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I viaggi dei lettori

Coast to coast italiano

di Luca e Lucia il 27/06/2012 in I viaggi dei lettori

I nostri lettori si lanciano, ancora una volta, sulle strade della Penisola in sella al loro "cetaceo" Burgman 650. Ecco le pagine del loro diario di bordo, divertitevi a seguire la loro avventura e buon viaggio...

Coast to coast italiano
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Lui entra la sera e le fa: "Dobbiamo pensare che lui diventa grande; non è più il tempo che dove lo metti sta". Lei annuisce in silenzio, mentre cucina.
Lui continua baldanzoso: "Abbiamo il dovere di garantire una sistemazione adeguata e migliore per lui. Dobbiamo pensare a lui. Prima di tutto a lui!". Lei alza gli occhi e lo fissa taciturna.
"E poi che sarà mai un sacrificio quando lo si fa per lui". Lei gli chiede "Ma lui chi?".
Ogni certezza gli crolla e borbotta uscendo dalla cucina: "Il beauty".
Lei alza la voce per farsi sentire: "Cosa vuoi comprare?" Lui rientra: "Un Burgman". "Un pullman?". "No, non un pullman, un Burgman. E' uno scooter più grande.Un 650."
"E costerebbe?". "Poco". "Cioè? Ne rubi uno?". Ogni riferimento a persone e fatti realmente ecc. ecc...

 

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Lo compro e, quando lo porto a casa, mi soffermo a guardarlo in giardino. Così nero e lucente al sole del tramonto ricorda un cetaceo in un acquario. Chiamo fuori la Lucia per vederlo; lo guarda e mi fa:"Bello. Sembra Flipper, il delfino". Riconosco che sappiamo davvero cogliere l'essenza tecnologica delle cose.
E rieccoci qua, pronti per una seconda avventura, dopo quella del coast to coast all'italiana. Questa volta giochiamo pesante: destinazione Roma e i castelli romani e ritorno passando da Pescara e poi su per la costa adriatica. Mezza Italia su due ruote! Che robe! Più ci penso e più mi carico. Quasi quasi non ci dormo di notte dalla contentezza. Vaneggio anche di fare un corso di guida sicura, di iscrivermi a qualche club, che ne so, di avvisare National Geographic, di dirlo a Guido Meda.

Acquisto due borse laterali morbide belle grandi (il beauty fa la terza media ormai); stanno proprio bene sui fianchi del cetaceo, tanto aderenti da sembrare una cuffia invernale per le orecchie. O le gonadi di un'orca, dipende dai punti di vista. Mi invento persino di avvolgere il Tomtom con la pellicola trasparente da cucina e poi, facendone una caramella, di legarla al manubrio.
Ed eccoci, la Lucia ed io, il beauty con il compito per la vacanze, le due "cozze" interfono bluetooth che, finalmente domate, funzionano come si deve, un tomtom mummificato nel nylon e vestiti bastanti per aprire una bancarella a Porta Portese. Tutti quanti, come allegri personaggi di Walt Disney, a cavalcioni di un cetaceo sibilante.

Il viaggio è appena iniziato, seguiteci!

