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Perché si scivola sulla segnaletica orizzontale?

Marco Gentili
di Marco Gentili il 28/12/2018 in Attualità
Perché si scivola sulla segnaletica orizzontale?
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Per motociclisti e scooteristi i segnali verniciati sull'asfalto sono causa di incidenti, soprattutto quando piove. L'inchiesta di Dueruote vi racconta perché

Viscide, che più viscide non si può. Soprattutto quando piove. Chi va in moto in inverno o guidando su asfalto bagnato ha ben presente quella sensazione di equilibrio instabile, se non di autentico terrore, che si prova transitando su strisce pedonali, linee di mezzeria, segnaletica orizzontale in genere. Ciò che dovrebbe servire - al pari della segnaletica verticale - per avvisare gli utenti della strada e dirigere i flussi di traffico, in realtà si trasforma in uno sdrucciolevole pericolo per motociclisti e scooteristi. Ma perché succede questo? Come mai nessuno ha pensato di progettare strisce e pannelli che non siano trappole sdrucciolevoli per i circa 7 milioni di motoveicoli in circolazione in Italia?

Cosa dicono le leggi

Partiamo dalle basi: il Codice della strada. Nel regolamento esecutivo, all’articolo 137 (disposizioni generali sui segnali orizzontali), è scritto che essi devono essere realizzati con materiali antisdrucciolevoli e non devono sporgere più di 3 millimetri dal piano stradale. Inoltre, devono essere fatti con materiali tali da renderli visibili sia di giorno sia di notte, anche in presenza di pioggia o con fondo stradale bagnato. La burocrazia europea, attraverso la stesura di 12 differenti norme nel corso degli anni, ha regolato nel dettaglio ogni aspetto della segnaletica. Un ginepraio in cui non è facile districarsi. Ma a noi interessa nel dettaglio la norma UNI EN 1436 del 2004. Qui vengono specificati i materiali che devono essere usati e le prestazioni della segnaletica in termini di visibilità e durabilità.

 

Perché si scivola sulla segnaletica orizzontale?

L’equivoco del test

In particolare, l’aspetto che ci sta più a cuore per dare una risposta alla nostra domanda è la cosiddetta resistenza al derapaggio, ossia il “metro” con il quale viene misurata la scivolosità della segnaletica orizzontale, e che stabilisce se essa è conforme oppure no alle disposizioni. L’apparecchiatura utilizzata per la misura del derapaggio è una sorta di pendolo, denominato Portable Skid Resistance Tester (SRT).

Dueruote ha chiesto lumi all’ingegner Marcello De Marco, responsabile del centro di ricerca di Cesano (ossia il luogo dove ANAS effettua i suoi test) e uno dei massimi esperti del settore: “La prova consiste nel determinare convenzionalmente l’energia dissipata da un pattino di gomma montato su un pendolo oscillante una volta a contatto con la superficie stradale, bagnata con acqua per simulare le condizioni peggiori. Il sistema riproduce le prestazioni di un veicolo con pneumatici striati che freni bloccando le ruote a 50 km/h su una superficie stradale bagnata. Più levigata sarà la superficie e minore sarà l’attrito. In tal caso il pendolo, dal peso di circa 1.500 grammi, descriverà un’oscillazione di quasi 180° spostando l’indice sulla scala graduata verso lo zero, che corrisponde a un’assenza di attrito. Quando la superficie della pavimentazione stradale si presenta rugosa (gli inerti, con forme poliedriche e spigoli vivi presenti nel conglomerato bituminoso, emergono dalla superficie d’usura della pavimentazione consentendo alla gomma dei pneumatici di aderire saldamente alla superficie) il pendolo subirà un rallentamento in funzione dell’energia dissipata durante l’attrito tra il pattino di gomma e la superficie d’usura della pavimentazione stradale. In tal caso, l’oscillazione del pendolo sarà minore”.

