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Da Bosch lo SPARO... che tiene in piedi

Christian Cavaciuti il 18/05/2018 in Moto & Scooter

Bosch annuncia i sistemi di assistenza alla guida ADAS per moto, che debutteranno nel 2020 su Ducati, KTM e altri. E per il futuro più lontano, presenta un ingegnoso sistema per far fronte alle improvvise perdite di aderenza... sparando

Da Bosch lo SPARO... che tiene in piedi
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Una moto, spiace dirlo, è 20 volte più pericolosa di un'auto. Questo è quello che dicono le statistiche, e al di là della sindrome "è un problema di chi non sa guidare" o "non capiterà a me", i numeri restano impietosi per chi li guarda freddamente.

Fra chi se ne preoccupa c'è Bosch, azienda fra le prime a mettere la sicurezza al centro dei suoi programmi (anche in ottica di business, certo, ma sostenendoli per anni anche quando erano in perdita, come nel caso dell'ABS moto). Uno sforzo costante che la porta ora a guardare oltre, in direzioni fin qui molto poco esplorate come la generazione di forze diverse da quelle di attrito per risolvere situazioni critiche.

Debutto col botto

Le forze non di attrito sono rare. Anche le forze aerodinamiche generate con le ali dalle attuali MotoGP servono a generare più carico sui pneumatici, quindi alla fine dei conti più attrito. Ed  è sull'attrito disponibile che agiscono tutti i sistemi come ABS, MSC (l'Abs che lavora anche in piega) o TC (Traction control), e quando questo viene improvvisamente a mancare – il caso tipico è la chiazza d'olio, di umido o di brecciolino che riduce drasticamente l’attrito disponibile – il problema è che non esiste nessuna leva su cui si possa agire. A meno di introdurre una forza esterna, che non passa per i pneumatici.

Questo si può fare in più modi, e quello che va per la maggiore ultimamente è introducendo dei giroscopi (come hanno fatto recentemente Honda, Yamaha e altri per realizzare i loro concept "auto-equilibranti"). Questo però comporta un ripensamento radicale e una completa riprogettazione del veicolo, che sposta l’orizzonte anche oltre i 10 anni nel futuro. Bosch ha preferito pensare a un sistema che non stravolgesse i veicoli attuali, idealmente collocabile, appunto, "solo" 5-10 anni nel futuro. In questo caso la forza introdotta è una forza repulsiva generata dall'espansione rapida di un gas, che viene fatto passare attraverso un ugello: è, molto alla larga, il principio dei motori a reazione utilizzati nei jet. La componentistica utilizzata viene già dall’automotive, poiché deriva da quella degli airbag.

Se perdi aderenza, dai colpo... di gas

Il principio è concettualmente semplice: se si verifica una improvvisa perdita di aderenza (e la piattaforma che comprende MSC ed e-call è già in grado di rilevare la situazione critica), viene attivata la "detonazione" e il conseguente "sparo" del gas compresso, che genera una forza sufficiente a riportare in traiettoria la ruota interessata dalla perdita di aderenza. Questa forza arriva dalla "reazione" del gas, che uscendo preme sul telaio e sul forcellone, e viene calibrata in modo opportuno nel valore, nella durata e nella progressione. Non basta infatti "sparare" a caso, ma bisogna sapere qual è la forza richiesta per riequilibrare la moto (non troppa e non troppo poca), quando applicarla e dove. Per questo sono state fatte numerose simulazioni con modelli al computer, che hanno consentito di stabilire la collocazione ideale degli ugelli – tendenzialmente bassi, visto che devono sostituire una forza che agisce sul terreno e tutta una serie di parametri che variano da moto a moto e definiscono l’intervento ideale del sistema.

Il sistema – che a testimonianza di quanto è precoce non ha nemmeno un nome – funziona già piuttosto bene, e abbiamo potuto verificarlo di persona nel corso del lancio ufficiale, nel nuovo e futuristico R&D di Bosch a Renningen, assistendo a un esperimento con una moto dotata di sostegni laterali (per il caso in cui il sistema è disattivo). Lo "sparo" è effettivamente uno sparo, con potenza pari a quella di tre o quattro air-bag, ma l’efficacia è incontestabile. Certo si tratta di un primo passo e la ricerca è ancora lunga, soprattutto in termini di integrazione nel layout della moto, omologazione, ma anche comportamento in casi più complessi. Comunque è notevole il fatto che ci si spinga così in là, molto più di quanto il solo MSC avrebbe lasciato supporre.

Quel che entra nei radar

Il resto è il solito compito da primi della classe, che non impressionerebbe più di tanto se non sapessimo cosa c'è dietro. Perché se è vero che l'Adaptive Cruise Control (che mantiene la velocità impostata compatibilmente con le condizioni del traffico), il Forward Collision Warning (che avverte di possibili impatti con oggetti o veicoli davanti a noi) e il Blind Spot Detection (che segnala il sopraggiungere di un veicolo da dietro) fanno quello che fanno i loro omologhi sull’ auto, ormai anche di fascia medio-bassa, va ricordato che il comportamento di una moto è enormemente più complesso, per effetto della grande entità degli angoli che entrano nelle equazioni della dinamica. Questo ha richiesto una sostanziale riscrittura degli algoritmi, che anche disponendo della base delle quattro ruote non è certo stata una passeggiata – infatti questi sistemi andranno in serie, a partire da Ducati e KTM, non prima del 2020.

In tutti i casi, queste novità si basano sull’impiego di radar. L'unico sistema Blind Spot Detection attualmente esistente, quello del BMW C 650 GT, è sempre Bosch ma realizzato con un sistema a ultrasuoni, molto meno preciso in termini di portata e localizzazione (è soprattutto sensibile alle condizioni atmosferiche e alle turbolenze attorno al veicolo). Il radar è migliore in tutto, ma questo non rende ugualmente facile compito degli ingegneri: a differenza di una telecamera, infatti, un radar non "vede" le strisce a terra, non può riconoscere in base alla forma gli oggetti fermi da quelli in movimento e non deve farsi ingannare, per esempio, da un semaforo o un cartello stradale. Per cui raggruppa i segnali che riceve (clusterizzazione), e ci fa poi dei "ragionamenti".

A Renningen abbiamo potuto testare le versioni prototipali di tutti i sistemi, che al netto di qualche inevitabile sgrossatura e messa a punto finale sono già apparsi molto efficaci nello svolgere le loro funzioni. Sulle tourer, quindi anche le grandi enduro e crossover, saranno in grado di rendere i viaggi più sicuri e rilassanti, specie nei tratti noiosi in cui l'attenzione tende a ridursi.

Certo, il tema degli ADAS – che d’ora in poi saremo autorizzati a chiamare ARAS, "Advanced Rider Assistance Systems" – resta delicato, perché coinvolge l’equilibrio tra sicurezza e divertimento che sta al cuore dell’esperienza motociclistica. Geoff Liersch, l’australiano che guida la divisione PTW di Bosch e che non esiteremmo a definire uno smanettone, ha chiarissimo il punto, ed è sicuro che il divertimento alla guida non sarà mai messo in discussione, come non lo è stato per l'ABS, il Traction Control o il Ride By Wire. Simpatico com’è, siamo portati a credergli.

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