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Suzuki GSX-R1000R: il ritorno del mito

di Andrea Padovani il 06/02/2017 in Anteprime

Suzuki torna nell’olimpo delle maxisportive con una GSX-R1000 rivoluzionata nel telaio e nel propulsore (202CV), e dotata di soluzioni di derivazione MotoGP come la fasatura variabile della distribuzione. Al top elettronica, prestazioni e caratteristiche di guida. Il prezzo? 18.990 euro f.c., (16.590 euro f.c. la base)

Suzuki GSX-R1000R: il ritorno del mito
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Il 2017 è l’anno dei grandi ritorni. Non c’è che dire. Nel segmento delle maxi c’erano vuoti che andavano colmati. Lacune che non passavano inosservate tra gli appassionati della pista. Stiamo parlando di Case importanti: della Honda, che ha fatto attendere per anni la sua nuova CBR1000RR, e della Suzuki, che dal 2012 non metteva mano alla sua GSX-R 1000. Beh… oggi queste mancanze sono solo un vago ricordo! Dopo averle ammirate durante i saloni autunnali finalmente abbiamo avuto modo di testare entrambe le maxi in oggetto, la prima sulla pista portoghese di Portimao, la seconda nientemeno che a Phillip Island, in Australia. Insomma, come per la Fireblade, possiamo affermare che la “Gixxer” è tornata.

E non è un avvenimento da poco visto che ancora oggi gli appassionati parlano con una certa riverenza di quella GSX-R1000 K5 che tanto fece esaltare gli addetti ai lavori e i piloti dell’epoca. Moto con cui Troy Corser vinse nel 2005 il Mondiale SBK. Le successive evoluzioni della GSX-R1000, nonostante i 12 Mondiali Endurance e i 41 titoli nazionali, non ebbero la stessa fama: un po’ perché stiamo parlando di affinamenti più che di vere e proprie rivoluzioni tecniche, un po’ perché la concorrenza negli anni si è fatta agguerrita, imboccando la strada dell’elettronica e delle superpotenze.
La GSX-R (la prima versione risale al 2001) pur rimanendo comunque valida, bella e gustosa da guidare, aveva fatto il suo tempo. La sfida con le rivali era diventata troppo dura: non fosse altro perché era dal 2012 che i tecnici giapponesi non mettevano mano al progetto. Ma oggi si gira pagina…

La GSX-R1000 2017 - offerta in due versioni, “base” ed R - torna ad essere una moto da riferimento. Come potete leggere, cliccando qui! - tanto la ciclistica quanto il quattro cilindri in linea sono stati riprogettati per massimizzare l’efficacia in pista (ma anche su strada). La gestione elettronica è finalmente allineata alla migliore concorrenza: arrivano il ride-by-wire e una piattaforma inerziale a 6 assi che dialoga costantemente con la centralina ECM (Electronic Control Module) a doppio processore a 32 bit, che a sua volta riceve informazioni da svariati sensori (posizione delle valvole a farfalla e del comando del gas, albero motore, giri motore, marcia inserita, velocità delle ruote e sonda lambda). La centralina, dopo aver elaborato i dati, sovrintende al funzionamento del gas “elettronico” e di svariati sistemi di gestione del veicolo: nella GSX-R si possono selezionare tre mappature motore tutte full power (A per la pista, B per la strada, C per i fondi bagnati) e 10 livelli di intervento del traction control anche in movimento (il TC è comandato dall’ECM che, in caso di perdita di aderenza, interviene sulle valvole a farfalla e sull’anticipo). La centralina, sempre lavorando in abbinamento con la piattaforma inerziale, gestisce anche l’ABS che solamente sulla versione R è di tipo cornering, ovvero rileva il comportamento della moto anche in curva regolando la pressione da applicare all’impianto.

Poche ma significative le differenze della “Gixxer” standard (16.590 euro f.c.) dalla “R” (18.990 euro f.c.). Su quest’ultima, oltre all’ABS “cornering”, sono di serie il quick-shifter (in inserimento e scalata di marcia) e il launch control, nonché le sospensioni Showa più raffinate: la forcella è di tipo BFF mentre il mono è siglato BFRC. Entrambi sono caratterizzati dai circuiti dei freni idraulici separati dal corpo dell’unità ammortizzante, per massimizzare l’efficienza. Insomma, sia la versione standard sia soprattutto la “R” sono moto sofisticate e dagli elevati standard, offerte tra l’altro a prezzi nemmeno troppo elevati se consideriamo le altre proposte nel settore. Non ci rimane che provarle.

Un sogno, Phillip Island
Uscire dai box e ritrovarsi l’Oceano davanti non ha prezzo. Phillip Island è questo e molto di più. Un tracciato che affrontato con i 202 CV della Suzuki GSX-R1000R (la versione base non era prevista per il test…) risulta tanto esaltante quanto inquietante per le velocità con cui si affrontano i curvoni da quarta e quinta marcia.