La classe prestazionale minima richiesta dalla norma europea corrisponde a un valore di SRT maggiore o uguale a 45; la classe prestazionale massima (richiesta nelle rotatorie o nei punti ritenuti pericolosi; ndr) è maggiore o uguale a 65. Ma allora, perché in moto le strisce e la segnaletica orizzontale è così pericolosa? “L’apparecchiatura è stata concepita per simulare gli incidenti che avvengono a bassa velocità. E inoltre la prova non considera la stabilità del veicolo, ma solamente l’interazione tra pneumatico e superficie stradale”, afferma De Marco. Quindi si tratta di un test valido in senso assoluto, ma che viene svolto senza tenere presente se a transitare su un determinato segnale sia un’auto o un mezzo pesante, che hanno una certa stabilità, oppure una moto, che ha un comportamento decisamente diverso a parità di condizioni.

 

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Quale vernice?

Quando si posano segnali e si tracciano strisce sull’asfalto, non conta il tipo di prodotto utilizzato, basta che esso sia conforme ai parametri previsti dalla UNI EN 1436. Ma sulle nostre strade è troppo generico parlare di “segnaletica”, data la varietà di materiali che vengono utilizzati. La maggior parte dei segnali (l’84%) viene tracciato utilizzando la classica pittura a solvente, mentre la restante quota è divisa tra pittura ecologica (ossia senza solventi) e materiali plastici, come il bicomponente a freddo o il laminato preformato. Questi di solito vengono utilizzati per le superfici maggiori, come ad esempio nelle opere che replicano su asfalto la segnaletica verticale (limiti di velocità, scuole, eccetera). La differenza è in termini di prezzo e durabilità: la pittura semplice costa infatti 0,43 euro al metro lineare, il più pregiato bicomponente 6,24.

Questa differenza si riflette nella durata dell’opera: sei mesi per la pittura, anni nel secondo caso. Ma per chi viaggia in moto o scooter la scelta del materiale impiegato può fare la differenza tra il restare in sella o ritrovarsi per terra. Le vernici con solventi o acqua, infatti, vengono posate con strati spessi tra i 300 e i 400 micron, e la densità impiegata è di circa 700 grammi per metro quadrato. Viceversa, la segnaletica in materiale plastico richiede circa 3 chilogrammi di prodotto per metro quadrato. Il risultato è, in quest’ultimo caso, un segnale più spesso e tendenzialmente molto più scivoloso.

 

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Spruzzare o no?

La segnaletica orizzontale più rischiosa per le due ruote, stando all’esperienza empirica sul campo, è da un lato quella realizzata in materiale plastico, dall’altro quella appena tratteggiata. Il problema che tutti riscontriamo, nella vita di tutti i giorni, è che queste due tipologie di segnali orizzontali sono eccessivamente sdrucciolevoli, a causa dello “spessore” del materiale.

Eppure la tecnologia oggi aiuterebbe ad avere sin da subito una maggiore aderenza da parte di strisce e segnali a terra: “La norma Europea EN 1423 prescrive i requisiti dei granuli antiderapanti (sono in genere prodotti minerali, vetro, corindone, cristobalite o ceramica) da postspruzzare sulla superficie esposta del segnale in modo da aumentarne da subito le caratteristiche di aderenza”, afferma De Marco.

Eppure tale procedimento non è obbligatorio: “Se le condizioni della pavimentazione stradale lo consentono, la postspruzzatura dei prodotti antiderapanti non è necessaria, in quanto la superficie esposta del film di pittura seguirà l’asperità degli inerti che emergono dalla superficie del manto stradale (la cosiddetta macrotessitura; ndr), garantendo la prescritta aderenza tra pneumatico e pavimentazione”, dice il nostro esperto.

 

Questione di soldi

Solo in parte la postspruzzatura - che rende sin da subito la segnaletica più aderente - è un problema di costi. Essa incide solo per il 2% sul prodotto più costoso, ma pesa fino al 30% sul prodotto più economico. Alzando un attimo lo sguardo, la segnaletica rappresenta un tassello nel mosaico della manutenzione stradale. Che vede nell’occhio del ciclone la viabilità urbana, guarda caso proprio quella che è teatro del maggior numero di sinistri con moto e scooter coinvolti.

