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La paura della parola "crisi"

Marco Gentili
di Marco Gentili il 20/03/2020 in Attualità
La paura della parola "crisi"
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Il Coronavirus è più un'emergenza economica che sanitaria. Avrà sul nostro settore un impatto fortissimo ma difficilmente calcolabile, perché cambierà completamente il concetto di libertà personale. E ciò influirà sulla propensione all'acquisto di moto e scooter

C’è una parola che nessuno pronuncia, perché l’ottimismo è il sale della vita, ma forse ogni tanto è meglio essere realisti, piuttosto che passare per fessi: recessione. Parliamoci chiaro: il Coronavirus, più che un’emergenza sanitaria, è un’emergenza economica. Una lucidissima analisi letta sul quotidiano inglese The Independent parla apertamente di come il Covid-19 farà fallire molte più persone di quelle che ucciderà.

 

UN CAMBIO DI PROSPETTIVA EPOCALE    

La prima vittima di questo, insomma, sarà l’economia. Gli scenari macro parlano di una nazione come l’Italia (la nona economia del mondo) ormai in una situazione di lockdown a causa del virus. Uno stallo dal quale non si uscirà ancora per molto, molto tempo. E lo stesso blocco inevitabilmente colpirà altre grosse economie toccate finora in modo marginale dal Coronavirus, come gli Stati Uniti (che sono la prima economia mondiale). Intanto, il prezzo del petrolio è stato tagliato del 30% da Arabia Saudita e Russia. E questa, per il paese a stelle e strisce (che ne etrae parecchio) non è una notizia positiva.

Credere che tale situazione finirà a metà aprile e che, una volta conclusasi, tutto tornerà come prima, è una pia illusione. No, stavolta non è che “passata la festa, gabbato lu santu”. Il Coronavirus impatterà pesantemente sul nostro modo di vivere e comportarci, di acquistare e concepire i concetti di “tempo libero” e “divertimento”, forse anche di “mobilità”. Di spendere i nostri soldi.

 

SPENDERE PER UNA MOTO

Veniamo un attimo al nostro settore, quello delle due ruote. Ormai, a parte il Gruppo Piaggio e pochissimi altri (ma non è detto che le cose non cambino) non c’è azienda che non abbia chiuso i battenti “a titolo temporaneo” (o abbia ridotto la produzione al minimo) per fronteggiare l’emergenza sanitaria. Che è anche, e soprattutto, economica. È notizia di ieri che anche il polo dell’automotive abruzzese della Val di Sangro (di cui Honda Italia è un attore importantissimo) chiude per coronavirus.

Ebbene, quando usciremo da questo blocco dell’economia, siamo sicuri che gli italiani torneranno in massa ad acquistare moto e scooter felici e contenti? Certo, questa è la speranza di tutti. L'idea di una stagione di riflusso nella quale gli italiani, stremati dalle settimane passate in casa, vedano nella moto l'arma perfetta per la propria voglia di evasione e libertà, è sicuramente uno scenario verosimile. Ma quando ne usciremo, un lavoratore autonomo o un dipendente avrà la stessa propensione all’acquisto di prima, oppure si troverà in una situazione nella quale non ha più nemmeno un lavoro perché la sua attività o l’azienda per cui lavorano sono in crisi nera?

 

CHI AFFOGA E CHI NO

E soprattutto: molte imprese del settore – per lo meno, le più grosse – hanno le spalle coperte. Immaginiamo una delle grosse corporation giapponesi, americane, italiane o tedesche. Una crisi di settore, che possiamo ipotizzare incida del 20-30% sui fatturati e forse di più sui margini nel 2020, le farebbe vacillare, ma tutto sommato resterebbero in piedi. Ma che ne sarà delle tante piccole e medie imprese di settore? Quante riusciranno a sopravvivere a questo tsunami?

In particolare batto la lingua sul dente dolente dei concessionari e dei rivenditori. Essi sono imprenditori privati, che rischiano capitale proprio e hanno lavoratori, meccanici e impiegati alle proprie dipendenze. Quanti di loro – ossia quante delle persone che fanno realmente girare il denaro nel nostro mondo – saranno in grado di sopravvivere a questa situazione? Si tratta di una domanda che preoccupa in questo momento, più di ogni altra cosa, tutti i capi delle aziende italiane delle due ruote. Li preoccupa per il motivo semplice che non sanno darsi una risposta. Una serrata di un mese di tutte le attività è sopportabile. Ma se il blocco della nazione andasse avanti fino a fine maggio?

 

CHE EICMA SARÀ?

Infine, a brevissimo (già la prossima settimana) EICMA dovrà eleggere i suoi nuovi vertici. A Dio piacendo, a novembre tutto questo sarà finito. Ma verosimilmente saremo ancora qui a leccarci le ferite. EICMA potrebbe essere davvero il primo salone della rinascita di un comparto per il quale il 2020 era destinato ad essere l’anno della consacrazione definitiva, e invece sarà l’anno zero della nuova crisi. Ma che EICMA sarà? Il concetto stesso di “Salone” è destinato a essere lo stesso di sempre, con migliaia di esseri umani stipati nello stesso luogo, oppure diventerà sempre più virtuale e dematerializzato (a tutto danno delle casse di chi lo organizza)?

 

La paura della parola "crisi"
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