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Kawasaki Z900: la prova su strada

di Alessandro Codognesi il 01/02/2017 in Anteprime

La Kawasaki Z900 sfoggia un look ancora più aggressivo, una ciclistica tutta nuova e affilata, abbinata a un motore più potente. A differenza di altre nude sportive, non cede alla tentazione dell'elettronica. In vendita a 9.190 euro c.i.m

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Esistono tanti buoni motivi per desiderare la nuova Kawasaki Z900. È potente, costa il giusto e, se guidata da un polso capace, teme poche rivali su strada. La moto perfetta per chiunque? Calma. La nuova nata della famiglia Z non è così democratica come si potrebbe pensare perché, semplicemente, non ha quelle buone maniere che soccorrono il pilota incerto.

La Z800 era una moto potente, certo, ma anche pensata per chi voleva introdursi alla guida sportiva passo-passo. Alla sua erede questo tatto manca, soprattutto per come chiede di essere guidata: con una certa malizia. Per qualcuno è un punto di forza, per altri, forse, no. Ma andiamo con ordine.

Il concetto è semplice: si voleva una moto più moderna e atletica, ma che ricalcasse quelli che erano i valori della Z800. Si è partiti dal motore: il 4 cilindri in linea da 948 cc sfrutta il blocco motore della prima Z1000, ma tutto il resto è nuovo. Cilindri, pistoni, aspirazione e scarico, tutti i componenti sono stati progettati da zero, anche la frizione, ora dotata di assistenza e di sistema antisaltellamento. Il risultato sono 125 CV a 9.500 giri e 98,6 Nm a 7.700, numeri che raccontano di un'erogazione corposa ai medi regimi. Anche la ciclistica è inedita.

Il telaio della Kawasaki Z900 è un traliccio in acciaio che sfrutta il motore come elemento stressato e pesa solo 13,5 kg. Genera un interasse di 1.450 mm e un'inclinazione del cannotto di sterzo di 24,5°. Il forcellone ora è in alluminio, il mono ha un nuovo schema di link, ed è sempre regolabile nel precarico molla e nel ritorno idraulico, così come lo è la forcella da 41 mm a steli rovesciati. A frenare il tutto ci pensano due dischi da 300 mm lavorati da pinze assiali, con l'ABS naturalmente di serie. Il peso dichiarato parla di 210 kg in ordine di marcia, ben 18 in meno della sorella 800.

A proposito di ergonomia invece, la sella è a soli 795 mm (optional quella rialzata di 25 mm), contro gli 834 mm della Z800. Si segnalano, poi, le luci a led e la nuova strumentazione tutta digitale, con 3 schermate disponibili. Ora viene il bello: il prezzo rimane quello della Z800. La Z900 costa 9.190 euro c.i.m. ed è disponibile nelle colorazioni verde-nero, nero, grigio scuro con telaio verde. Volendo c'è il pacchetto Performance (il prezzo sale a 10.280 euro) con in più l'adesivo per il serbatoio, il parabrezza fumé, il kit coprisella in tinta e lo scarico completo Akrapovic. Le Kawasaki, soprattutto le naked sportive, non sono mai state moto particolarmente sobrie. E la Z900 non è certo da meno: l'abbinamento grigio a specchio della carrozzeria con il verde lime del telaio fa di tutto per attirare l'attenzione.

Il comfort della seduta è migliorabile, però è alta il giusto da terra e ci si incastona bene dentro la moto. Si sta accovacciati e vagamente protesi verso il manubrio, che è largo correttamente. Una posizione che invita a cercare subito un paio di curve giuste dove sgranchirsi le gambe. Il 4 cilindri in linea si mette in moto ronzando a un minimo estremamente silenzioso. Frizione e cambio sono precisi, come anche la risposta dell'acceleratore, ancora a cavo invece dell'imperante Ride by Wire.
I classici primi metri di apprendistato durano poco: non ci sono mappature da provare o controlli di trazione. E poi la Z900 è squisitamente giapponese nei modi di fare: ai bassi regimi il motore è dolce, non strappa, non vibra, e la frenata è progressiva e gestibile con un dito.

Ma basta un'accelerata un po' allegra per capire quanta birra ci sia rispetto alla precedente 800: come un piccolo reattore, il nuovo motore produce un sacco di velocità in poco spazio, anche tra un semaforo e l'altro della città. Non sono tanto i 12 CV in più (i 113 della 800 non cerano certo pochi!) quanto il carattere complessivo della moto, ancora più adrenalinico.

E infatti, quando arrivano le prime curve, si capisce la portata del lavoro svolto non solo sul propulsore ma anche sulla ciclistica. I chili in meno, uniti alle sospensioni moderne, non hanno migliorato solo l'agilità. In qualunque fase di guida la nuova Zeta è una moto superiore. È più rapida a chiudere le curve, più reattiva e meno inerte nei cambi di direzione, più stabile e potente in frenata e più precisa a centro curva. Tutti aspetti che, tuttavia, rispetto alla precedente Z800 richiedono al pilota una guida maggiormente attenta e competente.

Sopra i 4.000 giri le buone maniere del motore lasciano spazio a una camionata di coppia che si protrae senza buchi fino alle soglie del limitatore. E l'erogazione è una goduria: scordatevi i vecchi 4 cilindri affamati di giri, ora basta chiedere alla manopola destra e la risposta – arrogante – arriva in poco più di un attimo. Diciamolo: non fa rimpiangere un twin o un triple, anche se in uscita di curva si ha la marcia alta. Insomma, questa moto è argento vivo. Attenzione però, perché l'asticella delle prestazioni si è alzata molto rispetto al precedente modello e vista l'assenza del controllo di trazione, su asfalti lucidi o sui fondi viscidi bisogna saper dosare il gas.

Una conferma dei valori "duri e puri" che da sempre caratterizzano certe Kawasaki della serie Z: stile e prestazioni per chi vuole – e sa gestire – emozioni forti.

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