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Terra Modena 198: superbike mono

di Alan Cathcart, foto Alex Photo il 22/05/2007 in Moto & Scooter

20.000 euro per la supermotard più esclusiva al mondo. Cura artigianale e tecnologia made in Maranello fanno di questa monocilindrica un gioiello che tutti, almeno una volta, dovrebbero provare

Terra Modena 198: superbike mono
Premere il pulsante “Start” sul manubrio della Terra Modena 198 è un po’ come mettere in moto una betoniera... Il motorino d’avviamento, infatti, fa non poca fatica (e rumore) a causa dell’elevatissimo rapporto di compressione del monocilindrico. Poi, però, improvvisamente il motore prende vita e la musica cambia. Il ruggito che fuoriesce dal doppio sistema di scarico è rotondo e coinvolgente, mentre il caratteristico ticchettio della distribuzione fa da sottofondo.
Il regime di minimo si stabilizza intorno ai 2.200 giri. Basta qualche colpo di gas e il ruggito diventa un vero e proprio urlo, col motore che balza quasi istantaneamente verso i 10.000 giri, per poi tornare alla tonalità iniziale in un “metallico diminuendo”. Più che una semplice supermotard monocilindrica, questa è una sorta di Ferrari Testarossa a due ruote, con tanto di gruppo termico verniciato nel caratteristico colore e lo stesso inconfondibile suono ad ogni regime. Anche se non vi compare lo stemma del cavallino rampante, la Terra Modena è in tutto e per tutto una Ferrari, a parte il nome…
Tante persone che lavorano nel mondo della Formula 1 amano le motociclette. Molti le usano e alcuni, come il capo del reparto di ricerca e sviluppo Renault F1, Robin Tuluie, le costruiscono per hobby, ma nessuno aveva mai provato a progettarle, realizzarle e venderle utilizzando la stessa tecnologia impiegata nella massima espressione dell’automobilismo agonistico. Ok: Aprilia con Cosworth, Ducati con Ferrari e Honda con il relativo reparto corse a quattro ruote, hanno avuto delle collaborazioni utili alla realizzazione delle loro MotoGP, ma chi l’avrebbe mai detto che la prima vera moto stradale con la F1 nel proprio DNA fosse equipaggiata con un monocilindrico che, tra l’altro, ha fatto il suo debutto in fuoristrada?
La risposta è in un nome: Terra Modena 198 (“1” come il numero dei cilindri e "98" come il valore dell’alesaggio espresso in millimetri). Così si chiama quel fazzoletto di terra dell’Emilia Romagna che ha dato i natali ad alcuni dei più importanti nomi della storia italiana nell’ambito delle due e delle quattro ruote. Prendendo come punto di riferimento la città di Modena, sede della Maserati e della De Tomaso, nel raggio di appena 25 Km troviamo realtà come Ducati, Ferrari, Lamborghini, Moto Morini e Minarelli. Come se non bastasse, poi, quest’area prevede una grandissima concentrazione di aziende specializzate in componentistica di alta qualità e produttori di parti speciali che lavorano a stretto contatto con i suddetti marchi e che costituiscono l’orgoglio e il vanto dell’industria motoristica nazionale. Difficile, dunque, immaginare un posto migliore dove poter costruire una moto o una macchina al top di gamma per qualità e prestazioni.
A pensarla così è senz’altro Dario Calzavara e la Terra Modena 198 ne è il risultato. All’inizio degli anni Ottanta, e più precisamente dal 1981 al 1984, Calzavara era alla guida del Team Ferrari in Formula 1, dopo di che ha curato per circa un anno gli interessi del marchio all’interno del mercato nordamericano. Al suo ritorno in Italia, poi, Calzavara è entrato in Pirelli come responsabile del settore racing, contribuendo non solo ai buoni risultati in Formula 1 e nel Mondiale Rally, ma anche all’accordo che porta i pneumatici italiani sulla Cagiva 500 di Randy Mamola nel Motomondiale.
A un certo punto, però, Calzavara ha sentito il bisogno di fare qualcosa che aveva sempre sognato di fare: costruire la propria moto!
