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Moto Guzzi Stelvio: tutte le novità tecniche

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 12/12/2023 in Moto & Scooter

Attesissima e importantissima per il presente e il futuro di Moto Guzzi, la Stelvio porta la piattaforma V100 nella direzione della versatilità, anche attraverso scelte tecniche originali. Ecco la nostra analisi completa di motore, trasmissione, ciclistica ed elettronica

Moto Guzzi Stelvio: tutte le novità tecniche
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Attesa dall’istante in cui si è vista la V100 Mandello, preannunciata, paparazzata, finalmente svelata poche ore prima di Eicma, la Moto Guzzi Stelvio è una delle novità più attese del 2024. È una moto che prende la base tecnica della Mandello (correggendone alcuni piccoli difetti di gioventù) ma vara anche diverse novità tecnologiche, su tutte il sistema radar “PFF Rider Assistance Solution”.

È, soprattutto, una moto che volta decisamente pagina rispetto agli ultimi decenni di storia Guzzi, portando il marchio nel suo secondo secolo di vita. Un modello fondamentale tanto quanto la Mandello, stessa piattaforma sulla quale i motoristi di Pontedera e i telaisti di Noale hanno lavorato fianco a fianco fin dal primo giorno, come è evidente in tanti aspetti di integrazione tra powertrain, ciclistica ed ergonomia.

Moto Guzzi Stelvio: tutte le novità tecniche

Moto Guzzi Stelvio

Motore: la rivoluzione che non si vede

Partiamo dal motore, identico a quello della V100 Mandello compresa la cassa filtro, mentre lo scarico è dedicato anche perché la Stelvio è la prima moto del Gruppo a ricevere l’omologazione Euro5+.

Il nuovo motore V100 è nato da foglio bianco con un solo punto fermo, l’architettura a V90° trasversale con trasmissione finale a cardano. Per il resto i progettisti hanno deciso subito di puntare su un motore modernissimo: molto compatto, raffreddato ad acqua, con teste ruotate di 90° e condotti ad alta turbolenza, distribuzione bialbero con bilancieri a dito per la massima precisione, gestione ride-by-wire, albero controrotante per contrastare la coppia di rovesciamento, frizione multidisco in bagno d’olio per ridurre le inerzie ed essere antisaltellamento, quickshifter.

La cilindrata effettiva è di 1.042 cc, mentre i valori di alesaggio per corsa sono di 96 X 72 mm, contro i 95 x 81,2 mm della Stelvio 1200: si è persa soprattutto corsa, per mantenere i cilindri “corti”, compensare la presenza della camicia di raffreddamento e contenere l’ingombro trasversale. Il V trasversale – e ancor più il boxer – è una configurazione poco favorevole in termini di centralizzazione delle masse, ma i tecnici hanno fatto il possibile per compattarlo in tutte le direzioni, compresa quella appunto trasversale: ecco un primo punto in cui i motoristi hanno recepito un’esigenza dei telaisti.

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Teste ruotate di 90°, albero basso

Le teste ruotate di 90 gradi – i condotti di aspirazione e scarico non sono più orizzontali ma verticali – hanno permesso di aumentare lo spazio per le gambe da un lato, e ottenere condotti ad alta turbolenza più corti e dritti dall’altro, così da ottimizzare l’apporto di miscela aria/carburante nelle camere di combustione con conseguenti benefici sulla potenza, sull’erogazione, sui consumi e sulle emissioni. La distribuzione a doppio albero a camme in testa con bilancieri a dito, soluzione nata in ambito sportivo, ha permesso di ottenere leggi di alzata delle valvole più aggressive ma anche più precise.

La potenza massima è di 115 CV a 8.700 giri/min con una coppia massima di 105 Nm a 6.750 giri/min, di cui l’82% disponibile già da 3.500 giri/min e il limitatore a 9.500 giri/min, regime stellare per una Guzzi di questa cilindrata. L’intervallo dei tagliandi è fissato ogni 12.000 km.

Quanto alla compattezza, il V100 è di 103 mm più corto dello small block della V85 TT e più leggero rispetto al 1200 8V, ultimo 4 valvole prodotto da Moto Guzzi. Il nuovo basamento sfrutta una lubrificazione a carter umido, con la camera di manovella separata dalla coppa dell’olio da un pacco lamellare. Questo sistema permette di avere un motore più basso grazie a una coppa dell’olio meno profonda, risparmiando spazio e abbassando le masse a vantaggio della maneggevolezza.

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Dal CARC all'albero lungo

Il tema dell’abbassamento è forse il più importante punto di contatto tra motoristi e telaisti. Solo insieme era infatti possibile decidere di abbandonare il sistema a quadrilatero articolato denominato CARC, e introdotto a partire dalla Breva per contrastare l’effetto anti-squat della trasmissione a giunto cardanico, a favore di una soluzione più leggera, basata su un solo albero. Mentre il CARC poteva infatti essere in qualche misura "applicato" al motore esistente, l'albero lungo richiede di essere previsto fin dall'inizio nel powertrain.

