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Triumph Daytona 675

il 17/01/2006 in Moto & Scooter

Un brivido caldo su uno dei più impegnativi circuiti del mondo, quello di Sepang. La tricilindrica inglese va forte a tuti i regimi, pesa poco e frena come si deve. Una vera rivelazione, a un prezzo giusto

Triumph Daytona 675

di Riccardo Capacchione



Sepang – Malesia. “Incomparabile” è la definizione che il marketing Triumph ha messo a punto per la nuova media – quasi maxi – a tre cilindri. In effetti la Daytona si tira fuori dalla mischia delle 600 cc grazie alla sua cubatura oversize che le costerà probabilmente la partecipazione al Mondiale Supersport (solo in Inghilterra sarà ammessa in griglia di partenza), ma che su strada si rivela un vantaggio consistente nella guida.

Il nostro test inizia sull’arroventato asfalto di Sepang, un circuito dove la belvetta inglese si trova particolarmente a proprio agio. Pochi (due) tornantini da seconda marcia e molte curve da terza/quarta, dove distendere il tricilindrico e sfruttare appieno le prestazioni della ciclistica e delle coperture Pirelli Supercorsa, con cui la moto verrà venduta. L’autodromo malese è un esempio di architettura, con le sue tribune coperte e il caratteristico “ombrellone” sul tornantino d’ingresso al rettilineo d’arrivo.


L’atmosfera tropicale, fatta di palme ai bordi e di piccoli uccelli multicolori che becchettano nell’erba ai lati della pista rende tutto più affascinante, anche se bastano pochi giri per dar fondo alle riserve idriche del pilota. In questo caso la tuta Hydro Back della Spidi con cui eravamo equipaggiati non è sembrata affatto un gadget sfizioso, ma un accessorio quanto mai utile nel caso si intendano inanellare più di una decina di giri di seguito. Vi suggeriamo un’idea che ci farà odiare dalle vostre fidanzate (o fidanzati): nel caso aveste pianificato una vacanza in uno dei bellissimi resort nei pressi di Sepang, potreste considerare il noleggio di una sportiva (meglio cercare in loco a Kuala Lumpur) per passare mezza giornata girando in questo circuito eccezionale. I costi vanno da 60 a 90 RM per l’intera mattinata (da circa 13 a 20 euro). Per tutte le informazioni potete visitare il sito www.malaysiangp.com.my e mandare una mail per domande di vario tipo e per la prenotazione obbligatoria a sic@malaysiangp.com.my.


Diciamo subito che le scelte tecniche hanno influenzato parecchio il carattere di questa moto, oltre che ovviamente le prestazioni globali. Il motore a tre cilindri dalla cubatura inconsueta, la ciclistica molto efficace con soluzioni tipicamente racing come il pivot regolabile, oltre all’estetica sportiva ma non esasperata e con un quid di eleganza, definiscono una “personalità” davvero spiccata all’ultima nata della casa di Hinckley. Snella e sottile di fianchi, in sella conferma l’impressione che offre al primo sguardo. La distanza tra sella e pedane è praticamente perfetta per piloti dalla statura più varia, grazie allo spazio disponibile sulla sella in senso longitudinale. I manubri sono piuttosto spioventi, di primo acchito diremmo più che su altri modelli. Questo consente di accucciarsi molto bene dietro al cupolino che nel test in pista era un accessorio, decisamente più bombato rispetto a quello di serie. Noi avremmo scelto senz’altro questo plexiglass come primo equipaggiamento, in luogo di quello più piatto di serie, scelto dal designer per privilegiare l’aggressività del frontale della moto rispetto alla protezione aerodinamica.
Notevole la luce a terra, ottenuta rialzando e ravvicinando al massimo le pedane: per fare questo l’asta di rinvio del cambio attraversa il telaio, in stile Yamaha R1. Il telaio pressofuso segue uno schema piuttosto originale, con due leggere travi sagomate che passano sopra il motore, fissato direttamente allo chassis nella parte posteriore e anteriormente, in corrispondenza della testata, con due bretelle che si allungano verso il basso.
I progettisti hanno previsto la possibilità di riposizionare l’attacco del forcellone (ma non esiste un kit specifico che deve essere autocostruito), dando la possibilità a chi correrà con questa moto di intervenire in maniera radicale sulle geometrie del telaio. Snello ed essenziale, lo chassis è frutto di uno studio FEM (Elementi Finiti). Questo tipo di progettazione prevede la divisione del telaio in piccoli solidi (più sono, più accurato è il risultato), sui quali vengono applicate, virtualmente, le forze che si generano nella guida. La dimensione e la forma di ogni mini-solido viene così disegnata al meglio, evitando sezioni esagerate o, peggio, sottodimensionate.
Lo stesso discorso vale per il forcellone, anch’esso realizzato in alluminio di pressofusione, tecnologia che consente dio ottenere forme molto complesse a costi ridotti, con rigidità molto elevata del pezzo finito. In questo modo è stato possibile far passare il collettore di scarico e l’ammortizzatore attraverso il forcellone stesso, compattando tutta la sezione posteriore della moto. Il mono lavora con l’interposizione di leveraggi progressivi ed è completamente regolabile (estensione, compressione e precarico molla), così come la forcella rovesciata da 41 mm.

