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Motogp

L'Aprilia che vince e l'Italia che stenta

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Aprilia riesce finalmente a vincere in MotoGP: è l'occasione per fare il punto sulle alterne fortune dell'Italia, non solo sportiva

Quando Loris Reggiani vinse la prima gara in 250 con l’Aprilia, in anni in cui le moto italiane erano una curiosità rispetto alle giapponesi, io c'ero. Era il 30 agosto 1987, avevo appena compiuto 14 anni e quella vittoria fu decisiva per farmi contagiare definitivamente dalla febbre delle due ruote. C’ero anche, 35 anni più tardi, a vedere la prima vittoria Aprilia in MotoGP, arrivata tardissimo rispetto alle aspettative e con il pilota “sbagliato”: un ‘operaio del cordolo’ (sia detto con rispetto) come Aleix Espargaró. Che poco avvezzo com’è alla diplomazia del dopogara, nella sua sincerità ha detto una cosa importantissima: “Quando sono arrivato io, Aprilia aveva 54 titoli mondiali; ma la verità è che nessun top rider ci voleva andare.
E bravo Aleix, che si è caricato sulle spalle lo sviluppo della RS-GP fino a portarla alla vittoria. Torniamo però un momento al fatto che con un’Aprilia, nonostante il fascino e la gloria sportiva, nel 2017 nessun top rider volesse correre. Per forza, direte voi: con tutta la sua gloria passata, Aprilia era lontanissima dall’essere vincente. Qualunque appassionato sa mettersi nei panni del pilota e capisce che il passato non conta niente: contano il presente e ancor più le prospettive per il futuro. Questo ragionamento semplicissimo, però, non riusciamo ad applicarlo fuori dalla MotoGP: in generale, ci piace crogiolarci sulle nostre glorie trascorse. La storia infatti non è fissa ma si fa giorno per giorno, anno per anno. Quando Reggiani vinse a Misano MV Agusta aveva in carniere 75 titoli nel Mondiale Velocità tra piloti e costruttori, Honda 43, Aprilia nessuno. Oggi MV è ferma a 75, Honda è arrivata a 84, Aprilia a 42. E se allarghiamo lo sguardo oltre al Mondiale Velocità, anche i 54 titoli di Aprilia citati da Aleix impallidiscono di fronte ai 327 di KTM (senza contare quelli di Husqvarna e GASGAS), azienda che in quel 1987 era avviata al fallimento e oggi è il primo costruttore europeo.
Il Mondiale non è il mondo, ovviamente, ma è un bello spaccato della competizione economica e tecnologica che lo anima. Spinto da questa competizione, il mondo va avanti veloce; l’Italia non sempre fa altrettanto. In questo momento è giusto dare onore al gruppo guidato da Romano Albesiano e Massimo Rivola, che nella sua prima intervista ci disse di voler rendere di nuovo Aprilia “un posto sexy dove la lavorare, che attiri talenti”: ci sta riuscendo. Come l’Aprilia del 2017, anche l’Italia di oggi è un posto carico di fascino e di gloria passata, ma che non attira più nessuno. Tolta la nostra industria della moto, che è una delle poche eccezioni, ben pochi sportivi, manager, tecnici o artisti “top” vogliono venire a far carriera da noi. Ci vorrebbero più aziende come Aprilia Racing, capaci di rendere l’Italia in generale un posto dove la gente vuole venire a lavorare per competere coi migliori del mondo e possibilmente avere successo, anziché accontentarsi di quel che trova o arrendersi e andare all’estero. Auguriamoci che la nostra industria della moto e questa Aprilia in particolare siano d’esempio.
L'Aprilia che vince e l'Italia che stenta
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