I numeri raccontano

Così uguali, così diverse: la Suzuki GSX-S1000GT e la Kawasaki Versys 1000 SE Grand Tourer. Partiamo dalla fine, per una volta. Di chilometri ne abbiamo fatti parecchi, con un variegato mix di autostrada, strade statali panoramiche e montagna vera che ci ha permesso di mettere in luce le peculiarità di queste due moto. Peculiarità che possono renderle appetibili a motociclisti di diversa estrazione, ma accomunati dalla passione per i viaggi: viaggi veloci, ci viene naturalmente da aggiungere.

Se la predisposizione a coprire rapidamente la distanza dal punto A al punto B è di certo una cosa che accomuna le due GT, il merito va in buona parte alla meccanica. Questa è anche una battaglia tra due quattro in linea un tempo sportivissimi e ora declinati in versione stradale, ma sempre a dir poco leggendari: il K5 Suzuki da 999 cc e il 1.043 cc della Kawasaki. Affiancati da versioni più spregiudicate, entrambi hanno rinunciato ad esprimere il loro massimo potenziale, soprattutto il Kawasaki che si ferma a 120 CV a 9.000 giri e 102 Nm a 7.500 giri contro i 152 CV a 11.000 giri con 106 Nm a 9.250 giri del Suzuki, che sfoggia già dalla carta di identità tutt’altra propensione all’allungo.

I numeri raccontano infatti già molto: più affezionato alla performance il propulsore della Suzuki, che raggiunge regimi da motore racing e lo fa con una certa cattiveria; più votata ad un utilizzo turistico l’unità di Kawasaki, che regala la sua coppia massima ad un regime decisamente interessante per l’uso su strada. Il comparto elettronico segna più di un punto a favore della Kawasaki, dotata di piattaforma inerziale IMU a sei assi che gestisce un pacchetto completo composto da tre mappe motore più una personalizzabile, controllo di trazione e power mode, ABS cornering con sistema di frenata integrale, luci cornering e sospensioni semiattive fornite da Showa. Più spartana l’elettronica Suzuki che prevede sulla GSX-S GT tre mappe motore e il controllo di trazione settabile su cinque livelli. 

Ferme sul cavalletto mentre aspettiamo di fare rifornimento inizio a fare alcune considerazioni a livello estetico con Matteo, che guida oggi con noi. La Versys e la GSX-S GT non potrebbero essere più diverse tra loro, anche se un certo stile tipicamente giapponese le avvicina. Ben chiara l’origine sportiva della Suzuki GT, che deriva dalla naked GSX-S1000: linea filante e aggressiva, che ha il frontale come elemento distintivo con due occhi assassini che sembrano quelli di un rapace pronto alla caccia. Ben armonizzato il design della sezione di coda con le due borse, identiche nella capienza, perfettamente integrate. Più tradizionale la linea della Versys 1000, che sprigiona imponenza con un anteriore molto ampio e protettivo mentre dietro il tris di borse, di serie sulla versione SE Gran Tourer a nostra disposizione, è ben armonizzato nella linea della coda.

Il ponte di comando è quello più recente proposto dalle due Case: Kawasaki ha una soluzione mista con contagiri analogico e LCD di supporto, mentre Suzuki ha un pannello TFT molto chiaro, ma che paradossalmente continua a mimare la strumentazione analogica restando anche in questo caso ancora lontano dai lussi a cui ci hanno abituato le Case europee. Entrambi offrono comunque la connettività a smartphone e le pulsantiere di comando dell’elettronica sono piuttosto intuitive.

Anche la posizione in sella mette in luce alcune differenze importanti: la GSX-S GT impone al suo pilota una posizione più raccolta, con le pedane abbastanza alte. Il manubrio, quasi da naked pura, è correttamente aperto e alla giusta distanza, e nel complesso è buona l’abitabilità a bordo. Decisamente più votata a giornate di guida interminabili la Versys SE, che accoglie il pilota in maniera regale: busto eretto e pedane che impongono un angolo comodo e corretto alle ginocchia.

Lo spirito e la materia

Anche nella guida bastano pochi chilometri perché le due mille mettano in mostra i pregi, molti, e i difetti, pochissimi, che le contraddistinguono. Sono entrambe facili fin dal primo approccio, nonostante la significativa differenza di peso a sfavore della Kawasaki che fa segnare 260 kg rilevati col pieno contro i 227 della Suzuki. La corretta distribuzione dei pesi della tourer di Akashi riesce però ad azzerare di fatto il gap, e anche a bassa velocità entrambe si muovono agilmente. Certo, per iniziare a godere davvero bisogna uscire dalle mura della città… ed eccoci in un attimo in autostrada, dove le differenze si fanno da subito più macroscopiche.

La Kawasaki viaggia imperturbabile, coccolando il suo pilota in una bolla di protezione assoluta, addirittura troppo per i nostri gusti. Zero aria, zero vibrazioni e le sospensioni semi-attive che lavorano alla grande assorbendo tutto, dalle piccole asperità alle giunzioni più pronunciate dell’asfalto. Il cruise control è di facile utilizzo e aiuta a macinare centinaia di chilometri senza alcuno sforzo. Nonostante le dimensioni importanti la Versys sente poco le scie degli altri mezzi, e mette in campo il solito rigore direzionale Kawasaki, che concorre a mantenere medie davvero da riferimento.