Tanto per dare qualche numero, nei primi sei mesi del 2018 i sindaci italiani hanno speso per le strade 646 milioni, nello stesso periodo di 10 anni fa 1,33 miliardi: un calo del 51,3%. E, quando si tratta di fare manutenzione stradale, la voce relativa alla segnaletica orizzontale è risibile rispetto al costo dell’asfalto: in media, la spesa per chilometro di corsia va dai 45mila euro per un risanamento superficiale ai 90mila per uno più radicale. E non possiamo nemmeno dimenticare cosa è successo negli ultimi 10 anni. Tra il 2010 e il 2015 il patto di stabilità ha costretto le amministrazioni locali a gettare la spugna sul fronte degli investimenti e della manutenzione. E l’attività delle Province - che gestiscono o hanno gestito migliaia di chilometri di rete - è stata ridotta a zero dal taglio dei trasferimenti a opera del governo.

 

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Colpa (anche) dell’asfalto

In questo contesto, le aziende che si occupano di segnaletica orizzontale non ci stanno a fare la parte dei carnefici delle due ruote. “A mio avviso si tratta di un falso problema. Il colato plastico, tanto per fare un esempio, ha un indice di derapamento pari a 60, superiore non solo a quello delle vernici ma anche a quello della maggior parte degli asfalti”, dice Cristiano Cazzoli della Gubela (azienda mantovana leader nel settore) e consigliere di Assosegnaletica. “Strisce e segnalazioni interagiscono con l’asfalto, per cui non si può dare loro troppe responsabilità in caso di sinistri. La colpa è del manto stradale. Scontiamo le conseguenze di un insieme di fattori. Da un lato l’assenza di investimenti, dall’altro livelli di traffico eccessivi rispetto a quelli per cui la nostre strade sono state progettate. E, cosa ancor più grave, interventi di rattoppo fatti con materiali scadenti”.

La vernice e le componenti plastiche, infatti, fanno adesione (e quindi sono efficaci) se posate sul bitume, mentre spesso le strade sono ricoperte da asfalti prodotti con altri materiali inerti. Il motivo è presto detto: il bitume è ancora molto caro, e l’aumento del prezzo del petrolio ne ha ridotto nel corso degli anni i consumi. Nel 2016 - ultimo anno per cui è disponibile una rilevazione - sono stati impiegate poco più di 22 milioni di tonnellate di bitume rispetto ai 44 milioni del 2006. “Inoltre - conclude Cazzoli - nelle nostre città mancano del tutto i tappeti drenanti, che rendono le strade urbane pericolose in caso di pioggia”.

 

Operai e preparazione

Si tratta di un quadro complesso, dove è difficile attribuire responsabilità precise e gli attori coinvolti sono ben più di uno. Ad aggiungere ulteriore complicazione, non possiamo dimenticare quella che forse è la più delicata delle operazioni, ossia la posa stessa dei materiali su asfalto. Che in Italia viene fatta da personale senza una qualifica specifica e in tempi ristretti: nelle strade urbane il tempo medio per la permanenza del cantiere per la posa di segnaletica orizzontale è di 30 minuti. I gruppi di lavoro dell’UNI (l’ente italiano di normazione) che si occupano della materia hanno ipotizzato una norma che consenta l’acquisizione di un patentino per tali lavoratori. E in merito alla diffusione della cultura sul tema della segnaletica orizzontale, ha pubblicato nel febbraio del 2017 la UNI/TR 11670, “Linee guida per la definizione dei requisiti tecnico-funzionali della segnaletica orizzontale”.

Questa norma è stata segnalata dal Ministero delle infrastrutture agli enti gestori delle strade come riferimento per le prestazioni dei diversi prodotti per la segnaletica orizzontale. Ma si tratta, per l’appunto, di una raccomandazione. Nel frattempo, non resta che appellarsi al buon senso e all’esperienza: chi va in moto sa bene che non è opportuno accelerare, frenare o piegare troppo quando si transita su strisce e segnali in condizioni di asfalto umido o bagnato, anche se si hanno ABS o controllo di trazione. La prudenza non è mai un errore.

 

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