Un segmento eterogeneo

Certo, considerare “medie” due moto che sfiorano i 1.000 cc di cilindrata è ormai segno dei tempi nei quali la rincorsa alle prestazioni l’ha fatta un po’ da padrone. Qui, però, in sella alla Tiger 800 e alla 850 GS, troviamo un equilibrio perfetto tra prestazioni, peso e versatilità. Sono molto meno impegnative e imponenti delle 1200, offrono comunque motori più che adeguati per viaggiare a pieno carico con borse rigide (che ovviamente non mancano tra gli optional di entrambe), bagagli e passeggero: potrebbero affrontare trasferimenti autostradali con velocità di crociera ben oltre i limiti (sulle autobahn tedesche il condizionale scompare) e non impongono quelle rinunce in termini di abitabilità in coppia che invece quasi tutte le crossover 650/750 evidenziano. Con tutto questo, sanno anche guardare oltre l’asfalto, grazie alle sospensioni adeguate e alla ruota da 21”, certo senza estremizzare il concetto come alcune recenti proposte arrivate sul mercato.

Il segmento delle crossover, d’altra parte, è un contenitore molto eterogeneo: si va dai modelli di estrazione più stradale (con motori a quattro cilindri e ruote da 17”), a vere e proprie maxienduro. Qui, siamo nella terra di mezzo. Una versatilità che si riflette anche nel quotidiano: sfruttarle non vuol dire per forza programmare grandi viaggi, ma anche gustarsele nel viavai cittadino oppure nel giro della domenica con gli amici.

Punti di vista

Nonostante la cilindrata e le prestazioni simili (95 CV la potenza massima per entrambe), le due Case affrontano il tema in modo molto differente, a partire dalla differente architettura motoristica (due cilindri in linea per la tedesca, tre per l’inglese) che delinea due caratteri molto lontani. Il nuovo motore tedesco ha poco “effetto volano” (nella guida off-road ai bassissimi regimi meglio tenere “la frizione in mano”) ma poi, proprio per questa sua caratteristica, prende i giri velocemente e sfodera una sportività sconosciuta alle ultime F 800 GS.

La F 850 GS vanta medi molto corposi e sfruttabili, che regalano alla moto un gran vigore (il twin bavarese è in grado di generare 92 Nm a 6.250 giri, quando il triple inglese si ferma a 79 Nm a 7.850 giri). La risposta al gas è pronta e dolce al tempo stesso. Tra gli aspetti migliorabili, la rumorosità meccanica superiore alla media e un cambio impreciso ai bassi regimi. Nel misto si può quindi sfruttare la grande elasticità, danzando fra le curve assecondati da una ciclistica tendenzialmente morbida (soprattutto la forcella, non regolabile), ma sincera e comunicativa. I trasferimenti di carico sono importanti ma non mettono in crisi la tenuta di strada e anche in percorrenza la stabilità è buona.

Il motore Triumph ha tutt’altro carattere e come tutti i triple è caratterizzato dal sound piacevolmente ringhioso: seppur ottimizzato per la tipologia di moto, non nasconde le sue discendenze sportive. Sa allungare tanto, e ama essere strapazzato con cambi marcia ad elevati regimi e scalate repentine. E non preoccupatevi: la meccanica sembra non subire i maltrattamenti; i passaggi di marcia avvengono senza impuntamenti e le perdite di giri sono minime. Con tutto questo, il triple inglese sa anche farsi amare se guidato in relax, mettendo in mostra medi regimi tonici che permettono pochi cambi marcia.

Forcella e mono, interamente regolabili e firmati WP, hanno una taratura piuttosto sostenuta (soprattutto nella seconda parte della corsa): i trasferimenti di carico sono poco evidenti e non sporcano la pulizia delle traiettorie. Anche ad elevata velocità il beccheggio è quasi nullo, pure a pieno carico.

Anche fuori

Tutto questo, la staccata, l’allungo e la piega, queste due moto sanno farlo. Ma quando l’asfalto finisce? Le dimensioni sono importanti ma, comunque, ancora “umane”. Questo le rende in grado di muoversi nel fuoristrada non estremo senza problemi. Un po’ di attenzione all’altezza da terra (860 mm da suolo, con la Triumph che può scendere a 840 mm) e al peso non proprio contenuto, ma basta un po’ di fiducia per andar sereni. Le sospensioni di entrambe copiano senza problemi le asperità, con un vantaggio per la BMW: quella taratura che su asfalto sembra va morbida, permette ora di “mangiare il sasso” con più facilità. L’ergonomia è ottima, soprattutto sulla BMW, che si avvantaggia di un manubrio molto largo che aiuta nelle manovre più ardite e dove occorre un po’ di braccio di leva. Nonostante il peso più elevato, in fuoristrada la GS risulta più agile.

Il comfort

La bavarese offre un comfort davvero elevato: la sella è leggermente incavata ma le sovrastrutture sono avvolgenti e non troppo incombenti. Le pedane si trovano ad una giusta distanza dal piano di seduta e anche in piedi non c’è quasi nulla ad intralciare il pilota (anche se i fianchi del serbatoio sono un po’ sporgenti). A bordo della Triumph si si sta altrettanto comodi ma il motore, nel traffico, esprime un calore eccessivo che lambisce la parte interna delle cosce e, soprattutto in città, crea fastidio. Le vibrazioni sono poco intense ma frequenti e diventano fastidiose solo ai regimi più alti, oltre i 7.000 giri. Sulla BMW la frequenza è minore, ma è maggiore l’intensità, già a partire dai medi.

Mondi lontani

I loro fanali a led guardano lontano, dicevamo, ma alla fine queste due moto interpretano il segmento delle crossover medie in modo del tutto differente. La Tiger è graffiante tra le curve, la GS si difende meglio in off-road. E anche a livello caratteriale, le divergenze non mancano: la Tiger ha un carattere più forte ed è più sanguigna, mentre la F 850 GS più addomesticata, più neutra. La tedesca infatti fa tutto bene e, di fatto, ha veri e propri punti di eccellenza. Nel traffico così come in viaggio offre tutto quello che si può desiderare: un motore generoso e un’ergonomia che permette di affrontare serenamente anche le trasferte più impegnative.

La lista di accessori è lunghissima e, a patto di non badare a spese, si può trasformare in una vera e propria globetrotter, attingendo sia dagli accessori (come borse e sovrastrutture), sia agli optional, con pacchetti già configurati studiati per incrementare la sicurezza attiva e il comfort. Lasciandosi tentare, tuttavia, il prezzo lievita in modo consistente: per un esemplare ben accessoriato si possono spendere anche più di 16.000 euro. La Triumph parte da un prezzo di acquisto più alto ma ha una dotazione elettronica pressoché onnicomprensiva, a cominciare dalle 5 mappature motore. Anche le finiture sono più curate: sulla BMW sono più numerosi i particolari sottotono e, inoltre, non ci spieghiamo la scelta di adottare una forcella non regolabile. L’ESA, opzionale, permette di intervenire solo sul precarico del mono e non cambia in modo sensibile il comportamento stradale della moto.