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Il male oscuro

il 06/05/2002 in Motogp

La Yamaha M1 non va. Questo sembra scontato. E a farne le spese è Max Biaggi, costretto a cocenti delusioni e a difendersi per colpe che non ha

Il male oscuro
dopo le prove è preoccupato...

di Marco Masetti


E tutti a chiedersi: cosa farà Biaggi? Ducati, Aprilia, BMW, Frecce Tricolori, Roma, oppure il passaggio alla carriera politica o al mondo della fiction televisiva? E' un male della nostra epoca: si chiama fuga dalla realtà. Non è colpa di Max, lui è un pilota e cerca di fare al meglio il suo mestiere, ma del "mondo" (dei media, in particolare), votato al successo, che non accetta la realtà, ma inventa subito più o meno eccitanti vie di fuga.


E la realtà ha una faccia brutta, come quella di un risveglio dopo una notte di bagordi e stravizi. Punti in classifica pochi, meno di quelli raccolti da Laconi con la acerba Aprilia Cube, immagine in picchiata, fegato gonfio. Visto in giro per il paddock, Max sembra il solito, ma non è vero: si vede che non ne può più di ripetere la stessa storia, una litania (o un mantra, se preferite l'oriente) fatta di "aspettiamo qualcosa di nuovo", di "proveremo nuovi particolari in settimana", di "io sono sempre lo stesso pilota che ha voglia di vincere".


La realtà ha le dimensioni di una Yamaha Mission One, una macchina approssimativa che sembra uscita dall'officina di un preparatore artigiano e non dal reparto corse di una grande Casa motociclistica. Moto mediocre, che prende paga dalle 500 che avrebbe dovuto pensionare, ambiziosa solo nei pieghevoli distribuiti dalla Casa. Io che sono poco amante delle versioni ufficiali e delle fughe dalla realtà, ho fatto un'indagine, mettendo assieme tutti i cocci della M1 per arrivare ad un'accettabile versione.
Lo scorso anno, durante i test fatti da Biaggi e Checa a Brno, la M1 andava forte. Loro hanno sempre confermato. Anche per Shinya Nakano, che l'ha vista molto da vicino, il commento è identico: "Quella moto andava fortissimo". E allora, che cosa sono, tutti scemi? Una moto che va forte non può di colpo calare nelle prestazioni; a meno che…
Ecco che abbiamo scoperto l'arcano: quella moto andava forte, ma era molto fragile e alla Yamaha piaceva poco vedere le sue M1 ferme lungo la pista, quindi è corsa ai ripari, tornando indietro, come si dice in gergo. Ovvero, irrobustendo, semplificando, cercando di trasformare un fragile purosangue in un robusto cavallo da guerra. Con il risultato che il galoppo è sfiatato e che la moto non rompe (su questo ho qualche dubbio, visto che a Checa è successo il classico guasto da mille lire, quello tirato sempre in ballo dai tecnici e inventato, pare, da Enzo Ferrari in persona per coprire una più grave rottura capitata ad una sua F1 in gara). Questo l'ho scoperto parlando con i meccanici, gente che non crede alle favole e ai miracoli, agli slogan e alla comunicazione integrata. Loro sanno che seminando grano crescono le spighe e non le rose, loro sanno che la meccanica non è la moglie del meccanico e che 2+2 fa sempre 4. E hanno ragione loro, perché Biaggi ha meno punti di Laconi, perché tra la M1 e la Honda RC 211V c'è la differenza che passa tra il mio sinistro e quello di Maradona e che è inutile fuggire dalla realtà immaginando scenari fantastici.


Questo è un mondiale zoppo, con una Casa che ha instaurato una dittatura fatta di 5 Honda ai primi 5 posti e con Valentino che ha il solo difetto di non avere un rivale per il mondiale che non sia se stesso. La colpa non è di Rossi e nemmeno di Max, ma della leggerezza con la quale due costruttori (Yamaha e Suzuki) hanno affrontato il mondiale MotoGp. Doveva essere il mondiale della sfida tra le Case ed è diventato un monomarca Honda con un vincitore annunciato.

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