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Indian Scout Sixty: la grande sfida

di Alessandro Codognesi. A cura di Stefano Borzacchiello il 05/02/2016 in Anteprime

Provata in Spagna la nuova Indian Scout Sixty, una cruiser curata e affascinante, capace di far sognare distese di laghi salati e gare d'altri tempi. In vendita, in tre colorazioni, a 12.590 euro, chiavi in mano

Indian Scout Sixty: la grande sfida
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La Scout Sixty è la nuova cruiser d’accesso della gamma Indian. Simile solo all’apparenza alla Scout standard cambia sotto diversi aspetti. Prima di tutto il motore: l’alesaggio del V-twin raffreddato a liquido è diminuito sensibilmente (ora a quota 93 mm) e la cilindrata è scesa di conseguenza a 999 cc (sono 60 pollici cubi, da cui il nome Sixty). 78 i CV di potenza massima a 7.300 giri, 89 i Nm, per cercare di venire incontro anche al pubblico femminile.

Il cambio qui è a 5 marce in luogo delle 6 originali. Il motivo è semplice: avendo pistoni più minuti, il motore ha perso anche un bel po’ di massa inerziale. Tradotto: la sua capacità di salire e scendere di regime è aumentata e 5 marce sono più che sufficienti.
La ciclistica della Indian Scout è rimasta tale e quale, con la trave in alluminio che si sdoppia per far spazio al radiatore, sapientemente nascosto. Il telaietto posteriore c’è ma non si vede: è sotto il parafango e, volendo, è removibile. Si trattta di una struttura modulare, pensata per essere facilmente customizzabile e per ospitare diverse unità propulsive. Non cambiano quindi le quote: 29° l’inclinazione del cannotto, 1.562 mm l’interasse. È sparito invece molto cromo (vedi il manubrio o il motore), a favore del nero.
Rispetto alla Scout, anche il peso è leggermente inferiore, conseguenza tra le altre cose del motore più piccolo: 246 kg a secco, 2 in meno sulla bilancia. L’ABS è di serie.

La Scout Sixty costa 12.590 euro chiavi in mano, circa 1.500 euro meno della sorella cromata, ed è disponibile in tre colorazioni: rosso Indian, nera o bianco perla. E questo è solo l’inizio... dal momento che è previsto l’arrivo di altre versioni fra cui una da flat track. Molti poi gli accessori, tra cui borse laterali, particolari in pelle e anche i cerchi a raggi.
Come va
La Indian Scout Sixty appartiene a quel genere di moto più piccole di quello che appaiono. A guardarla parcheggiata sembra imponente, un oggetto complicato da manovrare in spazi angusti. In realtà è stretta tra le gambe, bassa che più non si può (643 mm l’altezza della sella!) e nemmeno così lunga. Solo lo sterzo realmente ridotto (il manubrio XL inganna) non aiuta nelle inversioni a bassa velocità. E poi sarà anche una entry level, ma è curata in ogni dettaglio. La plastica semplicemente non esiste (anche i parafanghi sono in metallo) a meno di qualche ammennicolo insignificante.
La sensazione di qualità, rispetto alla normale Scout, non è calata. In questo quadro d’autore, particolari come le leve non regolabili o la sella del passeggero optional non danno poi così fastidio.

Guidandola
, il motore V-Twin pulsa leggermente, regolare. In sella si è subito comodi, le pedane sono molto avanzate e la posizione è adatta ai piloti di tutte le taglie. La prima sensazione è ottima: le braccia rimangono larghe, il busto semi eretto e le gambe strette attorno al serbatoio smilzo. La sella è confortevole.

La prima entra sonoramente dopo aver tirato una frizione per la verità duretta. Questione di abitudine. Subito è il motore a dominare la scena. Reattivo dai 2.000 giri in poi, non ha botte di coppia da bicilindrico old school, al contrario sfoggia un’erogazione esemplare. Forte, incredibilmente fluido e con una voce baritonale se messo alla frusta, è un bicilindrico moderno dotato di una perfetta connessione con il gas. La ciclistica fa il paio al suo carattere. Le sospensioni lavorano bene per tutta l’escursione (poca quella degli ammortizzatori posteriori) senza andare in crisi a ritmi allegri.

La Scout non è rigida ma rimane in traiettoria, non è soffice ma copia dignitosamente le asperità. Si ha la sensazione di suonare uno strumento esclusivo e ben accordato. La frenata è invece da cruiser, buona ma non per inchiodare (poco può la minuta pinza a due pistoncini contro tutto questo metallo), e l’ABS, senza essere particolarmente evoluto, fa il suo dovere. Ma su questa moto l’elettronica conta poco: è la pura meccanica a essere il fulcro dell’esperienza. È completa: con lei ci vai a zonzo godendoti il suo battito cardiaco oppure, se ti girano i cinque minuti, azzardi qualche bella piega. Bisogna provarla per capire: il prodotto c’è, su tutto il resto il Gruppo sta lavorando per espandersi in tutta Italia. Attendiamo fiduciosi.
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