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Test a Testa #12 - Aprilia RS 660 Extrema vs Triumph Daytona 660 +VIDEO+
In comune hanno la cilindrata e la declinazione sportiva stradale, ma la Aprilia RS 660 Extrema e la Triumph Daytona 660 sono diverse in tutto, dalle geometrie al motore. Vediamo a quale delle due va la nostra preferenza in questo Test a Testa!
Traiettorie opposte per queste due sportive stradali europee: Aprilia ha lanciato la piattaforma 660 proprio attraverso la RS per poi derivare la Tuono e la Tuareg, mentre Triumph è partita dalla Trident per poi aggiungere la Tiger Sport e solo alla fine la Daytona. O di qua o di là, di fatto però si presentano oggi nel segmento delle sportive medie avendo in comune la cilindrata, la misura delle gomme e poco altro; perché Aprilia ha due cilindri e Triumph tre, Aprilia ha il telaio in alluminio e Triumph in acciaio; Aprilia ha sospensioni KYB regolabili e freni Brembo e Triumph sospensioni Showa non regolabili e freni Nissin; Aprilia ha la piattaforma inerziale e la suite APRC completa, con tanto di quickshifter di serie; Triumph ha il RBW, le mappe e il controllo di trazione, ma con le possibilità di regolazione ridotte al minimo. E anche le quote ciclistiche sono, come vedremo, quasi all’opposto.
Triumph Daytona 660
La Daytona, presentata pochi mesi fa, segue la ricetta classica della sportiva derivata da una naked: motore più potente (+17% e +9% di coppia) grazie all’arrivo di pistoni forgiati, nuovo scarico 3-in-1 con terminale sotto la carena e un’accordatura più sportiva. I CV sono 95 a 11.250 giri, con il limitatore posto a 12.650 giri; la coppia è di 69 Nm di cui l’80% è già disponibile da circa 3.000 giri: la curva di coppia è infatti particolarmente piatta come in tutte le ultime realizzazioni inglesi, per quanto le doti di allungo siano state irrobustite rispetto alle altre 660. La gestione Ride-by-Wire si arricchisce di un terzo riding mode, Sport, accanto a Rain e Road. Di serie il controllo di trazione regolabile e la frizione antisaltellamento, mentre il quickshifter bidirezionale è in opzione e purtroppo non è montato sul nostro esemplare. La ciclistica conta su un telaio perimetrale in acciaio e sospensioni Showa non regolabili. Pur se il telaio appare identico a quello della Trident, le quote sono sensibilmente diverse: l’interasse cresce da 1401 mm a 1.425,6 mm pur con lo stesso forcellone ricurvo sul lato destro, mentre l’avancorsa scende da 107,3 mm ad appena 82,3 mm per effetto di una forcella SFF-BP molto più “in piedi”. Le ruote a 5 razze montano pinze Nissin radiali, tubi in treccia e dischi da 310 mm sorvegliati da un ABS Continental; le gomme sono Michelin Power 6 di ultima generazione, ma sul nostro esemplare avevamo un treno di Pirelli Diablo Rosso IV per fare il confronto a parità di coperture con l’Aprilia. Il peso in ordine di marcia è di 201 kg, con tutti i 14 litri di carburante nel serbatoio, e la sella è posta a 810 mm di altezza, con due semimanubri non molto bassi, ma montati piuttosto stretti e chiusi. Il cruscotto è misto LCD-TFT con connettività MyTriumph. Il tutto offerto a 9.795 euro f.c.
