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Le cinque moto (più una) che vorremmo rivedere

Carlo Pettinato il 23/05/2024 in Moto & Scooter
Le cinque moto (più una) che vorremmo rivedere
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Dalle “vere” 125 per sedicenni alle enduro stradali in diverse salse, passando per sportive da pista dure e pure. Ecco una lista di modelli che per un motivo o l’altro ci sono rimasti nel cuore e vorremmo rivedere

Il motociclista è un personaggio particolare. Spesso refrattario all’innovazione, nostalgico, addirittura retrogrado, se vogliamo. Fenomeno riscontrabile tra chi ha qualche filo grigio in testa ma non solo. Non è raro sentire, o leggere, commenti del tipo “eh ma la vecchia generazione era più…”. Era più qualcosa, non si sa mai bene cosa ma per un motivo o per l’altro sovente la novità viene rifiutata, salvo poi risultare migliore del modello ancora successivo.

E allora, da dichiarati amanti dei tempi che furono, sinceramente più autentici e meno complessi sotto molti punti di vista, abbiamo deciso di stilare una lista di alcune moto del passato che vorremmo rivedere (tutte è impossibile, e pure giustamente soggettivo). Rivedere in chiave moderna, è logico: ma va anche considerato che ciò che andava per la maggiore venti o trent’anni fa, in alcuni casi con pochi dovuti aggiornamenti potrebbe essere perfettamente attuale, per lo meno come concetto. 

TUTTI I RICAMBI ORIGINALI E I DISEGNI TECNICI DEI MIGLIORI MARCHI SU MOTONLINE
<div class='descrGalleryTitle'>Honda Dominator</div><div class='descrGalleryText'><p>Perfetta rappresentazione di questa tesi è il primo modello di questa rassegna. La <b>Honda NX 650 Dominator</b>, prodotta tra il 1988 e il 2002. Una enduro stradale o dual sport che dir si voglia sorprendentemente capace e versatile. Cavalleria modesta, cambio a 5 marce (che forse è il suo limite più grosso), una ciclistica con ruota da 21” e forte<b> inclinazione per il fuoristrada</b>, ma con posizione di guida e comfort generale che permettono di coprire più che discrete distanze stradali senza impazzire. Qualcosa di molto simile oggi esiste, e lo abbiamo anche&nbsp;<a href="https://www.dueruote.it/prove/anteprime/2024/03/23/cfmoto-450mt-prova-su-strada-e-fuoristrada-caratteristiche-e-prezzo.html">provato di recente</a>, ma porta un altro marchio, cinese, e l’appeal inevitabilmente non è quello Honda. Da Tokyo hanno presentato la NX500, che però è bicilindrica e ben più stradale.&nbsp;Con lei, la Dominator, se adeguatamente gommata e con un minimo di malizia si può fare del fuoristrada impegnativo. La coperta è sempre troppo corta, ma <b>con la NX 650, già trent’anni fa, si riusciva a coprire in modo soddisfacente quasi </b>tutte le estremità. Oggi, che se non hai il ventuno sembra tu non possa andare neanche al bar, una proposta di questo tipo da parte di Honda <b style="font-size: 0.8125rem; background-color: transparent;">sarebbe perfettamente centrata</b><span style="font-size: 0.8125rem; background-color: transparent;">, e avrebbe da subito una bella schiera di sostenitori.</span></p>
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Honda Dominator

Perfetta rappresentazione di questa tesi è il primo modello di questa rassegna. La Honda NX 650 Dominator, prodotta tra il 1988 e il 2002. Una enduro stradale o dual sport che dir si voglia sorprendentemente capace e versatile. Cavalleria modesta, cambio a 5 marce (che forse è il suo limite più grosso), una ciclistica con ruota da 21” e forte inclinazione per il fuoristrada, ma con posizione di guida e comfort generale che permettono di coprire più che discrete distanze stradali senza impazzire. Qualcosa di molto simile oggi esiste, e lo abbiamo anche provato di recente, ma porta un altro marchio, cinese, e l’appeal inevitabilmente non è quello Honda. Da Tokyo hanno presentato la NX500, che però è bicilindrica e ben più stradale. Con lei, la Dominator, se adeguatamente gommata e con un minimo di malizia si può fare del fuoristrada impegnativo. La coperta è sempre troppo corta, ma con la NX 650, già trent’anni fa, si riusciva a coprire in modo soddisfacente quasi tutte le estremità. Oggi, che se non hai il ventuno sembra tu non possa andare neanche al bar, una proposta di questo tipo da parte di Honda sarebbe perfettamente centrata, e avrebbe da subito una bella schiera di sostenitori.