Ma vediamo di che si tratta. Le trasmissioni ad albero cardanico, collegate molto rigidamente alla ruota posteriore dalla coppia conica, hanno infatti un effetto anti-squat molto maggiore rispetto a quelle a catena, che fa sì che il posteriore si alzi sensibilmente in accelerazione. I sistemi a quadrilatero articolato come il Paralever BMW o il CARC di Moto Guzzi permettono di avere un “forcellone virtuale” molto lungo, anche oltre i 1.000 mm equivalenti, che consente di contenere questo effetto.

Con la V100, Moto Guzzi ha deciso di non ricorrere al quadrilatero articolato e al forcellone “virtuale”, ma di prevedere un forcellone effettivamente molto lungo (si passa dai 515 mm della Stelvio 1200 ai 578 mm della Stelvio attuale) e per di più quasi orizzontale, in modo da limitare moltissimo l’effetto anti-squat (legato anche all'inclinazione del forcellone). Per ottenere un forcellone così lungo e orizzontale, i motoristi hanno dovuto accorciare moltissimo il motore e abbassare la presa di moto del cardano (che passa da 36 mm sotto all’albero motore a ben 100 mm sotto all’albero motore) in modo da raggiungere gli effetti voluti sulla dinamica di guida.

La Moto Guzzi Stelvio 1200: trasmissione a destra e CARC
La Moto Guzzi Stelvio 1200: trasmissione a destra e CARC
La Moto Guzzi Stelvio: trasmissione a sinistra e albero lungo
La Moto Guzzi Stelvio: trasmissione a sinistra e albero lungo

Contralbero, frizione multidisco, quickshifter

Per accorciare così tanto il motore, anche l’alternatore che era davanti ai cilindri è stato spostato al centro della V. La frizione, storicamente monodisco a secco sulle Guzzi, diventa multidisco in bagno d’olio con comando idraulico e sistema antisaltellamento: è più robusta, affidabile, compatta e leggera, ma soprattutto riduce considerevolmente la coppia di rovesciamento. Sempre per ridurre la coppia di rovesciamento è stato previsto un contralbero, che ha permesso anche di diminuire dimensioni e peso dell’albero motore.

L’albero che porta la trasmissione, e che si trova ora sul lato sinistro della moto, senza l’aggravio di peso del quadrilatero può essere molto più leggero: la sola scatola che porta la coppia conica è passata da 10,5 kg a 7,85 kg. Il sistema prevede ora un solo giunto cardanico sul fulcro del forcellone, inclinato di 6° in modo da mantenere la zona centrale della moto molto stretta, riducendo il peso e avvantaggiando l’ergonomia; al contempo la coppia conica è posizionata a 84° (e non a 90° come su tutte le altre Moto Guzzi), per permettere al forcellone di ospitare anche pneumatici di ampia sezione.

Il cambio a sei marce è quello della Mandello, aggiornato per renderlo ancora più fluido e morbido negli innesti grazie allo spostamento del parastrappi dall’albero primario del cambio alla frizione per avere una maggiore capacità di smorzamento e in generale una superiore dolcezza di funzionamento. Allo stesso scopo è stato modificato il desmo.

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Ciclistica: come ti metto su strada il V90

Bene: cosa ci hanno fatto i telaisti con questo powertrain? Si sa che a Noale hanno a cuore la guidabilità e un V90° trasversale nonostante tutte le cure è un po’ abbondantino dal punto di vista delle inerzie. Però ha un suo perché. Intanto non serve tenerlo alto come il boxer perché tocca con le teste (infatti l’ultimo 1300 di BMW ha misure più superquadre per contenere lo sviluppo delle teste e il cambio ruotato sotto i cilindri per alzarli), riesci a posizionarlo in un modo favorevole per avere baricentro basso e una trasmissione più semplice.

Anche dal punto di vista delle vibrazioni, ha le forze del 1° ordine bilanciate e non serve controbilanciare la coppia del 1° ordine, come sul boxer che ha perni di manovella separati. Per cui la situazione è buona già in partenza e non serve contralbero, se non per contrastare la coppia di rovesciamento e ridurre ulteriormente le inerzie.

Per ottenere dalla Stelvio tutta la versatilità che ci si aspetta da una Adventure, la sua ciclistica è stata sviluppata insieme con la Mandello fin dall’inizio. Il telaio sembra identico ma ha in realtà quote diverse per ospitare la ruota da 19”: il cannotto è più lungo rispetto alla Mandello per alzare la piastra di sterzo e ridurre sbalzo del manubrio; inoltre il motore è fissato qui con 4 punti di vincolamento anziché 2, il che conferisce all’insieme il 20% di rigidezza torsionale in più: quella necessaria per coniugare velocità e stabilità anche a pieno carico, condizione in cui la Stelvio dovrebbe trovarsi molto più spesso della Mandello.