Dario Calzavara ha sempre amato le moto fin da quando aveva 14 anni, anche se un giorno Enzo Ferrari lo costrinse a vendere la sua BMW RS1000 dopo aver scoperto che Gilles Villeneuve e Didier Pironi ci andavano in pista a Fiorano nelle pause tra un test e l’altro con la Formula 1! “Pironi era un po’ pazzo, ma era un gran pilota – ricorda Dario con un sorriso – mentre Villeneuve mal sopportava il fatto di essere battuto da qualcuno, pertanto era normale che tra i due vi fosse competizione in tutto, anche in moto. Mi ricordo che il Commendator Ferrari si era appena svegliato e io dovetti dargli la notizia che uno dei due si era rotto una gamba con la mia moto nel tentativo di migliorare il tempo dell’altro”! Venti anni più tardi, Calzavara ha voluto coinvolgere anche un terzo personaggio che partecipava a quei blitz in motocicletta a Fiorano, vale a dire il figlio maggiore di Enzo Ferrari, Piero. Quest’ultimo ha preferito fare esperienza nel settore lontano dalla scomoda figura paterna, dando vita alla Ferrari Engineering, vicino Modena, dove, oltre a importanti progetti legati al mondo dell’automobilismo e dell’aviazione, è stato realizzato il prototipo di un quattro cilindri in linea di 750 cc con valvole radiali che avrebbe poi raggiunto la produzione di serie sulla MV Agusta F4, dove la F sta appunto per Ferrari.
Ad ogni modo, nel 1998 Ferrari ha creato un’altra società, la High Performance Engineering o HPE, anch’essa con sede a Modena, ma i cui interesse sono principalmente focalizzati sul mondo racing. Questa struttura ha perfino partecipato al progetto del V4 che equipaggia la Ducati Desmosedici e ha collaborato alla realizzazione del bicilindrico DS raffreddato ad aria della gamma Multistrada e Hypermotard. Per Calzavara, dunque, non poteva esserci partner migliore per la progettazione della Terra Modena.
Ok, ma perché proprio un monocilindrico? “Per l’utilizzo su strada, sempre preferito le naked rispetto alle supersportive – spiega Dario – e il modo con cui il mercato ha reagito nei confronti di questa categoria dice che non sono il solo a pensarla in questo modo. Tuttavia, ormai le nude hanno raggiunto prestazioni esagerate, che non hanno senso se si considerano i limiti imposti dal codice della strada e, soprattutto, la sicurezza di guida. In pratica, sta diventando sempre meno divertente guidare una moto su strada. Perciò, ho tra gli obiettivi della Terra Modena c’era quello di creare una nuova tipologia di motocicletta sportiva che facesse riscoprire il vero piacere di andare su due ruote. Una moto piccola, leggera e agile, per la quale non sarebbe stato assolutamente appropriato un motore a quattro cilindri, dal momento che un mono è già più che sufficiente. Inoltre, volevo che il propulsore fosse costruito ex-novo, senza essere costretto ad acquistarne uno già in commercio, ma la progettazione e lo sviluppo di un quattro in linea, come quello che ha fatto realizzare Castiglioni per la F4, comporta un enorme dispendio di risorse, sia in termini di tempo che a livello economico. Alla fine, dunque, complice anche il crescente successo della categoria Supermotard, ci siamo convinti che un motore monocilindrico fosse la soluzione migliore alle nostre esigenze ed è esattamente ciò che abbiamo commissionato al mio amico Piero Ferrari”.
Così, dopo circa tre anni di sviluppo e un investimento pari a 1,7 milioni di Euro, la prima Terra Modena 198 di serie è stata consegnata al rispettivo cliente, un gioielliere di Roma. Nella seconda metà del 2006 ne sono stati venduti 16 esemplari e quest’anno si prevede di raggiungere le 60 unità, che verranno commercializzate al prezzo di 19.650 Euro più Iva.
Per allestire queste moto, Calzavara si è avvalso degli stessi fornitori e della stessa manodopera specializzata che ha avuto modo di apprezzare ai tempi in cui lavorava per il Marchio del cavallino. Il responsabile di progetto, Tino Carniglia, è stato infatti project leader della Ferrari F40 e sei degli otto tecnici addetti all’assemblaggio delle moto sono ex-dipendenti di Maranello. Il telaio in tubi di alluminio della 198 e il telaietto posteriore in titanio vengono realizzati presso una fabbrica a pochi passi degli stabilimenti Ferrari, mentre le sovrastrutture in fibra di carbonio prendono forma a circa 20 Km di distanza. A Modena, invece, viene costruito il sistema di scarico in Inconel (grazie al quale viene rispetta la normativa Euro 3) e a Imola c’è la ditta che fornisce la centralina del sistema di iniezione elettronica. “Neppure intorno al circuito di Silverstone c’è una simile concentrazione di aziende specializzate nel settore auto/moto. – spiega Dario – Fa parte del DNA di questa zona, come ha avuto modo di scoprire anche Ducati.”