<div class='descrGalleryTitle'>Una qualsiasi 125 2T stradale</div><div class='descrGalleryText'><p>La <b>nostalgia è nella premessa</b>, quindi poche polemiche. Tra quelli hanno vissuto anche solo di sfioro quei tempi, alzi la mano chi non s’intristisce a vedere <b>i sedicenni odierni </b>a bordo dei piccoli monocilindrici a quattro tempi che raggiungono a stento la potenza limite legale di 11 kW. Quanto sono lontani quegli anni di carburatori, espansioni, <b>boccette unte di olio da miscela</b> nello zaino o nel sottosella e di quella nuvoletta azzurra e profumata che invadeva il garage o il cortile al primo avviamento a freddo. Oggi, la via da seguire sarebbe semmai quella <b>dell’alimentazione a iniezione, </b>che Aprilia aveva iniziato a sviluppare col Ditech e che oggi è ormai diffusa sui 2T da enduro; ma le limitazioni sempre più stringenti sulle emissioni rendono la vita impossibile alle aziende, e ragazzi e genitori si fanno andar bene questi modesti 4T. <b>La speranza di rivedere dei due tempi su strada è irrealistica, </b>ce ne rendiamo conto, ma è anche dei sogni che noi appassionati ci nutriamo, e per loro c’è sempre spazio. E nell’attesa che i motori a miscela vengano relegati nei parchi tematici, le quotazioni delle belle 125 2T continuano a salire.</p>
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Una qualsiasi 125 2T stradale

La nostalgia è nella premessa, quindi poche polemiche. Tra quelli hanno vissuto anche solo di sfioro quei tempi, alzi la mano chi non s’intristisce a vedere i sedicenni odierni a bordo dei piccoli monocilindrici a quattro tempi che raggiungono a stento la potenza limite legale di 11 kW. Quanto sono lontani quegli anni di carburatori, espansioni, boccette unte di olio da miscela nello zaino o nel sottosella e di quella nuvoletta azzurra e profumata che invadeva il garage o il cortile al primo avviamento a freddo. Oggi, la via da seguire sarebbe semmai quella dell’alimentazione a iniezione, che Aprilia aveva iniziato a sviluppare col Ditech e che oggi è ormai diffusa sui 2T da enduro; ma le limitazioni sempre più stringenti sulle emissioni rendono la vita impossibile alle aziende, e ragazzi e genitori si fanno andar bene questi modesti 4T. La speranza di rivedere dei due tempi su strada è irrealistica, ce ne rendiamo conto, ma è anche dei sogni che noi appassionati ci nutriamo, e per loro c’è sempre spazio. E nell’attesa che i motori a miscela vengano relegati nei parchi tematici, le quotazioni delle belle 125 2T continuano a salire.

<div class='descrGalleryTitle'>Honda RVF/RC, una SBK con motore a V</div><div class='descrGalleryText'><p>Sono anni che se ne parla e anni che gli appassionati della Casa dell’Ala restano delusi. In Superbike Honda continua a schierare una <b>poco competitiva CBR</b> e continua a lasciare in qualche cassetto il progetto di una nuova supersportiva con motore a V. Anzi, se conosciamo bene Honda è probabile che da qualche parte <b>il prototipo esista davvero </b>(così come di tanti altri modelli solo ipotizzati, realizzati in un esemplare appunto prototipo e poi mai messi in produzione), ma se non ha ancora mai visto la luce un motivo ci deve essere. A molti non dispiacerebbe che fossero <b>rinverditi i fasti degli anni 80/90/2000</b>, quando Honda riuscì a vincere diversi titoli prima con la RC 30 e la RC 45 (V4) e poi con la VTR (V2). Ora, un V2 in Superbike appare anacronistico, ma <b>una bella V4 per dare del filo da torcere a Ducati </b>darebbe un bello sprint al marchio dal punto di vista sportivo - in un momento in cui, per la prima volta dopo decenni, Honda soffre in MotoGP -<b> e pure al segmento supersport </b>dal punto di vista commerciale, almeno come aspirazione. Ancora una volta, sognare è lecito, dopotutto è dal 2007 <b>con la Fireblade 1000 prima generazione</b> e James Toseland che la Honda non vince tra le derivate di serie.&nbsp;</p>
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Honda RVF/RC, una SBK con motore a V

