi c’è la modalità sequenziale con le levette a manubrio. 

Se si sceglie l’automatico bastano pochi chilometri per individuare la modalità più adatta al proprio stile di guida: io trovo che la S1, la seconda più turistica, sia per me la più equilibrata, non tira le marce ma nemmeno cambia troppo sotto coppia. Con il sequenziale, invece, il DCT lascia totale libertà d’intervento, salvo scalare in automatico fino alla prima quando ci si ferma. 

Poco dopo il luculliano banchetto sul belvedere di Monti, ecco il primo tratto di sterrato: potrò collaudare il DCT anche qui. Mantengo la S1, che mi sembra la più adatta anche a questo utilizzo, e poi passo al sequenziale. Personalmente preferisco quest’ultimo, in modo da avere sempre il massimo controllo di ciò che la moto fa. È tuttavia difficile trarre conclusioni scevre dalla propria esperienza personale, quindi mi limiterò ad una disamina dei fatti il più oggettiva possibile. 

 

COME VA IL DCT FUORISTRADA?

Per un fuoristradista esperto o mediamente esperto, il cambio DCT e quindi l’assenza della leva della frizione toglie un livello di controllo della motocicletta, potenzialmente diminuendo il divertimento che si può trarne (niente comando della frizione equivale a niente impennate e meno traversi). In compenso l’efficacia nella guida è massima, non serve muovere il piede per cambiare rapporto e le cambiate sono fulminee; ma questa visione la validerei se stessimo parlando di una moto da gara, cosa che l’Africa Twin non è.

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D’altro canto, per un neofita del fuoristrada certamente il cambio in automatico elimina un pensiero, c’è un elemento in meno da gestire e si azzera il rischio di far spegnere la moto, non così remoto soprattutto nei tornantini più lenti o dove il fondo si fa tortuoso. Questa la mia analisi, le conclusioni traetele voi. 

Su asfalto, beh, è un’arma da fuoco. In sequenziale sembra di stare dentro un’auto da corsa, i passaggi di marcia sono semplicemente istantanei e la compostezza generale dell’insieme motocicletta-pilota raggiunge un nuovo livello. Certo, manca quella sensazione fisica che il "clack" del cambio tradizionale dà e che in molti alimenta il fuoco della passione per i motori, ma in ottica turismo e relax il DCT è probabilmente l’uovo di Colombo.

Superiamo Alà dei Sardi, poi Buddusò e ci addentriamo in provincia di Nuoro sino a Fonni, paese a 1.000 metri sul livello del mare che è la nostra destinazione per la seconda notte. Anzi, dormiremo un po’ fuori, presso lo splendido agriturismo Donnortei, immerso nel verde e non lontano dall’unico impianto sciistico della Sardegna.

 

ENDURONE MODERNE, QUANTO BENE FUNZIONATE

Siamo nel cuore dell’isola, zona montana che nelle mie innumerevoli visite non ho mai attraversato. Il paesaggio qui è assimilabile a quello dell’Appennino, potremmo trovarci tra Emilia e Toscana. Inizia a cambiare quando scendiamo di quota dirigendoci verso Cagliari, dove ci imbarcheremo per la Sicilia. Oggi guido l’Africa ES DCT, bel mix delle soluzioni provate fino ad ora. Passiamo da asfalto a sterrati scorrevoli in un’alternanza che mi porta inevitabilmente a valutare quanto queste moderne maxi enduro siano versatili

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Penso al tipico utilizzo che ne farei io: con una moto come queste posso tranquillamente partirmene da casa, in Veneto, spararmi 280 km di autostrada per raggiungere l’imbarcadero di Livorno, sbarcare in Sardegna e godermi giornate intere di enduro turistico, con il portapacchi carico del necessario per stare fuori casa una settimana o più e poi tornarmene indietro, senza che né io né il mio mezzo meccanico perdiamo un colpo a causa della stanchezza. E il discorso resta valido con una qualsiasi di queste Africa Twin, che abbia ruota da 21 o 19, cambio tradizionale o DCT. ES o Adventure Sports da scegliere inevitabilmente in base al terreno preferito: se prevedete parecchio fuoristrada meglio la 21, diversamente andate sulla 19, che su sterrato semplice ci va in ogni caso.

Ancora una sosta gastronomica a metà giornata, che in questi agriturismi sardi non può proprio deludere, e poi via alla volta del porto di Cagliari, da dove l’ennesimo traghetto salperà alle 17. Orario infelice considerata la traversata verso la Sicilia di 12 ore. Significa che attraccheremo alle 5 del mattino, e che verremo buttati giù dalle brande attorno alle 3 della notte. Cerchiamo di non pensarci e di goderci il tramonto dal ponte superiore della nave, in buona compagnia e con una bevanda ghiacciata in mano.

