Così. Dopo decine di migliaia di chilometri in circuito, Alessandro Valia, capo dei collaudatori Ducati, rientra ai box, fa un cenno con il pollice al team di ingegneri del Progetto Panigale V4 e via: le ultime formalità. I tecnici si scambiano un cenno, con quella felicità austera da ingegneri, e mettono la firma finale sulla scheda di valutazione. Sì, hanno trovato tutti i cavalli che servivano, 215, e affinato l’elettronica.

La rinnovata hypersport bolognese, con le sue alette e tutti i chip ipertrofizzati per interpretare dati in tempo praticamente reale (ammesso che i millesimi di secondo siano reali), prende la strada della produzione. Video teaser, cartelle stampa, applausi degli addetti ai lavori davanti alle prime immagini e ai dati reali e schiera di moto nei box di Jerez de la Frontera.

Poi arrivo io. Con la mia tuta, le mie certezze vacillanti quando sento i numeri che il V4 è in grado di sprigionare anche solo trottando a regime da battello fluviale.

La Panigale V4 fa parte di quelle moto che hanno un che di divino. Sono l’armatura di Achille, roba che poco si addice a un Federico qualunque. Non è nemmeno più questione di esperienza, di manico, di sensibilità. È una faccenda fisica, di allenamento, come una Samantha Cristoforetti che si appresta a prendere il comando della stazione internazionale in orbita attorno alla Terra e sta mesi a farsi centrifugare in qualche segretissima sala del centro di addestramento per superpersone. Questo pensavo prima di abbandonarmi a lei.

Sbagliavo. Già, perché la Panigale V4 S 2022 è la parente educata della prima hypersport bolognese con il quattro cilindri a V, quella del 2018 per intenderci. Sotto la sella ci sono più cavalli, ma l’impressione è tutt’altra. Innanzitutto la posizione di guida: gli uomini Ducati hanno lavorato sodo per ammaestrare la bestia, lavorando di fino sul rapporto uomo-macchina. Il serbatoio è ben più sottile di prima, anche se contiene un litro in più di carburante: c’è spazio per muoversi, per stringere la moto fra le gambe e anche per sgranchirsi un po’, pungesse vaghezza di…

Poi la sella: piatta, quasi accogliente. Il manubrio largo lo era già, solo che ora tutta l’ergonomia è più amichevole e la sensazione di avere la situazione in pugno non si perde nemmeno quando ci si lancia alla “speraindio” nelle curve più arrotolate.

L’abbiamo provata a Jerez dove in effetti, tolto un po’ di Helter Skelter nei tornantini più infidi, è tutta questione di appendersi al gas nel punto giusto. Quindi, quasi sempre. Allora sì che si inizia a ringraziare l’elettronica (che tramite la nuova strumentazione ti dice esattamente e in tempo reale su quale controllo sta intervenendo) e le rinnovate sospensioni.

Dietro hanno spostato il pivot del forcellone di 4 mm. Serve a far lavorare meglio il mono, soprattutto in trazione, quindi quando si srotola la manopola destra. Davanti c’è una forcella tutta nuova, sempre Öhlins ma pressurizzata. Il controllo è elettronico (escludibile) e rispetto alla precedente V4 S ci sono 5 mm di corsa in più (125 anziché 120 mm) e ma soprattutto molle un po’ più morbide. Significa che gli affondamenti in staccata sono più controllati e graduali. Braccia e spalle, alla lunga, ringraziano. E pure il piacere di guida e l’efficacia ne traggono sontuoso beneficio.

Poi c’è il motore: un paio di cavalli in più, non si sa mai, e un allungo a tempo indeterminato, ma di quelli veri. Brooooom e non finisce più di spingere. Aiuta anche il cambio, che è più veloce e preciso di prima e la rapportatura, praticamente tutta nuova.

Insomma, c’è di che sbizzarrirsi. Nelle curve ad ampio raggio si veleggia con il gas in mano a velocità e angoli di piega che quando te lo dicono non ci credi. Eppure ci sei tu, a cavallo di una rossa che ha le potenzialità per farti perdere la testa e ti gongoli nella piacevole sensazione di avere tutto sotto controllo. Mentre come sempre accade con le donne, è lei che controlla i giochi. Il fatto è che lo fa lasciando una libertà di azione davvero da coppia aperta: sei lì, con lei, e fai tutto ciò che vuoi senza la (comunque sempre sgradevole) sensazione che la tua vita sia appesa a un filo ben teso.

La pista è il suo regno, ma comunque, in fin dei conti, uno la Panigale 2022 se la potrebbe comprare anche solo per guardarsela prima di andare a dormire. La mette lì, fra il caminetto e il gatto, e se la accarezza prima di coricarsi. Molto meglio che guardare il soffitto o contare le pecore. Solo che alla tentazione di sentire borbottare il V4 non si può rinunciare, se si ha un minimo di sensibilità motoristica. Allora, anche per non bruciare il gatto o attizzare troppo il camino, meglio metterla in strada – o ancor meglio in pista – e abbandonarsi a lei.

Fidatevi, io non ho fatto un mese nel Moulinex spaziale. Non ho nemmeno preparato nessuna maratona: ho preso una Panigale V4 2022, quella con 215 e rotti cavalli e mi sono abbandonato al puro piacere di guidarla. E lei me lo ha permesso.