Echi dal passato

Il nome Seiemmezzo rimanda a successi passati del marchio, su tutti la Tre e mezzo che spopolava negli Anni 70, quando Moto Morini faceva tutto a Bologna. Oggi le cose sono molto diverse: la sede si è spostata a Trivolzio, in provincia di Pavia, e la produzione avviene nel distretto industriale di Taizhou Bay, oltre 9.000 km più a est, attorno allo stesso bicilindrico parallelo 650 che equipaggia la X-Cape. 

Quest’ultimo è un motore semplice (ispirato al 650 Kawasaki) ma sulla carta piuttosto sportivo con le sue misure molto superquadre, 83 mm di alesaggio x 63 di corsa e la distribuzione bialbero; in realtà però l’erogazione è dolce e molto regolare, perfetta per una media stradale. Non c’è la gestione ride-by-wire e quindi non ci sono le mappe motore e il controllo di trazione; con una sessantina di cavalli a disposizione e un’erogazione così, però, non se ne sente poi troppo il bisogno.

Se il motore è in comune con la X-Cape, telaio e sospensioni sono specifici, figli di una attività di progettazione e messa a punto ciclistica svolta tutta in Italia. Il traliccio in tubi d’acciaio ha quote differenti e alcuni elementi strutturali dedicati, mentre il lungo forcellone pure in acciaio resta quello della X-Cape. E, come sulla X-Cape, anche sulle Seiemmezzo la componentistica principale ha volti noti: in questo caso KYB per le sospensioni con forcella (da 43 mm) e mono regolabili, Brembo per i freni con un bel doppio disco da 298 mm anteriore e Pirelli per i pneumatici.

Più simili di quanto sembri

Con questi ingredienti e uno stile anche stavolta azzeccato, Moto Morini ha cucinato le Seiemmezzo STR e SCR, due “gemelline” molto attese dopo la presentazione a Eicma 2019. Le concept avevano a dire il vero la ruota anteriore da 19” come la X-Cape; poi in fase di definizione è stata preferita una 18”, soluzione sempre più diffusa che si è già vista ad esempio sulla Ducati Scrambler e la CFMOTO 700CL-X. 

Se a volte le scrambler differiscono ciclisticamente dalle naked, questo non è il caso delle due Seiemmezzo che condividono appunto, oltre alle misure delle ruote, anche le geometrie del telaio, l’escursione delle sospensioni (125 mm) e l’altezza della seduta (810 mm). Le differenze sono quindi solo a livello di allestimento, con la SCR che cambia nella sella, nel manubrio più alto e largo e nelle ruote, a raggi anziché in lega oltre che in dettagli come il colore degli steli forcella, anodizzati oro anziché neri, e qualche plastica (fianchetti, convogliatori, parafanghi). La differenza più importante la si trova forse nei pneumatici: Angel GT sulla STR e i più scolpiti MT 60 RS sulla SCR.

Meglio abbondare

Abbondanti nelle misure e nell’ergonomia, a dispetto del nome le Seiemmezzo non sembrano affatto due 650 ma moto più grandi, secondo una impostazione condivisa da molti altri modelli di costruzione cinese. Le pari cilindrata giapponesi, italiane o austriache sono decisamente più compatte, corte, tecniche: qui si privilegia la sensazione di solidità a bordo, anche per effetto della classica predilezione cinese per l’acciaio come materiale di costruzione, che porta il peso attorno ai 200 kg a vuoto.

Non proprio due fuscelli, anche se poi rispetto alla X-Cape le Seiemmezzo sono più basse, più leggere, più urbane nella destinazione e molto più classiche nel colpo d’occhio, che mescola proporzioni di una volta ed elementi moderni. Ciclisticamente sono state sviluppate per essere ancora più facili e a misura di neofita. Resta limitata l’elettronica: potremmo dire che sta tutta nel cruscotto, ricco di informazioni e che offre la connessione Bluetooth e il sistema di monitoraggio della pressione delle gomme. Questo insieme di caratteristiche estetiche e ciclistiche dovrebbe rendere le Seiemmezzo più adatte ai giovani, meno sensibili alle promesse di viaggio della X-Cape.  

Rialzata o... più rialzata?

Come dicevamo all’inizio, Morini non è l’unica Casa a unire stile e tecnica messi a punto in Italia e produzione in Cina; ma il segreto del suo successo è che sulle ultime Morini non c’è quasi nulla di asiatico a livello di feeling. Sulle Seiemmezzo l’elenco si limita a una frizione un po’ gommosa e a qualche fruscio proveniente dal motore; ma non ci sono cadute di stile in nessun dettaglio, né nel senso della povertà né nel senso dell’ostentazione. Le Seiemmezzo sono moto se vogliamo semplici, ma assolutamente “europee” nell’aspetto e nel comportamento, merito del team che a Trivolzio si occupa di queste aree.

