Un po' di tecnica

Le moto in questione, appena rinnovate per il 2021, affrontano il 2022 immutate nella tecnica. Il loro centro nevralgico è il motore intorno a cui sono costruite. La V7 discende direttamente dalla scuola “del Lario” proponendo un’architettura che è ormai un marchio di fabbrica: bicilindrico a V di 90° posizionato nel telaio in modo trasversale, raffreddamento ad aria, distribuzione ad aste e bilancieri, 2 valvole per cilindro e trasmissione ad albero cardanico. Un motore che è più di un motore: è un’iconografia del motociclismo. Dalle cattedre inglesi arriva invece il bicilindrico parallelo, raffreddato a liquido, monoalbero, con 4 valvole per cilindro e fasatura a 270°. Quasi identica la cilindrata: 900 cc per l’inglese 853,4 cc per l’italiana. E anche la potenza: 65 CV sia per una che per l’altra! 

Nonostante all’apparenza non sia piccola, la V7 Stone è compatta. La sella è più alta rispetto alla Street Twin e il peso grava un po' più sul manubrio, che ha una bella piega (un po’ più larga di quella della Triumph). L'abitabilità è ottima e la postura eretta, con le gambe non troppo arretrate. L’affusolato serbatoio è più capiente di quanto sembri, ma difficile da stringere fra le gambe. La V7 è una moto un po’ “old school”: la guidi seduto sopra, non dentro. In effetti tutta la guida profuma di romanticismo, dalla risposta del cambio alle reazioni agli spostamenti del corpo. È una moto che ti gusti al massimo quando non hai fretta: il motore pur frullando bene a tutti i regimi dà il meglio quando non viene spinto agli altissimi regimi e la triangolazione manubrio-sella-pedane sembra fatta apposta per star dritti e privilegiare la rilassatezza.

Stile italiano

Ecco, immaginate un pomeriggio assolato in collina, in uno di quei posti che invitano a perdere tempo in sella gustando odori e sapori: qui la V7 si rivela una compagna instancabile. La sella larga, le vibrazioni contenute e mai fastidiose e la bella spinta ai bassi del twin invitano a godersi il paesaggio e magari la compagnia della fidanzata, col quale viene naturale conversare vista la tonalità pacata del motore; peccato solo che la porzione di sella riservata al passeggero sia un po’ più risicata rispetto a quanto offre la Triumph. 

Non pensate però che la guida sia scialba, tutt’altro, perché è tipicamente Guzzi: tanta stabilità sul veloce, una buona capacità di tenere la traiettoria anche nel misto e una certa semplicità di aggredire nello stretto. Infatti, nei tornanti in discesa è più brava a chiudere la curva rispetto alla Triumph; per contro ha un po’ più di inerzia nei cambi di direzione per tanti motivi, che vanno dall’albero longitudinale al cardano. Insomma, la V7 è una moto con una ciclistica sana ed efficace – come tutte le moto del Gruppo Piaggio – in cui il pacchetto motore-trasmissione condiziona il comportamento per via delle reazioni “100% Moto Guzzi”: la V7 solleva il posteriore in accelerazione e quando si sgasa fa sentire un po’ di coppia di rovesciamento. Rispetto alla Street Twin la V7 è una moto più viva, più “presente”: può piacere o piacere meno rispetto all’inglese, ma senza dubbio ha tantissima personalità. Sulla V7 non ti dimentichi mai cosa stai guidando, è lei a ricordartelo: all’inizio devi prenderci un po’ le misure, poi però il ritmo che si può tenere è assolutamente equivalente a quello della Triumph.

Qualità inglese

Ed è ora di addentrarci nei dettagli della Street Twin, che fin dal lancio nel 2016 è stata una delle moto più apprezzate della gamma; la classic di Hinckley è una solida rappresentante dell’ultimo corso di Casa Triumph, nel senso che non c’è un dettaglio che non risulti curato, dall’attacco degli specchietti ai coperchi in alluminio spazzolato. A livello di finiture è quindi superiore alla Guzzi ed è molto elegante, anche se meno scenografica della V7 Stone in livrea Centenario, a cui bisogna dare il merito di essere ruffiana - e di conseguenza in grado di attirare su di sé gli sguardi - come poche altre moto. Quanto alla guida, la Street Twin è molto più simile a quella di una moto “moderna”, una sorta di naked con il look da classic, ovvero assolutamente neutra e intuitiva.

