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Dal Giappone: test Suzuki GSX-R750

il 20/02/2004 in Moto & Scooter

Anteprima, sulla pista di Ryuyo, dell'ultima versione della 750 che da vent’anni tiene banco nella gamma delle supersportive Suzuki. Vitillo ce la racconta, aiutato da un maestro d’eccezione: Kevin Schwantz

Dal Giappone: test Suzuki GSX-R750
L'ex campione del mondo della 500, Antonio Vitillo, e il nostro tester Kevin Schwantz. O no?

di Antonio Vitillo, foto Alex Photo



Hamamatsu –
Questa città è il cuore dell’industria motociclistica giapponese. Ora potrei dire senza tema di smentita “Mondiale”, ma quando qui nacquero la Yamaha, la Honda e la Suzuki, nessuno nutriva altre ambizioni che ricostruire, col lavoro e con le idee, una città distrutta dalla guerra. Una città le cui prime origini risalgono a 3000 anni fa e che nel 1945 aveva 80.

000 abitanti, mentre oggi supera il mezzo milione. Una città che non ha dato un grande riconoscimento alle moto, che in fondo l’hanno resa nota in tutto il mondo, ma che ha preferito fregiarsi del titolo di “città della musica”, per la presenza di tante industrie produttrici di strumenti musicali e per gli eventi ad essi legati.



Questa settimana però l’evento principale di Hamamatsu è il lancio dell’ultimo modello della Suzuki GSX-R 750, che ha richiamato in città e sul circuito di Ryuyo – pista laboratorio della Suzuki – giornalisti da ogni parte del mondo e anche diversi ex campioni della Suzuki, a dimostrazione dell’interesse che la moto in questione è ancora capace di suscitare a quasi vent’anni dalla sua prima comparsa, e della venerazione che la Casa giapponese nutre per questa sua capostipite della gamma GSX-R.


Dunque, sono qui ad Hamamatsu per raccontare a voi che vi collegate a Motonline, quasi dall’altra parte del mondo, come va la GSX-R 750 2004. Conosco quasi tutti i miei colleghi presenti, ma all’improvviso, mentre faccio colazione al Gran Hotel Hamamatsu, quartier generale della prova, vedo un paio di volti nuovi e inattesi. Anzi vecchi... Uno lo riconosco immediatamente: è Kevin Schwantz, il re della derapata controllata, l’altro fatico un po’ di più ad inquadrarlo, anche perché mi spiegano che fa il tester per una rivista inglese ed è quindi un “collega”, ma poi ci arrivo: è Niall McKenzie, ex pilota di buona levatura in 500.
Capisco che domani in pista ci sarà fermento...



Qualche dato importante prima di passare alla descrizione dettagliata e al diario di pista: rispetto alla GSX-R 2000, la versione 2004 è migliorata in termini di coppia: +2% (8,8 kgm a 10800 giri) e di potenza massima (148 Cv a 12800 giri, pari a +5%). Il peso, che nella prima versione era di 208,92 kg, è sceso al limite eccezionale di 163 kg. Sono previste tre versioni cromatiche: bianco/blu, giallo/nero, argento/nero e il prezzo è di 11.563 €, franco concessionario, IVA inclusa.

La Suzuki GSX-R 750 è un capitolo cruciale della storia della Suzuki. Questo in estrema sintesi è quanto emerge dalla conferenza stampa che si tiene la sera precedente la prova in pista. Ne viene ripercorso l’albero genealogico dalla nascita, nel 1985, alle successive evoluzioni del 1988, 1992, 1996 e 2000.
La versione 2004 è tutta un “più”, e questo è ormai normale, ce lo aspettavamo, ma i tecnici giapponesi vogliono convincerci che non raccontano balle, così la faccenda si allunga e noi siamo costretti, per non farvi cliccare su 200 pagine, a riassumere il tutto in modo quasi tabellare.