Sono anni che se ne parla e anni che gli appassionati della Casa dell’Ala restano delusi. In Superbike Honda continua a schierare una poco competitiva CBR e continua a lasciare in qualche cassetto il progetto di una nuova supersportiva con motore a V. Anzi, se conosciamo bene Honda è probabile che da qualche parte il prototipo esista davvero (così come di tanti altri modelli solo ipotizzati, realizzati in un esemplare appunto prototipo e poi mai messi in produzione), ma se non ha ancora mai visto la luce un motivo ci deve essere. A molti non dispiacerebbe che fossero rinverditi i fasti degli anni 80/90/2000, quando Honda riuscì a vincere diversi titoli prima con la RC 30 e la RC 45 (V4) e poi con la VTR (V2). Ora, un V2 in Superbike appare anacronistico, ma una bella V4 per dare del filo da torcere a Ducati darebbe un bello sprint al marchio dal punto di vista sportivo - in un momento in cui, per la prima volta dopo decenni, Honda soffre in MotoGP - e pure al segmento supersport dal punto di vista commerciale, almeno come aspirazione. Ancora una volta, sognare è lecito, dopotutto è dal 2007 con la Fireblade 1000 prima generazione e James Toseland che la Honda non vince tra le derivate di serie. 

<div class='descrGalleryTitle'>KTM 640 Adventure</div><div class='descrGalleryText'><p>Non è un segreto, chiunque bazzichi almeno un poco l’ambiente del fuoristrada turistico lo sa. Le <b>KTM 690 Enduro</b>, o Husqvarna 701, o GASGAS EC700 che dir si voglia, preparate con carene di tipo rally e torrette farcite di strumenti sono all’ordine del giorno. Ma davvero, partecipate una volta ad un evento tipo HAT o similari e scoprirete che<b> sono più le moto modificate che quelle tutte di serie, </b>ma di gran lunga. E allora perché KTM non pensa di metterla in produzione direttamente in versione Adventure? Sarebbe pure <b>più bella di tanti accrocchi fatti in casa</b>, magari con cupolino e sovrastrutture prelevate direttamente dalla 450 Rally. Ebbene, a suo tempo (presentazione GASGAS 700) ne parlammo direttamente con chi di dovere e la risposta fu chiara&nbsp;<i>“se mettessimo in produzione una 690 Adventure, per ammortizzare i costi e marginare il dovuto <b>saremmo costretti a venderla ad un prezzo troppo alto</b>”</i>. Posizione onesta, tutto sommato, ma che ci priva di quella che sarebbe forse l’enduro dual leggera definitiva. Non che non possa esserlo la 690 Enduro, ma il suddetto mercato di accessori aftermarket dimostra che <b>c’è un bisogno non appagato.</b></p>
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KTM 640 Adventure

Non è un segreto, chiunque bazzichi almeno un poco l’ambiente del fuoristrada turistico lo sa. Le KTM 690 Enduro, o Husqvarna 701, o GASGAS EC700 che dir si voglia, preparate con carene di tipo rally e torrette farcite di strumenti sono all’ordine del giorno. Ma davvero, partecipate una volta ad un evento tipo HAT o similari e scoprirete che sono più le moto modificate che quelle tutte di serie, ma di gran lunga. E allora perché KTM non pensa di metterla in produzione direttamente in versione Adventure? Sarebbe pure più bella di tanti accrocchi fatti in casa, magari con cupolino e sovrastrutture prelevate direttamente dalla 450 Rally. Ebbene, a suo tempo (presentazione GASGAS 700) ne parlammo direttamente con chi di dovere e la risposta fu chiara “se mettessimo in produzione una 690 Adventure, per ammortizzare i costi e marginare il dovuto saremmo costretti a venderla ad un prezzo troppo alto. Posizione onesta, tutto sommato, ma che ci priva di quella che sarebbe forse l’enduro dual leggera definitiva. Non che non possa esserlo la 690 Enduro, ma il suddetto mercato di accessori aftermarket dimostra che c’è un bisogno non appagato.

<div class='descrGalleryTitle'>Ducati Supermono</div><div class='descrGalleryText'><p>Se è da tempo che qualcuno ne parla, la questione è diventata solo di recente più verosimile. Per lo meno da quando<b> <a href="https://www.dueruote.it/news/attualita/2023/10/26/com-e-fatto-il-nuovo-motore-ducati-superquadro-mono.html">Ducati ha presentato il monocilindrico Desmo</a></b> che spinge la Hypermotard 698 Mono. 659 cc, 77 cavalli a 9.750 giri e una castagna da far invidia alla concorrenza, che prende le fattezze delle motardone 690/700/701 di Mattighofen. La Supermono originale era una sportiva, mai commercializzata come modello stradale ma <b>solo in versione pista</b>, da 550 cc con motore che derivava dai bicilindrici a L vincenti in quegli anni in Superbike. Erogava nella sua prima versione 75 cavalli a 10.000 giri, arrivati poi a 80 con l’aumento dell’alesaggio da 100 a 102 mm e la crescita della cubatura sino a 572 cc; <b>peso: appena 100 kg. </b>Ne furono prodotti 67 esemplari, tutti destinati alle corse. In quel periodo era fiorente il Campionato Europeo Supermono, che nel 1993 Ducati vinse sia come costruttore che tra i piloti, con Mauro Lucchiari. Al di là della nuova Hypermotard 698, sacrosanta, quello di <b>una sportiva monocilindrica così sarebbe un progetto</b> <b>oggi unico </b>nel suo genere, e in quanto tale ci toccherà probabilmente continuare a sognare la sua incarnazione degli Anni 90…</p>
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Ducati Supermono