Morbidissime le risposte di motore e frizione, la Street Twin offre un’erogazione regolare, molto fluida, che si rivela più propensa all’allungo rispetto alla Guzzi, e dove la strada si distende riesce a guadagnare qualche metro all’italiana, come dimostrano anche i rilevamenti fatti sulla nostra pista di Vairano. Qui c’è un cambio a 5 marce (sono 6 sulla Guzzi) e un po’ - onestamente - abbiamo perso l’abitudine a utilizzare i cambi... “con una marcia in meno”; però su una moto come la Street Twin questa rapportatura, unita al maggiore allungo, si rivela in certi casi anche più funzionale da utilizzare sulle strade guidate, senza che l’assenza della sesta porti a maggiori consumi autostradali. Anzi, la quinta è quasi da riposo e infatti  l’inglesina riesce a essere sempre un po’ più parca dell’italiana quando ci si ferma al distributore di benzina.

Diverse alla guida

A livello ciclistico la Street Twin ha una buona maneggevolezza ed molto intuitiva, anche nel traffico. È meno rapida nella discesa in piega e quando è piegata va forzata un po’ di più rispetto alla Guzzi per aumentare l’inclinazione: questo con molta probabilità deriva dalle gomme di primo equipaggiamento, che sulla Triumph hanno un profilo molto tondo e... classico (Pirelli Phantom), mentre sulla Guzzi è un po’ più appuntito (Dunlop Arrowmax Street Smart). Non ama le pinzate decise a moto piegata, la Street Twin, situazione in cui lo sterzo tende un po’ a chiudere, ma comunica comunque sempre grande sicurezza e stabilità. È piuttosto bassa sia di sella che di pedane - si è più inseriti nella moto rispetto alla Guzzi - però la sella ha l’imbottitura nella zona del rider un po’ troppo morbida. 

Il motore vibra molto poco e ha una bella prontezza di risposta: il twin inglese è un piccolo capolavoro, perché sa trovarsi a suo agio in tutte le situazioni. Ha grande dolcezza quando si va a riprendere in mano il gas e ha un’ottima gestione dei bassi, cosa che permette di guidare con facilità con la marcia lunga, gustandosi la risposta al gas, il sottocoppia pastoso e il sound, sempre coinvolgente. Sul fronte dell’elettronica applicata al motore sull’inglese c’è la doppia mappatura Road-Rain e il controllo di trazione disinseribile su un solo livello. La Guzzi invece ha una sola mappa motore, ma un controllo di trazione escludibile su due livelli. Su moto come queste il riparo dall’aria è praticamente nullo, anche se i due cilindri trasversali della Guzzi qualcosina tolgono dalle gambe.

Questione di gusti

Ma la vera chiave di questo servizio è un’altra. Mai come in questa comparativa possiamo affermare che... “la Guzzi è una Guzzi e la Triumph è una Triumph”, con tutte le intrinseche caratteristiche che fanno parte del DNA di ciascuna. Sono entrambe dei bellissimi oggetti, fatti bene e dai dettagli curati: due oggetti capaci di farsi guardare quando sono parcheggiati. È difficile dire: “Preferisco una, no, preferisco l’altra!”, perché pur appartenendo allo stesso segmento sono davvero diverse. Lo sono per la loro filosofia costruttiva, che senza dubbio sulla Guzzi è quella meno convenzionale: soprattutto in questa colorazione Centenario la vista “trequarti posteriore” dell’italiana rapisce, mentre le finiture della Triumph sono qualcosa di inarrivabile. 

Poche storie: si sceglie una o l’altra in primis per il lato estetico, e in questo la V7 ha fatto un deciso balzo in avanti rispetto al passato: una bellezza rinforzata anche dai successi commerciali, trionfali nel 2021 come dimostra la settima posizione assoluta nelle vendite moto. Nell’ultimo anno la Street Twin ha pagato la mancanza di prodotto nelle concessionarie, ma lo avete capito: ha tutte le carte in regola per “farsi sotto” e rendere un po’ un po’ più aspro il livello della competizione. Che per entrambe sia un grande 2022.

Il radar di Dueruote