Motore: strutturalmente il propulsore della GSX-R 750 è immutato rispetto alla versione precedente, ma i cilindri sono ravvicinati e il motore è quindi più stretto. Valvole in titanio sostituiscono quelle in acciaio, con un risparmio di peso di 105,6 grammi; altri 80 grammi sono risparmiati con l’adozione dei nuovi alberi a camme e altri 60 grammi coi nuovi pistoni dal mantello più piccolo e dai segmenti più leggeri. Il radiatore vede aumentata la propria capacità radiante del 12%, grazie anche ad una ventola di nuova concezione, con le pale collegate da un anello. Lo scambiatore di calore acqua-olio ha otto passaggi di raffreddamento anziché sei.



Alimentazione: nuovi condotti di maggiori dimensioni: + 2% quelli di aspirazione, + 14% quelli di scarico; due corpi farfallati a doppio corpo al posto di quattro singoli, che oltre ad un incremento di efficienza comportano una riduzione di peso di 370 grammi. Iniettori singoli multi-foro migliorano la polverizzazione del carburante.
La centralina è più piccola, più leggera ed è dotata di un processore a 32 bit anziché 16 bit: ciò rende più veloce la gestione elettronica del sistema integrato di iniezione/accensione ed anche più precisa, in quanto la memoria ROM (di sola lettura) è stata ampliata a vantaggio della disponibilità di ben otto diverse mappe di controllo del sistema. Questa miglior gestione, affiancata dal nuovo scarico con silenziatore munito di tubi e di paratie interne in titanio invece che in acciaio, ma soprattutto dotato di catalizzatore, riduce ulteriormente le emissioni nocive permettendo alla GSX-R 750 di scendere ampiamente al di sotto dei limiti previsti dalle norme Euro-2.

Prima di arrivare alla ciclistica, soffermiamoci un momento sull’estetica, che su una supersportiva come la GSX-R 750 è fortemente condizionata in senso tecnico.
La diversa sezione frontale del modello 2004, più stretta e appuntita, col doppio faro sovrapposto, è stata studiata per ottimizzare l’alloggiamento e la conformazione dei condotti dell’aria fresca diretti all’air-box. Il serbatoio, più corto e più stretto nella zona delle ginocchia del pilota, migliora l’assetto di guida e quindi il feeling. Il fanale posteriore a led assorbe meno corrente e quindi riduce l’attrito dell’alternatore durante il suo funzionamento.



La GSX-R 750 2004 ha un nuovo telaio in alluminio composto da travi laterali più strette e più alte delle precedenti, nonché munite al loro interno di una nervatura centrale di rinforzo. Le travi laterali, ottenute per estrusione, sono unite mediante saldatura al cannotto di sterzo e alle piastre di supporto del perno del forcellone realizzate per fusione.
Il telaio risulta più stretto e diminuisce anche di 10 mm la distanza trasversale fra le pedane di guida, con conseguente aumento di 1° dell’angolo di inclinazione possibile della moto in curva, che arriva così a 56°. Cambia la geometria della ciclistica, col cannotto di sterzo inclinato di 23,25° e l’avancorsa portata a 93 mm. E cambia l’interasse della moto ridotto da 1410 a 1395 mm.
L’ultima importante novità della ciclistica riguarda i freni: l’anteriore presenta dischi di minor diametro, da 320 mm a 300 mm, ma con pinze ad attacco radiale e pompa radiale.


La prima impressione data dal circuito di Ryuyo, è quella di un bunker supersegreto: un cartello senza ideogrammi, ma con disegni molto espliciti, avverte che è assolutamente proibito scattare foto, ma ho idea che oggi sia prevista una deroga...
Ci sono due lunghissimi rettilinei che corrono a pochi metri di distanza l’uno dall’altro; quello principale è di circa due chilometri; le curve sono a raggio incostante e non ci sono spazi di fuga. Dicono che parecchi piloti collaudatori non abbiano potuto raccontare a nessuno le loro cadute...
Essendo una pista di prova, la pista ha tratti asfaltati in modo diverso e con ondulazioni artificiali che noi eviteremo grazie ad un percorso obbligato con birilli. Le moto sono schierate in pista ed hanno pneumatici Bridgestone Battlax BT014, buone gomme che ho già avuto modo di apprezzare sulla GSX-R 600 a Misano in una giornata fredda e a Phoenix sulla Honda Fireblade 1000. All’improvviso spunta una marea di Giapponesi in divisa della Suzuki: dove erano nascosti, visto che in due giorni ne avevamo visto solo uno in albergo a mezzanotte di ieri?