La ricerca della leggerezza ha coinvolto le ruote, con cinque esili razze, e i freni, due dischi anteriori da 308 mm di diametro (contro i 320 mm di altre moto) per ridurre l’effetto giroscopico e migliorare il rapporto masse sospese/masse non sospese, incrementando maneggevolezza, funzionalità delle sospensioni e comfort. L’impianto anteriore è al top per scelte tecniche: le pinze, secondo l’ultimo trend, hanno attacchi radiali (che consentono di ottimizzare la costruzione della pinza e di trasferire i carichi in maniera ottimale, incrementando le prestazioni) e anche la pompa al manubrio è del tipo radiale. Le tubazioni sono a bassa deformabilità, ricoperte con treccia metallica, e assicurano un comando più diretto ed efficiente grazie alla riduzione dell’”effetto polmone”. Il freno posteriore da 220 mm è asservito a una leggera pompa a singolo pistoncino. Ad evitare pericolose "sbacchettate" provvede l'ammortizzatore di sterzo di serie.



Per compattare al massimo la sezione frontale e per ottenere determinate caratteristiche di erogazione e potenza, oltre che per caratterizzare fortemente la moto, la scelta è caduta su un tre cilindri in linea frontemarcia. Questa architettura consente di contenere la sezione frontale (a leggero discapito dello sviluppo verticale del motore). In più la scelta di alcuni parametri motoristici, come il rapporto alesaggio/corsa, ha consentito di ottenere una coppia molto sotenuta ai bassi e medi regimi, rinunciando ad allunghi stratosferici tipo Yamaha R6, ma garantendo comunque una potenza massima più che soddisfacente, con il limitatore che comunque è posto alla ragguardevole soglia dei 14.300 giri.


Per i patiti della tecnica, il rapporto alesaggio/corsa (74,0x52,3 mm) della Daytona 675 è di 1,41, contro un decisamente più estremo 1,58 della Yamaha R6 (alesaggio per corsa 67,0x42,5 mm). La cilindrata maggiorata del 12,5 % rispetto alla norma rende l’incremento in kgm ancor più cospicuo. Le camere di combustione sono state compattate grazie all’angolo tra le 4 valvole per cilindro contenuto in 23°: il diametro di quelle di aspirazione è di 30,5 mm, mentre di quelle di scarico è di 25,5 mm. Sono costruite in Nimonic, una lega d’acciaio al Nickel molto resistente al calore e sono chiuse da molle singole, con punterie a bicchierino. Gli alberi a camme sono mossi da un corto giro di catena posta sul lato destro. Il sistema di alimentazione è affidato a corpi farfallati (da 44 mm) con un iniettore per cilindro, comandati da una centralina che sovrintende anche al funzionamento della valvola di scarico. Un’altra valvola regola il flusso d’aria in entrata nell’air box, per mantenere la velocità della vena fluida il più possibile costante, a vantaggio del rendimento. Tutti questi accorgimenti sono necessari all’ottenimento di prestazione ma anche (e in alcuni casi soprattutto), per riuscire a soddisfare i limiti imposti dalla normativa Euro3. Gli assi del cambio sono sfalsati su due diversi piani, per compattare il più possibile il motore in senso longitudinale e i singoli rapporti sono stati ravvicinati, come valore, il più possibile, per limitare la caduta di giri durante il cambio marcia. Nel corso del test abbiamo riscontrato che nei cambi marcia la variazione è di circa 7/800 giri. La frizione, dalla costruzione molto robusta, è priva di dispositivo antisaltellamento ed è dotata di comando a cavo. Per questo motore sono dichiarati 125 CV a 12.500 giri, con una coppia, davvero sostenuta, di 72 Nm a 11.750 giri.