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Ergonomia a tutta prova

L’aumento della rigidezza è evidente anche nell’avantreno, con una forcella Sachs da ben 46 mm di diametro e 170 mm di escursione (regolabile in precarico e ritorno) che prende il posto della KYB 41 o Öhlins 43 Smart EC della Mandello. Al posteriore c’è un mono KYB regolabile, senza leveraggi e sempre con 170 mm escursione. Non sono previste sospensioni semiattive, che probabilmente arriveranno in futuro visto che è una tecnologia che il Gruppo già offre su alcune Aprilia.

Cambia ovviamente l’ergonomia, con un manubrio diverso e una sella posta a 830 mm – valore buono per una Adventure – ma soprattutto molto stretta nell’arco del cavallo per consentire di toccare bene a terra con i piedi. Qui vediamo un ulteriore esempio del lavoro congiunto dei telaisti e dei motoristi, che per consentire di avere pedane più strette (sono fissate al basamento) hanno studiato un’uscita del cardano disassata rispetto all’albero motore di 100 mm (erano 118 mm sulla Stelvio 1200.

Anche la presenza di un solo giunto cardanico favorisce un basamento più stretto (non c’è il secondo giunto lato basamento); questo ha richiesto ingranaggi posteriori speciali, per lavorare non a 90° ma a 84°. In questo modo le pedane (fissate al motore tramite silent-block in gomma) possono essere più distanti dal piano sella senza ridurre la luce a terra in piega.

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Dieta dimagrante e tanta elettronica

Chiudiamo con un cenno all’impianto frenante, comune alla Mandello: qui si capisce il perché di quel grande disco da 280 mm al posteriore, con pinza flottante a doppio pistoncino, oversized per la roadster ma perfettamente sensato per una adventure a pieno carico. Davanti c’è un doppio disco flottante da 320 mm con pompa e pinze radiali. Pregevoli le ruote a raggi tubeless, soluzione più “off” abbinata alle Michelin Anakee Adventure.

Il risultato di tutto questo lavoro è non solo una fortissima riduzione delle inerzie che rende la Stelvio, come la V100 Mandello, completamente diversa nel feeling rispetto a qualunque altra Moto Guzzi, ma anche una netta riduzione del peso che passa dai circa 270 kg in ordine di marcia della Stelvio 1200 (a seconda delle versioni) ai 246 kg della nuova Stelvio.

Conclusa la parte “hardware”, parliamo dell’elettronica e del vestito della nuova Stelvio. L’elettronica conta come abbiamo visto sulla gestione ride-by-wire che ha consentito di realizzare 5 riding mode, col debutto del nuovo “offroad” assente sulla Mandello. Ogni mode ha 4 “leve”: engine brake (3 livelli, non editabile), erogazione (3 livelli), traction control (4 livelli), ABS (2 livelli + off posteriore). Come sulla Aprilia Tuono V4, è possibile usare Il joystick del cruise control per regolare al volo il traction. Sono cornering tutti gli ausili e anche le luci.

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Il radar è "made in Piaggio"

Forse la più importante anteprima tecnologica della Stelvio è il radar “4D” sviluppato internamente da Piaggio Fast Forward, società del Gruppo con sede negli USA che ha realizzato sia l’hardware che il software, che sono quindi differenti da quelli che gli altri costruttori acquistano da fornitori come Bosch, Conti o Hitachi Astemo. Ci sono un radar anteriore e uno posteriore che realizzano il controllo degli angoli ciechi e il cruise control adattivo, che Guzzi chiama “Following CC” e non “Adaptive CC” perché il sistema agisce solo sul comando del gas e non sul freno (come fanno gli analoghi sistemi presentati da Ducati, Yamaha e BMW). Si tratta una scelta tecnica: sono previsti segnali visivi e acustici, e il fatto che la moto chiuda il gas richiama l’attenzione di chi guida anche in assenza di frenata.

Concludiamo con l’aerodinamica, che punta a offrire la miglior protezione del segmento pur senza una sezione frontale enorme e con forme comunque compatte. Il gruppo dedicato all’aerodinamica delle moto di serie, con personale proveniente dalla MotoGP, si è trovato davanti a un compito per certi versi più difficile che non ottimizzare la penetrazione e trovare deportanza sull’avantreno.

In fatto di comfort entrano infatti in gioco le turbolenze, che sono aspetti transienti e spesso molto variabili con la taglia e la posizione di chi guida. Per definire le forme della Stelvio sono state spese 1.500 ore di fluidodinamica computazionale, diverse sessioni in galleria e qualche proposta è stata buttata in corso d’opera per rifare tutto. La soluzione finale con il parabrezza sdoppiato regolabile elettricamente e gli spoiler ridisegnati sembra aver soddisfatto gli ingegneri. Aspettiamo di poter guidare la Stelvio per confermarvi se è così!

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