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Molle lineari o molle progressive? L'eterno dibattito

Redazione
dalla Redazione il 04/05/2023 in Manutenzione
Molle lineari o molle progressive? L'eterno dibattito
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Che siate piloti o semplici appassionati, è impossibile non incappare nella diatriba tra sostenitori delle classiche molle lineari e sostenitori delle molle progressive per le sospensioni. Chi ha ragione? Vediamo

Anche negli argomenti tecnici ci sono le mode. Per mesi o per anni si parla costantemente di chattering o di controllo di trazione, poi di colpo l'argomento scompare per riapparire chissà quando. Uno di quelli che ciclicamente riemergono dal rumore di fondo sono le cosiddette “molle progressive”, o più precisamente “molle ad avvolgimento progressivo”.

Di cosa si tratta? Di una soluzione per ottenere una molla con rigidezza (il “k”, espresso in Newton o kg per mm di affondamento) variabile durante l’escursione: e in particolare crescente, cosa che può far comodo in diverse situazioni. In particolare, nelle sospensioni si ritiene intuitivamente che una molla ad avvolgimento progressivo possa conciliare meglio il comfort nella prima parte di escursione e il sostegno nella seconda parte. Ma è davvero così?

Molle lineari o molle progressive? L'eterno dibattito

Il caso lineare

Partiamo dal caso più semplice della molla con le spire avvolte tutte alla stessa distanza. La sua rigidezza, ovvero la forza che oppone all'unità di spostamento e che è legata alla torsione delle spire durante lo schiacciamento, è grossomodo costante per la gran parte dell'affondamento. In altre parole, la forza prodotta dalla molla è proporzionale all’affondamento, e questo comportamento si dice “lineare”.

La linearità è molto spesso un comportamento desiderabile, sia da parte dei progettisti che si trovano a fare i conti sul funzionamento di un componente sia da parte di chi guida che si ritrova a dover gestire risposte più facilmente prevedibili. Tuttavia, in alcuni casi può essere interessante discostarsi dalla linearità. Per rimanere nell'ambito delle molle sono state molto sperimentate molle non lineari per il controllo delle valvole, nel tentativo di combattere le risonanze agli alti regimi di rotazione che mandavano in crisi la distribuzione.

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Molle progressive e sospensioni

L'ambito dove più di frequente e più visibilmente si incontrano molle ad avvolgimento progressivo resta però quello delle sospensioni. Qui si vede un po’ di tutto: doppi ammortizzatori con molle lineari e monoammortizzatori con molle progressive o viceversa, e naturalmente gente che passa da molle lineari a molle progressive e gente che fa l'opposto, apparentemente con piena soddisfazione in entrambi i casi. Ma cos'è che dovrebbero fare queste benedette molle progressive?

In linea di principio (e fatto comunque salvo chi è convinto dell'opposto), si desidera una sospensione scorrevole per assorbire le asperità nel primo tratto di affondamento, ma più sostenuta via via che ci si avvicina al fine corsa, come ad esempio nelle frenate intense o in off-road nell'atterraggio dei salti. Questo tipo di comportamento è già quello che la molla offre naturalmente, visto che all'aumentare dell'escursione la forza che essa produce aumenta.

L'aumento è però lineare, ovvero la forza raddoppia al raddoppiare dell’affondamento; se si vuole che la forza cresca ancora più rapidamente con l'affondamento, è possibile rivolgersi appunto a una molla ad avvolgimento progressivo. In questo caso la forza può aumentare più che linearmente, cioè quello che si intende per “progressività" e che si può ottenere alternativamente, almeno al retrotreno, ricorrendo a dei leveraggi. In questo caso di solito la molla è lineare ma non lo è l’affondamento, perché si fa in modo che lo schiacciamento della molla non sia proporzionale in ogni punto al movimento della ruota, come accade con il classico doppio ammortizzatore. In maniera più semplice, lo stesso effetto si può ottenere montando l’ammortizzatore molto inclinato.

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I limiti delle molle progressive

Se anche alcune Case optano di serie per le molle progressive, perché questa non è la regola per le molle della forcella e del mono?

Perché il ragionamento intuitivo “più comfort alle basse escursioni, più sostegno alle alte escursioni” è in realtà molto superficiale: il funzionamento delle sospensioni è sempre più complesso di quanto sembri.