Il motore della Terra Modena pesa appena 31 Kg, contro i 44 Kg del monocilindrico orizzontale che equipaggiava la famosa Ducati Supermono. Oltre che più leggera, l’unità progettata da Piero Ferrari è anche più compatta. Le misure di alesaggio e corsa sono rispettivamente di 98 e 59,6 mm, per una cilindrata di 449 cc. La distribuzione prevede quattro valvole (da 39 mm all’aspirazione e 32,5 allo scarico) e un singolo albero a camme in testa azionato, tramite una cascata di ingranaggi. Le molle di richiamo delle valvole sono in titanio, la biella è realizzata in un solo pezzo e su di essa è montato un pistone forgiato a due fasce della Pistal Racing che determina un rapporto di compressione pari a 12:1. Calzavara non si sbilancia in merito alle prestazioni del motore, ma dichiara che con il corpo farfallato da 51 mm della Dell’Orto, dotato di un singolo iniettore posto sotto la farfalla, la Terra Modena eroga più di 55 CV alla ruota (verosimilmente 58) a 9.500 giri. La trasmissione, infine, conta su un cambio a sei marce estraibile di derivazione racing, che permette di variare la rapportatura interna in pochi minuti. Non è più presente, invece, la frizione antisaltellamento della STM montata sui primi prototipi.
In configurazione stradale (dunque con fari, frecce e specchietti), la 198 pesa soltanto 118 Kg, valore pienamente confermato dal comportamento dinamico. Una volta in azione, infatti, la Terra Modena si dimostra incredibilmente agile, forte di una rapidità di sterzo eccezionale, coadiuvata dal largo manubrio Tommaselli. Per certi versi, la guida ricorda un po’ quella della Yamaha MT-03, caratterizzata da un’efficacia nel misto stretto tale da mettere in seria difficoltà una supersportiva come la R1. Tuttavia, la MT-03 sta alla Toyota Celica come la 198 sta, guarda caso, a una Ferrari 430: non si tratta di una supermotard, ma di una Superbike monocilindrica! Le sue prestazioni lo dimostrano. Pur essendo contraddistinto da un livello relativamente basso di vibrazioni grazie al contralbero di bilanciamento installato, il motore della Terra Modena è letteralmente assetato di giri. Inoltre, la particolare mappatura della centralina Mectronik (necessaria per rispettare la normativa Euro 3) e la prima marcia molto lunga (per limitare le impennate) non favoriscono certo una guida rilassata. Risulta infatti difficile scendere sotto i 3.000 giri senza che la trasmissione dia luogo a fastidiosi strappi. La situazione si regolarizza a partire dai 5.000 giri, ma da lì in poi l’ascesa verso il limitatore, posto a quota 9.700, è talmente rapida che per ottimizzare l’accelerazione conviene passare al rapporto successivo con un certo anticipo. A tal proposito, Calzavara sta pensando di sviluppare un sistema di cambio automatico che permetterà di selezionare le marce attraverso un semplice bottone: “La tecnologia oggi disponibile è ormai più che sufficiente per la realizzazione di un simile dispositivo. Basta che un’azienda come la nostra si dedichi al suo sviluppo.”
In effetti, le caratteristiche di erogazione del motore impongono un utilizzo piuttosto intenso del cambio, vista la scarsità di coppia ai bassi regimi. L’innesto delle marce avviene comunque in modo rapido e impeccabile, supportato dall’azione morbida e precisa della frizione. La rapportatura piuttosto ravvicinata, poi, permette di sfruttare al meglio le doti del propulsore in accelerazione, facendolo rimanere nel suo range di utilizzo ideale, vale a dire tra i 5.000 e gli 8.000 giri, e garantisce una velocità di 150 Km/h a 9.000 giri in sesta marcia. Questo, almeno, è quanto indicato dal piccolo cruscotto digitale protetto da un bel guscio in fibra di carbonio. Peccato solo per il design del radiatore, piatto e poco esclusivo, che non regge il confronto con il resto della componentistica.