Aprilia RS660 Extrema
La RS 660 Extrema, arrivata nel 2022, è la versione più raffinata della sportiva più venduta in Europa, nata per celebrare i primi successi Aprilia in MotoGP. La base è quella di una moto nata per coniugare sfruttabilità su strada ed efficacia in pista, basata sul bicilindrico parallelo bialbero derivato dal V4 1100 di Noale, sfruttato con funzione portante dal telaio perimetrale e dal forcellone imperniato nel carter. Alesaggio 81 mm, corsa 63,9 mm e imbiellaggio a 270°. La potenza è di 100 CV a 10.500 giri con 67 Nm di coppia a 8.500 giri; in questo caso l’80% della coppia massima si ha a 4.000 giri. Il telaio è in alluminio, con due parti speculari pressofuse e imbullonate che non collegano cannotto e perno forcellone visto che il motore è portante, e il forcellone (pressofuso in alluminio) è infulcrato nel carter, con il monoammortizzatore che lavora senza interposizione di leveraggi. Il pacchetto sospensioni è KYB, con entrambe le unità regolabili. Notiamo che Aprilia ha fatto scelte ciclistiche in direzione opposta a Triumph, con un interasse cortissimo (appena 1.370 mm contro i 1.425,6 mm della Daytona 660) e un’avancorsa relativamente generosa di 104,6 mm (contro 82,3 mm). La sella è qui a 820 mm. Identiche le misure delle gomme, 120/70-17 e 180/55-17, con Pirelli Diablo Rosso IV. La gestione elettronica è ormai da molti anni uno dei punti di forza di tutte le Aprilia. La RS 660 monta Ride-By-Wire e ausili multimappa e cornering grazie alla presenza di una piattaforma inerziale a 6 assi: la suite APRC comprende controllo di trazione, controllo di impennata, controllo freno motore, mappe motore, cruise control e 5 Riding mode (Road e Track, 3 fissi e 2 personalizzabili) cui si aggiunge, sulla Extrema, il software per rovesciare il comando del cambio, dotato di serie del quickshifter. Il cruscotto è un full TFT con connettività a smartphone.
Quel che la Extrema aggiunge, lo fa per togliere: per togliere peso. Lo scarico SC Project con uscita laterale è più leggero di quello standard sotto al motore, così come lo sono il parafango anteriore e il puntale in carbonio. Il peso scende così al livello record di 180 kg in ordine di marcia, che abbiamo verificato sulla nostra bilancia (181 kg) come pure quello della Triumph. Dotazioni e leggerezza hanno un prezzo, perché la RS 660 Extrema costa 13.499 euro f.c., circa 3.500 euro più della Daytona; ma accontentandosi – si fa per dire – della RS 660 standard si spendono 11.699 euro e la differenza rispetto all’inglese scende a meno di 2.000 euro, valore interessante alla luce delle dotazioni più ricche.
Test a testa Aprilia RS 660 Extrema vs Triumph Daytona 660: in pista
Abbiamo insomma due moto che in comune hanno la cilindrata, la misura delle ruote e poco altro. La tecnologia del telaio, le quote geometriche, il frazionamento del motore, il pacchetto sospensioni, l’elettronica a disposizione sono radicalmente diverse tra la RS 660 e la Daytona 660. Come si comportano allora le due moto alla prova dei fatti? Vediamo. A tirar su dal cavalletto non diresti che la Triumph pesa 20 kg in più dell’Aprilia.
L’ergonomia non è dissimile: la posizione di pedane e manubrio rispetto alla sella si somiglia. In entrambi i casi abbiamo una postura caricata ma non estrema, anche se l’Aprilia appare un po’ più puntata in avanti. Lai differenza la fanno però le sovrastrutture, perché sulla RS 660 la sensazione è quella di essere molto inseriti nel corpo moto, mentre sulla Daytona è tutto un po’ più “lontano”: i fianchi della carena, il plexi, la sagoma del serbatoio: la sensazione è quindi più da moto stradale e meno da race replica.
Dentro la prima e via, il feeling nei primi giri è subito molto diverso. Entrambe danno una bella fiducia – aiutate anche dalle Diablo Rosso IV e da un asfalto caldissimo e molto adesivo – e permettono di aggredire la nostra pista di Vairano fin dai primi giri, ma con delle differenze. Nel caso di Triumph il motore aiuta subito tanto, con un bell’allungo e una grande elasticità che lo rende bel sfruttabile, anche in pista, in un range bello ampio, diciamo dai 7.000 ai 12.000 giri. Qui il triple mostra tutte le sue virtù, tirando fuori di curva anche se la marcia non è quella ideale. Il twin della RS 660, invece, ha una bella schiena da bicilindrico ma pecca, come ormai sappiamo, in allungo: e più che un peccato in sé, il fatto è che il limitatore interviene molto bruscamente dopo una fase in cui il motore manifesta un’erogazione davvero esplosiva, che porta dagli 8.000 ai 10.500 giri in un istante. Bisogna quindi tenere il rapporto giusto in uscita di curva ed essere pronti a mettere la marcia prima che intervenga il limitatore, quando a orecchio si potrebbe pensare di avere altri 1.000 giri buoni. L’Aprilia richiede quindi una guida più precisa, ma in cambio fa tanta strada.