Per fortuna che questa sportiva non offre il fianco a critica: anzi, fin dal primo approccio dimostra di avere le carte in regola per impensierire le regine di categoria.
Il test inizia con la moto dotata dei pneumatici stradali di primo equipaggiamento, i Bridgestone RS10, scelta un po’ penalizzante a causa del grip non certo elevatissimo. Ma già così abbiamo modo di toccare con mano la bontà del pacchetto tecnico messo a punto dagli ingegneri giapponesi: una maneggevolezza ottima e una stabilità che fa il paio con una precisione di guida eccezionale. Solo alle massime inclinazioni non ci si fida fino in fondo ma, come detto, è più un limite delle gomme che della moto: le RS10 e il loro limitato grip, però, ci offrono l’occasione di testare a fondo i controlli elettronici. E qui scopriamo un traction control davvero a punto (anche se usato sempre sul livello meno invadente 2 o 3), perfetto nel gestire le perdite di aderenza con estrema discrezione e ottimo anche quando lavora come anti-weeling. Quest’ultima funzione, non dichiarata dalla Suzuki come sistema a sé stante, risulta sorprendente visto che permette alla ruota anteriore di galleggiare per metri senza inficiare l’azione. In questo frangente ci ha colpito anche il funzionamento dell’ABS che è risultato poco invadente anche nelle staccate più aggressive, questo nonostante non sia stata prevista alcuna mappatura “track” dedicata alla pista.

E poi c’è il motore. Una vera bomba. Non sappiamo se arrivi, ad esempio, ai livelli del quattro in linea della BMW S 1000 RR; di certo offre un’erogazione piatta e corposissima su tutto l’arco di erogazione, con un allungo imperioso fino a quota 15.000 giri. Come dire, non importa se sbagliate marcia in una curva, entrando con un rapporto di troppo… la coppia ai medi vi sparerà sul rettilineo successivo comunque con veemenza. Se proprio dobbiamo segnalare un lieve difetto, questo è all’indirizzo del ride-by-wire che nella primissima fase di apertura del gas a centro curva risulta un po’ troppo ruvido. Ma è davvero un’inezia…

Nei due turni del pomeriggio le RS10 lasciano il posto alle più specialistiche Bridgestone R10 e il sospetto di essere di fronte a una moto eccezionale diventa realtà: la GSX-R1000R è una SBK con fanali e specchietti. Chiude le traiettorie con estrema naturalezza e asseconda la guida da time-attack, disegna linee efficaci, e tutto sommato non stanca nemmeno troppo il pilota, che può approfittare di una buona protezione aerodinamica e di una posizione di guida studiata per la guida impegnata.

Per le sessioni con le R10, per farci cosa gradita, i tecnici giapponesi disattivano l’ABS (sul come lo facciano… è un mistero) per farci apprezzare in pieno l’efficacia in staccata dell’impianto e della forcella, una delle migliori unità in circolazione. Ma credete, ci avevano già convinto nei turni precedenti…

Suzuki GSX-R1000R: il ritorno del mito
Ecco tutti i pezzi che compongono la Suzuki GSX-R1000
La nuova Suzuki GSX-R1000 è stata profondamente evoluta dai tecnici giapponesi, ridisegnando completamente il propulsore e il telaio che lo ospita. La modifica principale riguarda il blocco cilindri che è stato "ruotato" all'indietro di 6° al fine di contenere gli ingombri longitudinali dell'unità motrice (-22,2 mm).

Questo ha permesso di riposizionare il motore per ottenere una diversa distribuzione delle masse, ora maggiormente accentrate intorno al baricentro del veicolo: basti pensare che la distanza tra la ruota anteriore e il perno del forcellone è diminuita di 20 mm mentre quest'ultimo è stato allungato di ben 40 mm. Anche la conformazione delle due travi del telaio è stata semplificata per alleggerire la struttura e rendere quanto più stretta possibile la moto (-20 mm), a tutto vantaggio dell'aerodinamica e della maneggevolezza.

Altre novità del quattro cilindri, frutto di una completa riprogettazione, riguardano le misure di alesaggio e corsa (si passa da 74,5x57,3 mm a 76,0x55,1 mm), l'aumento del rapporto di compressione e il sistema di distribuzione: quest'ultimo si caratterizza per la fasatura variabile dell'albero a camme che comanda le valvole di aspirazione. Il meccanismo prevede 12 sfere di acciaio collocate all'interno della ruota dentata che ingrana sulla catena morse, posta all'estremo dell'albero stesso.
Queste sfere si muovono avanti e indietro lungo delle scanalature in funzione della velocità di rotazione dell'albero a camme (leggi numero di giri del motore) e quindi della forza centrifuga che si viene a creare. Il loro movimento modifica la posizione relativa dell'albero e dell'ingranaggio e ciò permette di avere una fasatura ottimale sia ai bassi e medi regimi, sia agli alti. Questa soluzione è stata messa a punto nientemeno che sulla Suzuki schierata in MotoGP.

Un'altra novità importante della distribuzione della nuova GSX-R è l'arrivo di bilancieri a dito, al posto dei classici bicchierini, per l'azionamento delle valvole, scelta che ha permesso di portare all'estremo le leggi di alzata delle valvole stesse (le masse in movimento alternato sono minori) a tutto vantaggio delle performance del motore agli alti regimi.

Anche il sistema di alimentazione offre argomenti di discussione: oltre all'arrivo del ride by wire, cambia la posizione degli iniettori. Quattro sono posti all'interno dei corpi farfallati stessi (cresciuti nel diametro da 44 a 46 mm), altri quattro (che entrano in funzione solo agli alti regimi di rotazione) sono collocati sopra i cornetti di aspirazione. In più, i due cornetti esterni infine sono a lunghezza variabile.

L'impianto di scarico presenta la novità di un sistema di valvole comandate dalla centralina: una coppia gestisce le onde di pressione che si creano tra i quattro collettori (collegati a due a due), una terza è posizionata invece in modo tradizionale a monte del terminale.
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