Il serbatoio in metallo, molto bello nelle forme, è un pelo troppo largo tra le gambe, ma per il resto l’accoglienza è ottima. La SCR ha un manubrio decisamente ampio e rialzato che determina una posizione in sella eretta, quasi da enduro, come sulla Ducati Scrambler: dà una sensazione di grande padronanza del mezzo ed è comoda in città, ma espone molto alla pressione dell’aria quando la velocità sale e le gambe restano un po’ rattrapite rispetto alla STR, dove c’è più carico in avanti senza raggiungere certi eccessi sportivi: resta una posizione piuttosto rialzata e comoda anche per i viaggi – sicuramente alla portata di entrambe le Seiemmezzo – ma anche più indicata quando ci si vuole impegnare alla guida.

Più comfort che sport

Il bicilindrico parallelo di origine CFMOTO ha un timbro sommesso e in generale non fa nulla per farsi notare: morbido nell’erogazione, non strappa ai bassi e non ha una gran schiena nelle marce alte (bisogna attendere i 6.000 giri perché sfoderi un po’ di verve), ma contribuisce a rendere la guida estremamente facile e naturale. Tutta l’impostazione ciclistica delle due moto mira come detto a questo risultato, riuscendoci: le Seiemmezzo hanno quote meno svelte rispetto alla X-Cape e privilegiano invece la stabilità, con il 18” che digerisce bene le asperità a centro curva senza perdere in maneggevolezza. Sono più a misura di neofita, ma alla fine grazie al fatto di essere più basse, leggere e con sospensioni più rigorose su asfalto, sanno dare anche soddisfazioni: in particolare la STR.

Poi certo, anche se soprattutto nel colore rosso la Seiemmezzo STR ha molto del fascino della Tre e mezzo, la ciclistica tarata sul morbido e le pedane basse che toccano presto in curva limitano gli ardori sportivi. Un po’ bassa e pesante per danzare tra le curve come le naked più sportiveggianti, è una moto che vuole soprattutto essere comunicativa, e comunicativa è. Poi non avendo gomme inutilmente larghe – 120/70 davanti e 160/60 dietro – e potendo offrire sospensioni regolabili, volendo consente a chi è più smaliziato di trovare comunque quel po’ di sveltezza in più, oltre alle ottime decelerazioni garantite dall’impianto frenante Brembo. La SCR ha invece quel tocco “off” che alla fine si fa valere soprattutto in città, dove le manovre risultano sempre agevoli grazie al buon raggio di sterzo e al corretto bilanciamento dei pesi. La posizione molto “seduta” fa avvertire di più sulla schiena i contraccolpi del mono, montato senza leveraggio e un po’ secco nella risposta; ma la sensazione di controllo e visibilità che la SCR trasmette compensano il fastidio.

Meno potenza, più feeling

Gradevoli in città e nelle gite fuori porta, le Seiemmezzo non temono nemmeno i viaggi, dove possono mantenere senza problemi velocità di crociera attorno ai 130 km/h, col contagiri alla soglia dei 6.000 giri (la zona rossa è posta a 9.000). A questi regimi le vibrazioni restano contenute, la protezione dall’aria è sufficiente grazie alla piccola unghia sulla SCR e alla posizione più raccolta sulla STR e i consumi non scendono praticamente mai sotto ai 20 km/l, per un’autonomia superiore ai 300 km. Quel che serve è insomma solo la voglia di prendere e partire.

C’era una volta la scuola italiana: pochi cavalli, ma ciclistiche sane. Le Moto Morini Seiemmezzo proseguono oggi proprio su questa linea, anche se la loro ricetta è poi cucinata in Asia. Si sarebbe potuto farle in Italia? Forse sì, ma difficilmente raggiungendo i prezzi al pubblico chiavi in mano di 7.240 euro per la STR e 7.640 euro per la SCR, davvero competitivi e che senza dubbio contribuiranno al successo di queste due belle medie.

Il radar di Dueruote

Radar tondo e media dell’otto per le nuove Morini, che ci sono piaciute per il loro equilibrio generale e l’immediatezza di approccio, il tutto senza rinunciare a una buona dose di personalità. Bene in tutti i quadranti, con voti altissimi lato prezzo ma niente male anche nella parte della guida: la ruota anteriore da 18” si fa apprezzare sulle sconnessioni frequenti sulle nostre strade e solo l’elettronica ha un voto basso: un controllo di trazione non avrebbe sfigurato, soprattutto in ottica neofita, anche se costi e complessità sarebbero cresciuti.

Bene la meccanica, bene la praticità e non male le prestazioni, con qualcosina in più per la STR che ci ha convinto maggiormente anche per ergonomia e comfort. Già buono il livello qualitativo dei nostri esemplari, pur non definitivi, mentre agli optional abbiamo dato un 8 sulla fiducia: verranno presentati a Eicma ma ci hanno garantito che la lista sarà ampia per soddisfare tutte le esigenze di personalizzazione.