Prove della redazione
Husqvarna Svartpilen 801 VS Husqvarna Vitpilen 801: Test a Testa Dueruote #28
Non si può dire che siano troppo diverse, ma senz’altro sono originali nella proposta: le due naked Husqvarna coniugano una linea unica a un gran piacere di guida. Ma quale delle due si prende questo Test a Testa?
Quando nel 2013 KTM acquistò Husqvarna, si sprecarono le discussioni sulla sovrapposizione delle rispettive gamme off-road. In realtà, però, Husqvarna serviva a KTM soprattutto per uscire dal dogma del “Ready To Race”, di cui Mattighofen era un po’ prigioniera. Lo si è visto quando sono apparse le prime Husqvarna stradali, le nude Vitpilen e Svartpilen 401 seguite a breve dalle più ambiziose 701.
Né classiche né moderne, né turistiche né sportive, la Svartpilen (“freccia nera”) e la Vitpilen (“freccia bianca”) tracciarono una direzione completamente nuova. Una direzione che KTM non aveva mai potuto prendere, tanto dal punto di vista stilistico quanto dal punto di vista della guida. Fecero molto parlare di sé, ma pagarono il fatto di essere insieme innovative, monocilindriche e costose quanto e più di molte concorrenti a 2 o 3 cilindri.
Svartpilen 801 e Vitpilen 801: finalmente bicilindriche
Dopo una pausa di riflessione, la Svartpilen e la Vitpilen sono tornate in una incarnazione meno fuori dagli schemi. Sempre naked, sempre originali nella linea ma mosse dal più versatile motore LC8c da 799 cc; e sempre molto ben costruite, ma (dopo le recenti vicissitudini del Gruppo KTM) riposizionate nel prezzo ora decisamente interessante: 11.150 euro f.c. per entrambi i modelli, offerti nella versione da 70 kW (95 CV) dimezzabili a 35 kW per chi possiede la patente A2. Mettiamoci anche il fatto che la Vitpilen 801 adotta, al posto dei semimanubri della 701, un più adeguato manubrio alto e dritto, e otteniamo una proposta decisamente più centrata.
Le due naked Husqvarna diventano insomma un po’ meno atipiche: la base tecnica è sempre quella della KTM Duke 790, ma le differenze non sono soltanto “cosmetiche”, perché il feeling di queste due moto è davvero molto diverso da quello della cugina orange. E questo, per tornare all’inizio del discorso, perché loro possono scrivere sul serbatoio “For Pioneers” – per i pionieri – al posto di “Ready To Race”.
Detto questo, quali sono le differenze tra i due modelli? Non molte, ma si fanno sentire. Al di là della livrea – nera per la Svartpilen, grigio metallizzato per la Vitpilen, che c’è anche gialla – cambiano il manubrio (con traversino e leggermente più alto per la Svart), il faro (con l’originale anello luminoso sospeso sulla Vit), le coperture (Pirelli MT 60 RS semitassellate per la Svart, Michelin Road 6 per la Vit) e pochi dettagli come la sella, con costolature in stile off-road per la Svart, che ha anche una piastra paramotore al posto del puntale della Vit e convogliatori diversi ai lati del radiatore.
Naked stradali con componentistica made in Europe
Niente di sostanziale insomma, se consideriamo che sulle 701 c’erano una ruota anteriore da 18” per la Svart e i semimanubri per la Vit. Qua invece la ricetta è sostanzialmente identica, ma il sapore riesce ad essere diverso: per cui ha senso porsi la domanda di quale sia la nostra preferita in un Test a Testa.
Anche perché sono moto che come abbiamo detto restano un po’ al di fuori dagli schemi: non sono supersportive come una 790 Duke o una Tuono 660, sono più ricche di dotazioni rispetto alle medie giapponesi come la Hornet 750 o la MT-07 e molto più curate e personali della concorrenza cinese. Forse l’unica concorrente che potremmo mettere sullo stesso piano è la Ducati Monster,che ha però qualche stagione sulle spalle.
Parliamo infatti di due moto europee premium, con poco spazio a componenti asiatici: le sospensioni sono WP, i freni J.Juan, l’ABS di Bosch, i corpi farfallati Dellorto. Certo, il motore KTM 790 è assemblato in Cina da CFMOTO; ma vanta soluzioni che al momento i cinesi non impiegano: una impeccabile gestione RBW, pregiati trattamenti DLC, pistoni forgiati box-in-box, due contralberi, carter semi-secco, condotti di aspirazione separati per evitare interferenze fluidodinamiche, frizione anti-saltellamento, ultime tre marce con dentatura pallinata, eccetera.
La ricetta austriaca: motore LC8c, ciclistica leggera, elettronica ricca
Il compatto twin parallelo LC8c, fasato a 285° per ragioni di equilibratura e per richiamare il V75° della serie LC8, svolge inoltre funzione portante all’interno del telaio in acciaio. Le sospensioni sono WP APEX, regolabili a mano con soli 5 click per semplificare le cose, escursione anteriore di 140 mm e di 150 mm al posteriore, dove il mono è montato senza leveraggi. Le ruote, in lega da 17” su entrambi i modelli, calzano generose coperture da 120/70 e 180/55.