 

LEVATACCIA SICULA

Sono proprio le 3:15 quando echeggia la prima sveglia. Mi rigiro nella cuccetta fino alle 4, poi mi alzo, mi preparo e mi riunisco con la banda. Sbarchiamo che è ancora buio, ma la levataccia ci premia con l’attraversamento di Palermo sulla sua via litoranea alla luce dell’alba che colora d’arancio palazzi e monumenti. L’aria sicula è frizzante, sante manopole riscaldate, e puntiamo diretti verso una rinomata pasticceria di Bagheria per una colazione di quelle che solo la Sicilia può.

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Oggi guido la più fuoristradistica delle Africa, peccato che di sterrato vedremo una manciata di chilometri. È una ES con cambio manuale e gommata Dunlop Trailmax Raid, uno pneumatico 50/50 di quelli che sceglierei io per la mia moto personale. Il tassello è ben pronunciato, ma il comportamento dinamico su asfalto è comunque più che soddisfacente. Rispetto alla Metzeler Karoo Street di primo equipaggiamento si nota una leggera instabilità soprattutto all’anteriore, ma prese le misure si arriva a sfiorare il terreno con le pedane. Come a dire che, anche in questa configurazione apparentemente unidirezionale, la Honda Africa Twin è una motocicletta incredibilmente versatile.

Superiamo Termini Imerese, Cerda e le sue antiche tribune della Targa Florio per addentrarci tra le verdissime Madonie. Non posso su queste strade fare a meno di notare, oltre alle crepe che sembrano voragini e ai continui scalini, i segni neri sull’asfalto lasciati dalle auto di quella moderna di Targa Florio, il rally, che è passato di qui proprio ieri. Sulla piesse Geraci-Castelbuono fingo di trovarmi in auto e mi ripeto le note che detterei se mi trovassi in ricognizione… che malattia.

 

SICILIA BEDDA

Siamo ancora sulle Madonie quando intravedo per la prima volta sua maestà Etna, a parecchie decine di chilometri di distanza. Si staglia all’orizzonte come un gigante, imbiancato sulla cima, largo e possente. Mi toglie ogni parola di bocca.

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Torniamo in vista del mare non lontani da Cefalù e guidiamo sulla SS costiera fino a Sant’Agata di Militello, dove cambiamo ancora direzione e puntiamo l’entroterra con destinazione Parco dei Nebrodi, dove pranzeremo. È ormai metà giornata, ma siamo in svegli dalle 3 e la stanchezza si fa sentire. A tenerci attivi ci pensano le curve infinite e poi un prelibato piatto di ziti al ragù con finocchietto che farebbe resuscitare i morti. Questo ci delizia lì per lì, ma, non fosse per una gara della MotoGP da cardiopalmo, ci avrebbe in realtà dato il colpo di grazia. 

L’apice della giornata, e forse dell’intera vacanza, viaggio di lavoro pardon, lo raggiungiamo avvicinandoci finalmente all’Etna. Lo scaliamo con foga dal versante settentrionale, scoprendo man mano terreni e vegetazione unici. Ai lati della strada riposano colate di scura lava solidificata, da cui spuntano cespugli di gialle ginestre e altri fiori colorati. La natura quando ci si mette fa davvero miracoli. Poi, più su, la pineta che nasce su distese di sabbia nera e la cima ammantata dalle nuvole. Mozzafiato, e la stanchezza se ne va come d’incanto.

Riaccendo le manopole riscaldate dell’Africa: la temperatura è scesa di parecchio rispetto alla pianura e la neve ben presente sulle pendici del vulcano lo conferma. Per l’ultimissima tirata verso Catania, autostradale, sollevo il parabrezza in posizione tutta alta, per beneficiare della massima protezione dal vento. Il contachilometri giornaliero segna 400, quello complessivo circa 1.200. Nemmeno tantissimi, considerati i 4 giorni pieni, ma stimo che le strade dritte non abbiano superato i 50 km totali.

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3 ISLANDS RAID, UN VERO TEST

Finalmente un vero ed esaustivo test. Le presentazioni stampa sono sempre assaggi, un centinaio di km, se va bene 150, inframezzati da servizi foto e video; sufficienti per comprendere la bontà generale del pacchetto, ma non per interiorizzarne appieno i tratti e capire se quella moto ce la porteremmo a casa davvero. 

Honda 3 Islands Raid è stato questo, l’occasione per farci saggiare il vero spirito delle Africa Twin, che dovrebbe trasparire dalle parole scritte fin qui. Un mezzo che si avvicina davvero allo sfuggente concetto di moto totale; certo, non ci si può fare enduro estremo ma sull’asciutto, con le gomme giuste e un po’ di malizia ci si può divertire. Dà davvero soddisfazione, perché come ho già detto ti permette di caricarla come un mulo, partirci da casa e andare a fare fuoristrada all’altro capo dell’Europa, o magari del mondo, senza cambiare in lei una virgola. 

La domanda a questo punto non è “te la porteresti a casa?”, ma “quale ti porteresti a casa?”. La mia Africa è inevitabilmente quella con ruota da 21” e cambio manuale, ma se fossi un vero viaggiatore da decine di migliaia di chilometri l’anno, la scelta sarebbe l’Adventure Sports DCT.

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