Se è da tempo che qualcuno ne parla, la questione è diventata solo di recente più verosimile. Per lo meno da quando Ducati ha presentato il monocilindrico Desmo che spinge la Hypermotard 698 Mono. 659 cc, 77 cavalli a 9.750 giri e una castagna da far invidia alla concorrenza, che prende le fattezze delle motardone 690/700/701 di Mattighofen. La Supermono originale era una sportiva, mai commercializzata come modello stradale ma solo in versione pista, da 550 cc con motore che derivava dai bicilindrici a L vincenti in quegli anni in Superbike. Erogava nella sua prima versione 75 cavalli a 10.000 giri, arrivati poi a 80 con l’aumento dell’alesaggio da 100 a 102 mm e la crescita della cubatura sino a 572 cc; peso: appena 100 kg. Ne furono prodotti 67 esemplari, tutti destinati alle corse. In quel periodo era fiorente il Campionato Europeo Supermono, che nel 1993 Ducati vinse sia come costruttore che tra i piloti, con Mauro Lucchiari. Al di là della nuova Hypermotard 698, sacrosanta, quello di una sportiva monocilindrica così sarebbe un progetto oggi unico nel suo genere, e in quanto tale ci toccherà probabilmente continuare a sognare la sua incarnazione degli Anni 90…

<div class='descrGalleryTitle'>Kawasaki KLR 650</div><div class='descrGalleryText'><p>Ecco la “più una”. Così perché <b>in realtà esiste:</b>&nbsp;è solo che Kawasaki ce la tiene nascosta. La KLR 650 è ancora viva e continua ad essere commercializzata in Australia e negli Stati Uniti. Non solo è viva, ma <b>continua a ricevere aggiornamenti,</b> come quello del 2022 che ha portato <b>l’iniezione elettronica</b> e un’estetica magari non troppo aggraziata ma senz'altro al passo con i tempi. Di base è sempre lei, <b>l’endurona stradale con motore &quot;mono&quot; raffreddato a liquido. </b>Nella versione attuale, il propulsore è un 652 cc alimentato da un corpo farfallato da 40 mm e con cambio a 5 marce. La ciclistica prevede un telaio tubolare in acciaio a semi doppia culla, ruote da 21 e 17” e sospensioni dalla generosa escursione. Il serbatoio tiene ben 23 litri e il peso è onestamente fuori misura per una monocilindrica: parliamo <b>di oltre 200 kg. </b>Certo è che, con l’andazzo attuale che vede il segmento adventure come trainante, una motocicletta del genere, <b>magari con qualche rivisitazione </b>per far calare un poco il peso, proposta ad un prezzo ragionevole, farebbe gola a molti. Dopotutto, le spese di ingegnerizzazione e di messa in produzione dovrebbero essere state ammortizzate. Servirebbe solo la volontà <b>di omologarla Euro5+.</b></p>
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Kawasaki KLR 650

Ecco la “più una”. Così perché in realtà esiste: è solo che Kawasaki ce la tiene nascosta. La KLR 650 è ancora viva e continua ad essere commercializzata in Australia e negli Stati Uniti. Non solo è viva, ma continua a ricevere aggiornamenti, come quello del 2022 che ha portato l’iniezione elettronica e un’estetica magari non troppo aggraziata ma senz'altro al passo con i tempi. Di base è sempre lei, l’endurona stradale con motore "mono" raffreddato a liquido. Nella versione attuale, il propulsore è un 652 cc alimentato da un corpo farfallato da 40 mm e con cambio a 5 marce. La ciclistica prevede un telaio tubolare in acciaio a semi doppia culla, ruote da 21 e 17” e sospensioni dalla generosa escursione. Il serbatoio tiene ben 23 litri e il peso è onestamente fuori misura per una monocilindrica: parliamo di oltre 200 kg. Certo è che, con l’andazzo attuale che vede il segmento adventure come trainante, una motocicletta del genere, magari con qualche rivisitazione per far calare un poco il peso, proposta ad un prezzo ragionevole, farebbe gola a molti. Dopotutto, le spese di ingegnerizzazione e di messa in produzione dovrebbero essere state ammortizzate. Servirebbe solo la volontà di omologarla Euro5+.

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