Ricca come anticipato la dotazione elettronica, con ABS multimappa (nella modalità Supermoto è disattivo al posteriore) e cornering grazie alla piattaforma inerziale che sorveglia anche il controllo di trazione, RBW e riding mode, con un quarto mode Dynamic offerto come accessorio (399 euro) che consente di regolare più di fino i controlli (9 livelli) e aggiunge il controllo di impennata. Il quickshifter è di serie sulla versione da 105 CV, mentre sulle “L” depotenziabili è offerto a 352 euro. Il display da 5”, non grandissimo ma molto chiaro nelle informazioni (KTM è fra le Case più attive nello studio dell’interfaccia) offre la connettività a smartphone e lo si gestisce facilmente con 4 tasti nel bracciale sinistro.
Svartpilen e Vitpilen: saltiamo in sella!
C’è insomma tanto bendidio, celato in un’estetica “understatement” che fa ben poco per dare nell’occhio (a meno che non optiate per la Vitpilen gialla), ma riesce comunque a farsi notare: soprattutto la sagoma argentata della Vitpilen attira gli sguardi al passaggio, pur se la tonalità di scarico del twin da 95 CV (70 kW) a 9.250 giri e 87 Nm di coppia a 8.000 giri è decisamente morigerata.
Inevitabilmente, le prime differenze si apprezzano in sella. La posizione è piuttosto accogliente per entrambe, con la sella a 820 mm e una bella impugnatura del manubrio, che sulla Vitpilen è largo, ma non larghissimo, e dritto mentre sulla Svartpilen è più ampio e ha il traversino. Ne consegue una postura eretta sulla Svart e con il busto appena inclinato in avanti sulla Vit, posizioni non estreme e piuttosto comode, con le pedane sotto il piano sella e le ginocchia non troppo angolate, pur con una buona luce a terra in piega.
Se il pilota è accolto molto confortevolmente, lo stesso non si può dire del secondo: l’interasse super-compatta di 1.388 mm e lo stile con la coda corta impongono delle scelte, e lo strapuntino senza appigli riservato al passeggero rende entrambe le moto più raccomandabili per un uso in solitaria che per le coppie.
Una guida stradale da leccarsi i baffi
Si tratta peraltro di due moto pensate per godersi la guida su tratte brevi e medie, con 14 litri di benzina nel serbatoio (consumi medi attorno ai 20 km/l) e scarsa protezione dall’aria, con il casco e il busto completamente esposti. Non sono certo modelli fatti per macinare autostrada, ma c’è da dire che il confort generale su queste due Husqvarna è di livello: il motore non vibra, se non alle pedane e ad alti regimi di rotazione, e non scalda molto, la sella è giustamente imbottita e la postura è valida per un’ampia gamma di taglie.
Il motore LC8c in questa incarnazione ci è molto piaciuto e ci è parso perfettamente centrato: sportivo ma non estremo, ha una bella elasticità e la giusta grinta senza mai risultare brusco, neppure in mappa Sport o Dynamic. Precisissimo nella risposta al comando del gas, è reattivo il giusto e più morbido di come ce lo ricordavamo sulla 790 Duke. Sulle Husky scala il contagiri senza rabbia, stemperando la sua verve attorno ai 9.000 giri dove si arriva non troppo spesso vista la qualità del comparto trasmissione, dove il quickshifter è davvero da riferimento: sempre morbido, mai un’esitazione e solo dolcezza di innesto in qualunque condizione, tanto andando a spasso quanto nella guida d’attacco.
Dal punto di vista dinamico, molte delle cose che si possono dire sono simili per entrambe le moto. Nonostante L’interasse ben sotto i 1.400 mm e l’avancorsa di soli 97,9 mm, sono solidissime in curva, anche nei curvoni veloci dove trasmettono assoluta confidenza, grazie probabilmente anche all’ammortizzatore di sterzo (sempre WP). Nel misto stretto richiedono un po’ di lavoro del corpo per scendere in piega, e sono moto soprattutto omogenee: non rapidissime nell’ingresso, sono in compenso veloci senza risultare nervose, grazie anche a un comparto sospensioni ottimamente tarato, che concilia un buon sostegno a un confort quasi sorprendente sulle asperità stradali.
Cuore o ragione? Il nostro vincitore è...
Con un peso di circa 190 kg in ordine di marcia, le due naked Husqvarna sono moto che dà grande piacere guidare in strada, dove risultano poco faticose a qualunque andatura. Certo, non sono orientate alla guida estrema in pista: in curva vanno un po’ tirate, l’impianto J.Juan non è fatto per la staccata dell’ultimo metro e il motore non ha quella rabbia Ready to Race di altre creature di Mattighofen; ma proprio per questo la Vitpilen e la Svartpilen le guidi a lungo e volentieri.
Noi troviamo la Vitpilen davvero fascinosa, mentre la Svartpilen è una proposta un po’ più “vista”; per questo, nonostante nel complesso la Svart sia un po’ più azzeccata alla guida, dove il differente manubrio permette di controllarla in modo ancora più intuitivo nel misto stretto, per ragioni puramente irrazionali, ma assolutamente motociclistiche, in questo Test a Testa preferiamo premiare la Vitpilen: originale, intrigante e comunque bella da guidare: magari uno zic meno efficace della sorella, ma capace di far girare la testa. Una moto con cui, come vuole la tradizione Husqvarna, è bello sentirsi un po’ pionieri ed esplorare nuove strade.












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