Più “sanguigna” la Suzuki, che lascia maggiormente esposto il suo pilota alla pressione dell’aria per via di un cupolino piuttosto corto e basso, più da sportiva che non da GT, da annotare anche che  non è regolabile. Per rimediare, in ogni caso, c’è quello optional, più protettivo. Per il resto la Suzuki corre stabile e rigorosa e vibra quasi nulla a regime costante, con una posizione in sella che affatica poco.

Lasciata l’autostrada ci inerpichiamo per una strada di montagna e iniziamo a guidare seriamente, scambiandoci spesso le moto per mantenere calde le impressioni di guida. Tra le curve, ancora una volta, le due moto confermano significative differenze nella resa dinamica. La Kawasaki rimane sempre neutra e comunicativa. Scendere in piega risulta facile ed intuitivo e in percorrenza l’anteriore trasmette un feedback corretto. Anche in questo frangente la resa delle sospensioni semiattive è veramente da applausi: filtrano, sostengono e copiano ogni possibile condizione del percorso sul quale stiamo guidando. Alla guida della crossover giapponese si tiene un buon passo a fronte di un ridottissimo impegno psico-fisico, grazie anche ai sistemi di ausilio alla guida che lavorano nell’ombra. A bordo della Versys tutto evoca destinazioni lontane, con la moto molto godibile in ogni situazione. Il motore ha un valido tiro fin dai regimi più bassi e l’uso del cambio, per quanto efficace sia la resa del quickshifter bidirezionale, è spesso superfluo vista la possibilità di riprendere velocità in maniera perentoria in qualsiasi rapporto. La risposta del comando ride by wire arriva puntuale e precisa e è priva di fastidiosi on-off. Se poi se ne presenta la necessità, anche arrivare in prossimità del limitatore con il quattro in linea di Akashi è un gioco da ragazzi, con la spinta che rimane sempre vigorosa e molto lineare.

Di tutt’altro genere la guida della Suzuki GSX-S1000GT, che tra le curve mette in mostra la sua stretta parentela con la GSX- S naked. Ha in generale un approccio più sportivo, e si capisce quanto dia il meglio quando i ritmi di guida sono mediamente alti. Non vuol certo dire che questa moto non sia godibile a passeggio, anzi. Il suo motore, che continua da ormai vent’anni a farci godere, gira sornione con un rapporto alto inserito senza alcun problema e la risposta al comando del gas è di quelle da riferimento. La spinta c’è sempre e come la Suzuki ci proietta fuori dalle curve è da sorrisone a 32 denti, mentre il quickshifter è forse il migliore che ci sia mai capitato di provare: preciso e morbidissimo a tutti i regimi. Suzuki mette insomma una meccanica al top a servizio di una ciclistica valida, sia che ci si trovi a guidare su asfalti ben tenuti sia che sotto alle ruote passino continue sconnessioni. È però quando il ritmo si alza che la GSX-S GT fa capire di essere nel suo. L’anteriore aumenta in precisione e rigore, e se si vogliono dalla moto azzurra risposte ancora più puntuali e precise, forzando un pochino gli ingressi e accentuando lo spostamento del corpo le si ottengono. La GT rimane sempre neutra in percorrenza e cambia direzione con facilità, di nuovo in maniera molto simile a una naked sportiva.

Dà gusto rimanere nella parte intermedia del contagiri snocciolando un rapporto dietro l’altro coadiuvati dal precisissimo quickshifter. Se poi si decide di insistere con il comando del gas, la Suzuki cala decisamente la maschera e il sangue da superbike che le scorre nelle vene inizia a ribollire. I 152 cavalli fanno aumentare la velocità in maniera veemente e la GSX-S si trasforma in una sportiva pura regalando emozioni cariche di adrenalina. Quasi una dottor Jekyll e Mister Hyde.

In questi frangenti ci si dimentica presto di avere una coppia di capienti borse appese alla coda e magari un passeggero… in apprensione per il nostro cambio di ritmo.

Liscia o gassata?

A conclusione di una intensa giornata di guida tiriamo le somme ripensando alla scelta di mettere a confronto queste due jap ricche di personalità. Entrambe trasportano il loro pilota in maniera decisamente veloce, ma con stili diversi. Per distanze importanti meglio la Kawasaki col suo occhio di riguardo per il comfort, un pacchetto elettronico molto completo e una serie di accessori perfetti per i lunghi viaggi (cupolino regolabile, manopole riscaldabili e fari di profondità). La Suzuki accontenterà chi non vuole rinunciare a un po’ di adrenalina. È di fatto una naked con accresciuta protezione aerodinamica e una interessante capacità di carico, e non si troverebbe a disagio per qualche puntata tra i cordoli. È però meno a suo agio sulle lunghissime distanze per via di una ridotta protezione aerodinamica e di una posizione in sella né eretta né del tutto allungata sul serbatoio. Manca anche qualcuno degli ausili alla guida ormai diffusi e degli accessori per migliorarne il comfort generale. Per entrambe è comunque altissima la qualità, come dev’essere per due interpreti del viaggio “made in Japan”.