Test a Testa Aprilia RS 660 Extrema vs Triumph Daytona 660: mondi lontani
L’Aprilia richiede anche di settare con attenzione l’elettronica, perché la suite APRC è ricca di possibilità e i controlli sono avvertibili: in particolare, nel riding mode “Dynamic” il settaggio di base del traction lo vede intervenire molto a moto inclinata, castrando l’accelerazione fuori dalle curve; è facile entrare nel menu dei mode (basta tener premuto il tasto delle mappe) e ridurre l’intervento dei singoli controlli. Con i 100 cavalli a disposizione e un asfalto come quello di oggi, comunque, anche chi non è un “pro” può fidarsi a mettere i controlli al minimo e divertirsi a guidare. Anche perché la ciclistica Aprilia fa veramente un gran lavoro nel mettere a terra la potenza del motore. La moto trasmette subito una gran solidità all’avantreno, dove la coppia di freni Brembo assicura staccate decise non tanto per la maggior potenza frenante rispetto ai Nissin della Daytona, quanto per il maggior sostegno della forcella KYB regolabile.
Le unità Showa montate dalla Triumph appaiono infatti meno adatte alle sollecitazioni della pista, in particolare la forcella SFF-BP che affonda molto in frenata e tende a risalire un po’ troppo presto, rendendo più vago il feeling dell’avantreno in accelerazione. Peccato, perché come ormai sappiamo bene, il triple è poi un vero piacere per come accompagna da una curva all’altra – pur in assenza del quickshifter che purtroppo non avevamo a disposizione. Il controllo di trazione non cornering della Triumph non è troppo invasivo, e per chi è più lesto a dar gas è comunque disattivabile. La Daytona è un bell’attrezzo in uscita di curva, sia per il contrappunto sonoro del tre cilindri che per la sua spinta fluida e prolungata; è come detto un po’ meno precisa nel tenere la linea, e anche nel prendere la corda alla curva successiva.
Nei cambi di direzione entrambe le moto si comportano bene, con l’Aprilia un po’ più rapida grazie al peso ridotto e all’avantreno più solido, ma che gradisce una guida di corpo. La Triumph è più leggera in manovra, probabilmente per effetto della mini-avancorsa; ma alzando il ritmo questa leggerezza si tramuta in una minor sensazione di solidità e, di nuovo, precisione. In sostanza, l’Aprilia è una moto più tecnica, un po’ meno amichevole sulle prime ma che si esalta con l’aumentare del ritmo; la Triumph è più amichevole sulle prime, ma mostra un po’ il fianco quando la velocità cresce, principalmente per effetto di dotazioni un po’ meno raffinate in particolare al comparto sospensioni, visto che in pista dei controlli si può anche fare a meno.
Test a Testa Aprilia RS 660 Extrema vs Triumph Daytona 660: su strada
Su strada le sensazioni sono diluite e i valori in campo si avvicinano, ma le differenze restano bene in evidenza. L’inglese è un po’ più stradale, più accogliente soprattutto per l’eventuale passeggero, ha un motore meraviglioso ma anche sospensioni dalla risposta un po’ secca. L’italiana, a sostanziale parità di ergonomia e protezione aerodinamica, ha un motore meno elastico ma con una grandissima schiena e comunque molto piacevole su strada; peraltro consuma anche meno, arrivando tranquillamente a far segnare 22-23 km/l mentre la Daytona si attesta sui 20-21 km/l nell’uso normale.
La componentistica più raffinata della RS 660 si fa comunque notare anche in strada, in particolare le sospensioni KYB che, pur fornendo un bel sostegno in pista, sono anche più brave ad assorbire le piccole imperfezioni stradali, arrivando più di rado al fondo corsa. Per quanto non indispensabile, fa anche piacere poter personalizzare i riding mode e passare in un attimo dal “tutto spento” della pista al “Commute” per tornare a casa passeggiando. Per quanto riguarda i freni, di potenza ce n’è d’avanzo su entrambe e la modulabilità è buona.
Test a Testa Aprilia RS 660 Extrema vs Triumph Daytona 660: conclusioni
Tiriamo le somme? Riuscendo a stare sotto la soglia dei 10.000 euro, la Daytona ha sicuramente un vantaggio “psicologico” importante. Peraltro questi soldi li vale, perché è divertente e il triple è sempre un gran bel motore. Ma la RS 660 è una ciambella perfettamente riuscita, quasi altrettanto comoda su strada e molto più coinvolgente in pista. Costa di più, ma offre davvero molto di più a chi la vuole sfruttare fino in fondo. La Extrema con le sue chicche è una moto da amatori, ma la RS 660 base comunque vincerebbe se teniamo conto della sua efficacia in pista.
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