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Suzuki GSX-R 750 SBK 2000

il 01/03/2001 in Moto & Scooter

Una veterana delle gare per derivate di serie, che nel corso dell’evoluzione ha raggiunto una competitività ecezionale. I punti di forza, e i limiti a cui il nuovo modello dovrà dare risposta

Suzuki GSX-R 750 SBK 2000


di Alan Cathcart




I boss della Suzuki saranno sicuramente contenti della stagione di gare 2000: hanno finalmente riconquistato il mondiale 500 GP con la RGV ricavandone lustro per il marchio e hanno mantenuto in casa il titolo AMA Superbike con la nuova GSX-R 750, probabilmente più significativa sul piano commerciale.





Ma soprattutto Pierfrancesco “Frankie” Chili ha dato battaglia nel campionato mondiale Superbike, e nonostante un serio incidente a metà stagione che l’ha di sicuro penalizzato, è arrivato undici volte sul podio vincendo anche la spettacolare gara di Monza, e alla fine si è piazzato quarto in classifica.
Non male.

Il fatto che i risultati nel mondiale Superbike siano stati raggiunti con una moto che, alla fin fine, ha cinque anni e che è già stata sostituita nelle vetrine delle concessionarie da una nuova versione (più filante, potente, veloce e bella), dà all’impresa di Chili un valore ancora maggiore, ed è un ottimo auspicio per la stagione 2001 ora al via.





Infatti il nuovo modello non ha potuto sostituire nel 2000 l’arzilla vecchietta con cui ha corso Chili perchè il tempo a disposizioone per lo sviluppo non era sufficiente: la direzione del reparto corse ha giustamente pensato che fosse meglio dedicarlo alle moto meno modificabili, come nella Supersport 750 americana o la Superstock europea.

In ogni caso, la moto che ho avuto modo di provare nel nuovo, tortuoso, tecnicissimo circuito di Almeria in Spagna non dimostra assolutamente l’obsolescenza che si potrebbe ipotizzare dalla sua età. Anzi, è molto equilibrata e sfuttabile, anche se ovviamente non mancano i difetti... Tutto sarà più chiaro leggendo le prossime pagine!






Cominciamo subito dicendo che l’aspetto più datato è l’aerodinamica. Per dare un’idea, all’imbocco del rettilineo più lungo, quello che porta all’ingresso dei box, Stephane Chambon mi ha passato con la moto 2000 di Chili mentre io mi stavo ambientando a bordo di una GSX-R750 nuova, modificata in modo marginale per le gare Superstock. Sapete una cosa? Solo alla massima velocità ha dovuto cedere alla superiore potenza della belva da Superbike che mi precedeva. Mi sembra che non ci sia altro da aggiungere.




A livello di ciclistica, la grande differenza tra versione 2000 e 1999 è la ricerca di una distribuzione dei pesi più caricata sull’avantreno, per ridurre lo stress del pneumatico posteriore e aumentarne la durata.





Una delle strade tentate è stata l’allungamento del forcellone di 15 mm, ma le altre ripercussioni sulla guidabilità (in particolare problemi di grip in accelerazione fuori dalle curve, non risolti modificando l’altezza del perno) hanno consigliato di tentare la strada dello spostamento del... pilota!
La posizione più caricata in avanti non ha permesso di andare oltre il 50/50%, e Chili riconosce che è un limite di questa moto, che tra l’altro risente molto in termini di guidabilità della differenza di conformazione tra le Dunlop inglesi (più stabili e meno maneggevoli) e le Dunlop giapponesi (più nervose e agili in inserimento).




Il telaio è stato irrigidito con una capriata di rinforzo che passa sopra la testata: questo ha permesso la riduzione di diametro degli steli della forcella da 47 a 43 mm, il che ha consentito una certa flessibilità in piega e dunque un miglior feeling, oltre alla riduzione delle masse non sospese.






Il motore 200 ha mantenuto il comando distribuzione a catena invece della cascata di ingranaggi utilizzata in precedenza; ha invece impiegato un albero motore e pistoni a tre segmenti più leggeri, alberi a camme rivisti, bielle e valvole in titanio e una testata attentamente lavorata a livello di condotti e camera di combustione (il rapporto di compressione è giunto a 14:1).