Si salta in sella, constatando subito che la posizione di guida è cambiata, anche per la riduzione della distanza fra sella e manubrio. Facciamo tre giri di riscaldamento dietro a Masaro Mizutani, un giapponese dai capelli ossigenati che in borghese veste completamente di bianco, scarpe e foulard compresi, ma che evidentemente in moto ci sa andare, visto che è stato il trainer dei piloti giapponesi della GP 500.
La pista è pazzesca: viaggi sempre o quasi a gas spalancato, circondato da muri ai quali ogni tanto è appoggiato qualche “materassone”. Incrocio Schwantz nella pit lane e ne approfitto per chiedergli qualche consiglio di guida a Ryuyo. Mi risponde che è molto pericolosa e che devo stare attento agli improvvisi e fortissimi colpi di vento che ci sono in fondo ai rettilinei. Poi mi dà alcune sapienti dritte sull’uso del cambio, sull’impostazione di alcune traiettorie, sulle staccate.
Mi rituffo in pista e scopro un mondo nuovo. Girare mi sembra più facile e posso dedicarmi più all’analisi del comportamento della moto.



La potenza c’è, si sente bene, ma non come su una 1000 odierna; nei rettilinei la GSX-R fila a 300 all’ora, ma il tachimetro si vergogna di ammetterlo: arriva a 299, poi cala di un paio di chilometri, per poi risalire ma senza mai superare il fatidico muro. Eppure non c’è intervento del limitatore, visto che il motore frulla a 14000 giri e non a 14500.
L’erogazione è buona, apprezzabile, fino a 8000 giri, poi si scatena fino a 13000, dopodiché frena l’impeto continuando a salire verso i 14500 giri; la trasmissione sibila in modo impressionante, ma il cambio è sempre ben trattabile e preciso: in prima passa i 130 km/h, in seconda i 180, in terza i 220; la GSX-R 1000 in terza arriva a 235 km/h...



In fondo al rettilineo ci si dimentica quasi che la moto può anche frenare e piegare, tanto tempo è passato da quando si è spalancata la manetta: frenando bisogna quindi fare attenzione alla forza che si impartisce alla leva, perchè lungo il rettilineo, a quella velocità e per un tempo così inusuale, i freni di sono raffreddati.
La stabilità in curva veloce è notevole; provare quella su un misto lento non è stato possibile, però la moto è molto precisa e risponde con grande sincerità. Il comportamento dell’iniezione nell’apri-chiudi, tipico suo tallone d’Achille, non l’ho potuto verificare, date le caratteristiche del circuito, tuttavia non ho percepito vuoti durante la guida in pista. Una valutazione più stradale chiarirà tutti i punti rimasti in sospeso.

Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea trasversale, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 72 x 46 mm, cilindrata 749,1 cc, rapporto di compressione 12,3:1; distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, comando a catena; lubrificazione a carter umido. Alimentazione a iniezione elettronica a doppia farfalla; capacità serbatoio 17 litri. Accensione elettronica integrata con l’iniezione. Avviamento elettrico.
Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco in bagno d’olio, comando meccanico; cambio in cascata a sei rapporti; finale a catena.



Ciclistica: telaio a doppio trave perimetrale in lega leggera. Sospensione anteriore: forcella telescopica regolabile a cartuccia; sospensione posteriore: forcellone in alluminio con monoammortizzatore regolabile. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/70-ZR17”; posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 180/55-ZR17”. Freni: anteriore a doppio disco da 300 mm; posteriore a disco da 220 mm.
Dimensioni e peso: interasse 1.395 mm, lunghezza 2.075 mm, larghezza 715 mm, altezza sella 825 mm. Peso a secco 163 kg.
Prestazioni: potenza 148 CV (108,82 kW) a 12.800 giri, coppia 8,8 khm a 10.800 giri.
Omologazione Euro-2: si’ (marmitta catalitica)

Dal Giappone: test Suzuki GSX-R750
L'ex campione del mondo della 500, Antonio Vitillo, e il nostro tester Kevin Schwantz. O no?

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