Per prima cosa, se partiamo da una molla lineare con il k corretto per il peso di una certa moto (diciamo kL), una molla progressiva avrà un k inferiore a kL nel primo tratto di escursione e superiore a kL nel secondo, se si vogliono appunto sfruttare i vantaggi della progressività. Il primo tratto più cedevole farà sì che la moto, da ferma, affondi un po’ di più sulla sospensione sotto l'effetto del proprio peso prima di trovare il suo equilibrio, e questo è un primo fattore di cui tenere conto perché il galleggiamento più elevato ha un impatto sulla dinamica di guida.

Molti affermati sospensionisti di casa nostra, come Andreani o Gubellini, sono oggi contrari alle molle progressive proprio perché l'effetto pratico che si rischia di ottenere è di perdere corsa utile per la cedevolezza del primo tratto, finendo per lavorare sorattutto sulla parte dura.  

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Molle progressive e idraulica, un matrimonio difficile

Teniamo poi a mente che in una sospensione la molla non lavora da sola, ma deve muoversi in armonia con l'idraulica. I due elementi si completano a vicenda, visto che idealmente la molla reagisce a variazioni di lunghezza (affondamento della sospensione) in modo indipendente dalla velocità, e l'idraulica reagisce alla velocità di affondamento in modo indipendente dalla sua posizione. In ogni caso, la taratura dell'idraulica deve essere realizzata tenendo conto delle caratteristiche della molla.

Ora, in una molla progressiva il k del secondo tratto è spesso quasi doppio rispetto al k del primo tratto. L'idraulica si troverà quindi a dover convivere con forze per unità di spostamento molto diverse tra loro nella parte iniziale rispetto alla parte finale dell'escursione. Questo richiederà giocoforza una taratura “di compromesso”, con il freno idraulico che tenderà ad essere alto (relativamente al k molla più basso) nella prima parte e basso (relativamente al k molla più alto) nella seconda.

Un freno idraulico più elevato nella prima parte di affondamento può andar bene per tenere sotto controllo il maggior galleggiamento di cui abbiamo parlato prima, ma tenderà a penalizzare il comfort sulle piccole asperità; viceversa, il freno idraulico basso rispetto alle forze messe in gioco dalla molla nella seconda parte di affondamento limiterà il sostegno e la stabilità della sospensione (consideriamo che nel passaggio da compressione ad estensione, tipicamente quando si lascia il freno, la forza elastica che l'idraulica deve controllare sarà subito molto alta, tendendo a far "rimbalzare" la sospensione).

Insomma, l'opposto di ciò che si voleva ottenere.

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Diffidare delle apparenze

Questo è naturalmente un discorso generale: non tutte le molle hanno rapporti di progressività così spinti e bisogna vedere nello specifico quale tipo di impostazione i progettisti hanno voluto dare e quale tipo di problemi hanno eventualmente voluto risolvere. Le molle progressive si vedono spesso sulle sospensioni meno raffinate (tipicamente nei doppi ammortizzatori posteriori), dove sopperiscono alle limitate capacità dell'idraulica di gestire il fine corsa (tampone idraulico o hydrostop).

Ci sono però anche esempi opposti, ad esempio WP/KTM negli ultimi anni ha introdotto molle progressive nei suoi ammortizzatori PDS, che "simulano" la presenza di un leveraggio e dove anche l'idraulica è studiata per accompagnare la progressione. Anche sulle moto più recenti e dotate di sospensioni semiattive, in cui l'idraulica è gestita per via elettronica, non di rado si vedono molle ad avvolgimento progressivo grazie al fatto che la taratura dei freni idraulici può essere adeguata punto per punto alle caratteristiche del k molla nel giro di pochi millisecondi, e in questo caso le caratteristiche della parte elastica (molla) e della parte idrauica si possono effettivamente sposare.

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Cosa fare in concreto

Come muoversi allora in concreto? Una regola fissa non c'è. Se si deve rimpiazzare un componente originale vecchio o usurato, quasi sempre i kit aftermarket offrono un'idraulica di qualità superiore a prescindere dal tipo di molla, ed è questo che farà la vera differenza. Se per qualche ragione si decide di cambiare la sola molla, ha molto più senso passare da progressiva a lineare che non viceversa. 

Sappiamo bene che la motocicletta è un oggetto terribilmente complicato. In passato c’era molta più improvvisazione (celebre il caso del leveraggio della prima Ducati Monster M900, che a una analisi più approfondita si rivelò regressivo anziché progressivo), oggi gli strumenti di calcolo consentono simulazioni precise di quasi ogni aspetto. L’articolazione dei leveraggi o l’inclinazione dei monoammortizzatori cantilever realizzano un grado di progressione calcolato: l'adozione di molle ad avvolgimento progressivo aftermarket non fa che aggiungere progressione a progressione, e non sempre i risultati sono favorevoli.

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