Queste modifiche, unite al nuovo scarico Arrow in Inconel di 1,5 kg più leggero del precedente Akrapovic in titanio, hanno portato al raggiungimento di prestazioni assolutamente di rilievo, come testimoniato dai 172 CV a 14.100 giri dichiarati all’uscita del cambio. Il regime di rotazione, comunque, appare di assoluta sicurezza, soprattutto se pensiamo che la Yamaha R7, dotata della stessa corsa di 46 mm (per tacere della Kawasaki, dalla corsa ancora più corta), raggiunge i 15.500 giri al limitatore, contro i 14.400 della Suzuki.

In effetti la squadra corse aveva approntato in agosto anche una versione in grado di vedere 15.400 giri e di erogare una potenza massima ancora maggiore, ma Chili aveva ancora la clavicola rotta, per cui decise di non testarla e fu riportata in Giappone senza aver corso (anche se poi Ryo nel campionato giapponese le ha fatto onore) per poterla utilizzare come base per la stagione 2001.




Comunque il motore a regime “ridotto” ha sempre dato prova di grande affidabilità, una volta risolti i problemi di sfilamento dei semiconi delle valvole e di surriscaldamento (si perdono 12 CV passando da 80 a 90° della temperatura dell’acqua).






Il motore è eccezionale: spinge bello pulito a partire dai 7500 giri (Chili scende addirittura a 6800, nelle curve più lente) e a 8-9000 permette di gestire bene le curve medie.





Poi, a 11.000 giri, arriva una botta di potenza che catapulta la lancetta del contagiri verso i 14.000, quando si accende la spia blu che fa da riferimento per la cambiata, perfettamente agevolata dal dolce e preciso sistema che taglia l’accensione permettendo di non chiudere il gas e tirare la frizione.

Peccato solo che all’apri-e-chiudi dell’acceleratore si manifesti una reattività fastidiosa fino a divenire imbarazzante, tanto che pure Chambon se n’era lamentato senza mezzi termini. Alberto Moro, responsabile della moto di Chili, assicura che la cosa si può sistemare alterando la mappatura, ma intanto mi devo accontentare del minimo portato a 4000 giri (Frankie non vuole assolutamente interferenze da freno motore in staccata) e di limitare il più possibile l’uso di prima e seconda.




La ciclistica, dal canto suo, è decisamente la migliore che questa moto abbia avuto durante il suo sviluppo: i cambi di direzione sono sorprendentemente facili per un “quattro” che comunque sembra un po’ più goffo della versione Superstock del nuovo modello.
La frenata, poi, è davvero migliorata: grazie anche alla frizione antisaltellamento i grossi dischi da 320 mm della Brembo possono fare il loro dovere senza che la moto si scomponga e renda poco intuitivo il raggiungimento della corda. E poi quest’anno, per la prima volta, la moto ha raggiunto il peso minimo...


Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 72 x 46 mm, cilindrata 749 cc, rapporto di compressione 14:1; distribuzione bialbero a 4 valvole per cilindro, comando a catena; lubrificazione a carter umido. Alimentazione: iniezione elettronica Nippondenso con corpi farfallati da 40 mm e due iniettori per cilindro; capacita’ serbatoio n.d.. Accensione elettronica digitale integrata con l’accensione. Avviamento con avviatore esterno.

Trasmissione: primaria a ingranaggi; frizione multidisco a secco con comando a cavo e dispositivo di limitazione della coppia in rilascio; cambio in cascata a 6 marce; finale a catena.

Ciclistica: telaio a doppio trave in alluminio, inclinazione asse di sterzo 22°, avancorsa 98 mm. Sospensione anteriore: forcella Showa a steli rovesciati da 43 mm regolabile in precarico, estensione e compressione, escursione n.d.; sospensione posteriore: forcellone in alluminio e monoammortizzatore Showa regolabile in precarico, estensione e compressione, escursione n.d.. Ruote: anteriore Marchesini tubeless in lega di magnesio, pneumatico 120/75-16,5”, posteriore Marchesini tubeless in lega di magnesio, pneumatico 195/65-16,5”. Freni: anteriore Brembo a doppio disco flottante di Ø 320 mm, pinze radiali a 4 pistoncini contrapposti e 4 pastiglie; posteriore a disco Braking di Ø 220 mm, pinza Brembo a 2 pistoncini contrapposti.

Dimensioni e peso: interasse 1402 mm, lunghezza n.d., larghezza n.d., altezza sella n.d.. Peso: 163 kg in ordine di marcia senza benzina, ripartizione 50/50%.

Prestazioni dichiarate: potenza al pignone 172 CV (126 kW) a 14.100 giri, coppia n.d., velocità (a Hockenheim) 311 km/h.
Suzuki GSX-R 750 SBK 2000
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