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Triumph Spirit of 59: buon compleanno Bonnie

Alfredo Verdicchio il 02/05/2018 in Anteprime

Nel 1959 nacque la Triumph Bonneville, una moto da sparo, per quei tempi. Per festeggiare i suoi 59 anni, Triumph ci ha portati tra le strade dell'entroterra senese. Ne abbiamo approfittato per risalire in sella alle cafe di famiglia, la Street Cup e la Thruxton 1200

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A Triumph piace festeggiare. E non potrebbe essere altrimenti: quando alle spalle si ha una storia lunga 116 anni, di spunti per sedersi tutti intorno a un camino ce ne sono a secchiate.
Così, ogni anno torna buono per ricordare un evento, una nascita, un record, una vittoria, una sconfitta, un colore. O anche semplicemente un’occasione per incontrarsi, scambiare due chiacchiere parlando di moto, di stile (inglese, of course) e del piacere di godersi quel che c’è di buono, vivendo non sempre e per forza a manetta. Con il claim Spirit of 59, quest’anno la casa inglese ci ha tenuto tanto a celebrare il 1959, anno in cui nacque la Bonneville.

Un piacere che non tramonta mai

Per noi è stata l’occasione di risalire in sella a tutta la famiglia Classic e riapprezzare soprattutto la Street Cup e la Thruxton 1200, le due cafe racer dal cuore moderno e dal gusto deciso. La 900 da una parte e la 1200 dall’altra le abbiamo vissute in parallelo, come se fossero le due facce della stessa medaglia.

A unirle, infatti, è l’amore per quell’idea romantica delle "corse attorno al bar", quella più artigianale, fatte di moto semplici, non elaborate, dove è sì il mezzo che conta, ma anche e soprattutto il pilota. O ancora meglio, il coraggio di chi le guidava, di chi era pronto a portarle a spingerle al massimo per vivere l’adrenalina della velocità, dell’aria nei capelli, dell’asfalto che corre via da sotto i piedi a velocità ai tempi esagerate.

Motori che all'epoca erano gioie e dolori: ti sporcavano i pantaloni, si rompevano sul più bello, si scarburavano ma, quando erano in buona, ti rendevano il più felice di tutti.

Vuoi per la sicurezza, vuoi per inquinare meno, vuoi per rendersi accattivante agli occhi di un pubblico meno specialistico, oggi tutto è filtrato dall’elettronica, tutto gira come un orologio svizzero e così ci si aggrappa a quei difettucci che ora ne definiscono la personalità, specie di moto come queste classic inglesi, che si rifanno ai fasti di un tempo ma senza quei problemi lì.

Così il design stimola la vista, al tatto ci pensano le belle verniciature e le superfici satinate di alcuni dettagli, mentre a stuzzicare la libido, e a farti innamorare di questi moderni remake, ci pensa il binomio sound-coppia motrice, che con il loro andare a braccetto ad ogni apertura di gas regalano un piacere di guida genuino. Non estremo come quello di certe streetfighter da 160 CV, ma più umano e godibile, di quelli che poi, alla fine della giornata, ti fanno capire che per divertirsi non è sempre necessario cercare l’eccesso.

Basta poco

Perché ci si può sentire vivi anche passeggiando, stando seduti a fissare un panorama e ancora sentirsi padroni – e non in balia – della situazione e del mezzo. Proprio come quando si sta in sella alla Street Cup e alla Thruxton 1200, con posizioni di guida aggressive ma per nulla stancanti, piacevoli e di compagnia quando si va via con un filo di gas e rassicuranti e comunicative quando, all’opposto, si vuole dare sfogo ai motori, bicilindrici paralleli gustosi, forti e gentili ai bassi e ai medi regimi (quelli che per davvero contano su strada), e poco avvezzi a bazzicare i piani alti del contagiri: quando gli si tira il collo, infatti, entrambi i motori non “salgono” e la voce si fa solo leggermente metallica, mantenendo quel bel tono basso e corposo, perfettamente in linea con il carattere delle moto.

Qui a farla da padrona è la coppia motrice erogata ai bassi regimi: le schede tecniche dicono 80 Nm a 3.230 giri per la Street Cup e 112 Nm a 4.950 giri per la Thruxton 1200.

Certo, la Thruxton 1200 pesa di più, è corpulenta e ha un baricentro più alto rispetto alla Street Cup, ma le caratteristiche salienti sono in comune: le ciclistiche sono solide, equilibrate, capaci di mettere a proprio agio motociclisti di qualsiasi livello su qualsiasi tipo di “tracciato”, e proporzionate alle potenze in gioco, rispettivamente 97 e 55 CV.

Entrambe le moto sono ben piantate a terra sul veloce, belle progressive nello scendere in piega e discretamente svelte nei cambi di direzione. Le sospensioni fanno il loro, contribuendo sia al comfort di marcia copiando le imperfezioni dell’asfalto sia al piacere di guida, garantendo il giusto sostegno in frenata e in accelerazione con trasferimenti di carico poco accentuati. A caratterizzare la Street Cup rispetto alla sorella Street Twin, oltre al look e alla seduta allungata sul serbatoio, sono anche le quote ciclistiche più svelte, una sella più alta da terra e un’erogazione leggermente più vuota sotto, per poi regalare più pepe dai 4.000 giri in poi. Per quanto riguarda la Thruxton, invece, per fruibilità e comunicatività in generale la versione standard è preferibile alla R, riconoscibile per le finiture più alte e, soprattutto, per le sospensioni Öhlins e le pinze freno anteriori ad attacco radiale Brembo, componenti specialistici che danno il proprio contributo in situazioni specifiche, ma che nell’uso normale tendono a ridurre il feeling di guida.

Sia la forcella sia i due ammortizzatori “griffati” sono perfetti per un uso spinto (anche in pista) ma troppo rigidi e su asfalti sconnessi: tendono a far rimbalzare la moto e a rendere la guida meno fluida. Anche le pinze Brembo della R sono fin troppo aggressive rispetto al sistema tradizionale, che non avrà la stessa forza, ma piace di più quanto a dosabilità, specie nel primo tratto d’azione.
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