Il livello della ciclistica è semplicemente superbo. Da questo punto di vista la 198 stupisce, oltre che per raffinatezza, anche per efficacia. L’accentramento delle masse ha reso la moto maneggevole e al tempo stesso ben bilanciata. D’altro canto, la stabilità non è mai un problema grazie al lungo forcellone, che porta l’interasse a 1.480 mm. La forcella Öhlins con steli da 46 mm, poi, ha una taratura piuttosto rigida, ma adeguata al tipo di lavoro che deve svolgere, nonostante il pneumatico anteriore (Dunlop D270) non garantisca troppa confidenza quando si cerca di far scorrere la moto il più possibile a centro curva. Lo stesso accade con il posteriore, che non innesca mai brusche perdite di aderenza, ma non è neppure così rigoroso.
Personalmente, avremmo preferito trovare dei Dunlop 208 o, meglio ancora, dei Pirelli Dragon Supercorsa, ma in ogni caso, il fattore pneumatici non influisce in modo eccessivo sul divertimento di guida e, soprattutto, sul potenziale del pacchetto ciclistica-motore.
E’ impressionante, infatti, la rapidità con cui è possibile affrontare i cambi di direzione in sella alla Terra Modena grazie al lavoro impeccabile delle sospensioni, che copiano ogni minima asperità dell’asfalto. Solo i dossi più pronunciati scompongono l’assetto, facendo sollevare l’avantreno in modo se non altro molto coreografico. Un fenomeno, quest’ultimo, in parte contrastabile avanzando il più possibile lungo la sella, che offre ottime possibilità di movimento. Per quanto riguarda la frenata, il disco anteriore da 320 mm con pinza Brembo ad attacco radiale offre una risposta semplicemente eccezionale, coniugando potenza e modulabilità, tanto che non è difficile alzare il retrotreno senza per questo rischiare il bloccaggio della ruota davanti. L’impianto posteriore, invece, appare piuttosto sotto tono. Forse, si tratta di una scelta operata per bilanciare l’assenza della frizione antisaltellamento, come confermerebbe il regime di minimo piuttosto alto.
A tal proposito, i leggerissimi cerchi Marchesini a dieci razze in alluminio forgiato contribuiscono a ridurre l’effetto giroscopico, oltre che a impreziosire l’impatto estetico.
Insomma, circa 20.000 euro per un monocilindrico non sono certo pochi, ma bisogna apprezzare il coraggio di Calzavara nell’aver investito tempo e denaro in un progetto così esclusivo, che si rivolge pertanto a un pubblico limitato.
La situazione potrebbe però cambiare se, tanto per fare un esempio, Ducati decidesse di espandere la propria gamma attraverso una nuova famiglia di monocilindrici, così come sembrava dovesse fare più di dieci anni fa. Beh, in questo caso, la Casa di Borgo Panigale non dovrebbe guardare troppo lontano, basterebbe una telefonata in quel di Modena…
Terra Modena 198: superbike mono
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Motore: 1 cilindro verticale a 4 tempi, raffreddamento a liquido; alesaggio per corsa 98,0x59,6 mm; cilindrata 449,6 cc; rapporto di compressione 13,0:1. Distribuzione bialbero a camme in testa, distribuzione a cascata di ingranaggi, 4 valvole in titanio. Alimentazione a iniezione elettronica, diametro corpi farfallati 48 mm. Capacità serbatoio carburante 8,5 litri (di cui 1 di riserva). Lubrificazione a carter umido.

Trasmissione: primaria ad ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d’olio con dispositivo antisaltellamento e comando idraulico. Cambio a sei marce.

Ciclistica: telaio in tubi d’alluminio; sospensione anteriore, forcella rovesciata da 46 mm interamente regolabile,; sospensione posteriore, forcellone con mono ammortizzatore interamente regolabile. Cerchi: anteriore 3,5x17”, posteriore 5,5x17”. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 160/60-ZR17. Freni: anteriore a disco flottante in acciaio da 320 mm e pinza con attacco radiale a 4 pistoncini, posteriore a disco singolo in acciaio da 220 mm e pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni (mm) e peso: lunghezza 2.150, larghezza 830, altezza sella 890, interasse 1.048. Peso a secco 120 kg.

Prestazioni dichiarate: n.d.

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