Il suono roco del tricilidrico si fa sentire dal silenziatore più aperto che equipaggiava le moto del test. Si tratta di un componente, non omologato per l’uso stradale, dotato di uscita singola (contro le tre di quello a norma), venduto come accessorio insieme al “completo” in Titanio realizzato dalla Arrow (meno 7 kg, più 5 CV). Molto svelta nello scendere in piega, la Daytona sfoggia un set-up particolarmente azzeccato, con una forcella mirabilmente tarata e dall’ottima scorrevolezza.

La velocità nello scendere in piega non è accompagnata da altrettanta rapidità nei cambi di direzione delle chicane: una volta impostata la curva, bisogna lavorare di manubrio e di corpo per variare il verso dell’inclinazione, il che fa presupporre un baricentro un po’ alto. Niente di grave, anche perché probabilmente variando il setting delle sospensioni questo effetto potrebbe essere contenuto, adattando la moto a piste più guidate. Dopo la “esse” che segue il traguardo il circuito di Sepang si apre su una serie di curve in discesa dove la 675 sfoggia una precisione direzionale e una stabilità invidiabili. Terza, quarta in appoggio in una piega infinita, in queste condizioni la Daytona farà vedere i sorci verdi alle avversarie, forte di un feeling perfetto anche ad inclinazioni decisamente elevate. Il controllo sulle gomme è totale e la grande confidenza che si instaura con la moto immediata. Il motore, come vedremo anche nella test su strada, già spinge dai 4.000 giri, rende parecchio dai 6.000 e dagli 8.000 in poi fino ai 13.500 è poderoso nella spinta e nel sound. Oltre questa soglia non conviene insistere, dato che la spinta si impigrisce leggermente, suggerendo di passare al rapporto successivo.

Molto gustoso il tiro ai medi, che si apprezza nelle curve dove una marcia è troppo corta e quella superiore troppo lunga: qui i 4 cilindri normalmente si “piantano” mentre la Triumph schizza fuori dalla svolta senza esitazioni. Dove il tre cilindri paga a sua maestà il 4 è nell’allungo tra curva e curva dove spesso conviene (in termini cronometrici) tenere il gas spalancato piuttosto che cambiare marcia. Sono i pro e i contro di scelte tecniche differenti. Il mono risponde sincero e garantisce un’ottima trazione se si spinge forte, mentre accusa un dondolio avvertibile nella prima parte dell’escursione ad andature meno “tirate”: poi la moto si siede a circa metà escursione della sospensione che, grazie ai leveraggi, indurisce e fa scomparire il leggero “pompaggio”.

Abbiamo provato ad aumentare i freni in compressione e successivamente in estensione, ma l’effetto era di eliminare questo comportamento a discapito però della precisione direzionale, praticamente perfetta nella configurazione base. Ottimi i freni, modulabili e dalla potenza subito disponibile e soprattutto costante, così come il rendimento delle Pirelli di serie che pur con temperature da altoforno non hanno mostrato il fianco anche ad usura accentuata. Nella parte di test che si è svolta su strada abbiamo apprezzato la pastosità del motore che consente di ridurre e di molto l’uso del cambio: si corre veloci solo ruotando l’acceleratore con il motore che risponde senza strappi, garantendo al contempo un allungo più che sufficiente sulle strade aperte.

Motore: quattro tempi, tre cilindri in linea, raffreddamento a liquido, distribuzione a doppio albero a camme in testa. Cilindrata 675 cc, alesaggio per corsa 74.0 x 52.3mm. Rapporto di compressione 12,65:1. Alimentazione: iniezione elettronica, capienza serbatoio 17,4 litri.

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale catena con O ring. Frizione multidisco in bagno d’olio, cambio a sei rapporti.

Ciclistica: telaio doppio trave in alluminio. Forcellone con attacco regolabile.. Cerchi: alluminio a cinque razze anteriore 17” x 3.5”, posteriore 17 x 5.5. Pneumatici: anteriore 120/70-ZR17, posteriore 180/55-ZR 17. Sospensioni: posteriore forcellone con monoammortizzatore regolabile nel precarivo molla e nell’idraulica (compressione ed estensione). Altezza del retrotreno regolabile. Freni: anteriore doppio disco flottante da 308 mm, pinze ad attacco radiale a quattro pistoncini. Posteriore disco singolo da 220 mm, pinza a singolo pistoncino.

Dimensioni (in mm) e peso: lunghezza 2.010, larghezza 673, altezza 1.109, altezza sella 825, interasse 1.392. Inclinazione cannotto di sterzo/avancorsa: 23.5º/86,8. Peso a secco 165 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza max. 123 CV a 12.500 giri, coppia max 72Nm a 11.750 giri.

Triumph Daytona 675
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