Coast to coast italiano

Lo scooter è comodissimo e facile da guidare; e così, pian pianino, arriviamo a Civitella Paganico in un bel resort dai simpatici proprietari che hanno due cani agitatissimi che corrono instancabili per ore e ore e credo che bevano Red Bull. Mi corico su uno sdraio all'ombra, rispondo ad un paio di messaggi e perdo conoscenza. E' ora di cena e la Lucia scalpita come un hooligan prima di un calcio di rigore: così vengo strappato al mio meritato sonnellino. Poche ore prima, poco prima di arrivare il nostro alloggio, avevamo adocchiato un cartellone indicante una sagra di paese, che peraltro io adoro, e così risaliamo il tratto percorso e raggiungiamo il paese di Pari. Tutto strapieno e gira che ti rigira l'unico posto che troviamo per parcheggiare è un piazzale che, a dispetto del nome del paese, Pari, è così in pendenza, ma così in pendenza che praticamente appendiamo lo scooter ad un chiodo.
Il borgo è tipico e bello come si deve per un borgo toscano di mattoni, fatto di belle stradine con i fiori alle finestre. In una piazzetta la gente sta occupando quasi tutti i tavoli e ci sediamo veloci con loro. Il menù gustoso come si può immaginare, ma poiché siamo lì, in piena Toscana, decidiamo per due belle bisteccone con patate. A metà del litro di rosso ci arrivano due fiorentine enormi: la mia, ben presto e dopo pochi bocconi, ha il sopravvento e mi prende a sberle; la Lucia, cintura nera di tavola apparecchiata, con bello stile ha invece la meglio sulla sua ed anche su quel resta della mia. Beviamo e scherziamo con i vicini di tavolo, loro ridono della nostra "esse" leggermente grossolana, noi della loro "ci" aspirata: "hantiamo una hanzone horta horta".
Poi la sorpresa: non eravamo seduti ai tavoli della sagra ma in una trattoria affacciata sulla stessa piazzetta che aveva tavoli quasi identici. Come è nostro solito ci siamo confusi: un po' come andare alla festa degli imbranati e sbagliare l'indirizzo! Pazienza, siamo fatti così: per niente abbattuti, stacchiamo lo scooter dal chiodo e buona notte.

Ma non finisce qua!

Coast to coast italiano
Lui entra la sera e le fa: "Dobbiamo pensare che lui diventa grande; non è più il tempo che dove lo metti sta". Lei annuisce in silenzio, mentre cucina.
Lui continua baldanzoso: "Abbiamo il dovere di garantire una sistemazione adeguata e migliore per lui. Dobbiamo pensare a lui. Prima di tutto a lui!". Lei alza gli occhi e lo fissa taciturna.
"E poi che sarà mai un sacrificio quando lo si fa per lui". Lei gli chiede "Ma lui chi?".
Ogni certezza gli crolla e borbotta uscendo dalla cucina: "Il beauty".
Lei alza la voce per farsi sentire: "Cosa vuoi comprare?" Lui rientra: "Un Burgman". "Un pullman?". "No, non un pullman, un Burgman. E' uno scooter più grande.Un 650."
"E costerebbe?". "Poco". "Cioè? Ne rubi uno?". Ogni riferimento a persone e fatti realmente ecc. ecc.
Lo compro e, quando lo porto a casa, mi soffermo a guardarlo in giardino. Così nero e lucente al sole del tramonto ricorda un cetaceo in un acquario. Chiamo fuori la Lucia per vederlo; lo guarda e mi fa:"Bello. Sembra Flipper, il delfino". Riconosco che sappiamo davvero cogliere l'essenza tecnologica delle cose.
E rieccoci qua, pronti per una seconda avventura, dopo quella del coast to coast all'italiana. Questa volta giochiamo pesante: destinazione Roma e i castelli romani e ritorno passando da Pescara e poi su per la costa adriatica. Mezza Italia su due ruote! Che robe! Più ci penso e più mi carico. Quasi quasi non ci dormo di notte dalla contentezza. Vaneggio anche di fare un corso di guida sicura, di iscrivermi a qualche club, che ne so, di avvisare National Geographic, di dirlo a Guido Meda.
Mattino di buon'ora si riparte: destinazione mare, e, per l'esattezza, l'Argentario ed una sua perla, Porto Santo Stefano, ci accoglie con un bel sole. Parcheggiamo vicino al porticciolo per un caffè. Dentro al locale ci saranno stati 80 gradi, e così mi prende un po' l'ansia di uscire quando sento la voce del barista che fa "che te dò Renà".
Guardo meglio l'uomo alto e trasandato, infilato in una tuta blu di acetilene, con dei capelli che parevano spazzolati con dei ciccioli e una bella panciotta compressa contro il bancone del bar. E' Renato Zero! Impedisco alla Lucia di fotografarlo e, dopo questa bella botta di Novella 2000, ce ne andiamo a scorrazzare un po' per la zona che è bellissima e incantevolmente profumata; poi ci capita di passare per Orbetello all'ora di punta e provo l'ebbrezza del mio primo ingorgo, incapace di svicolare lo scuter dal traffico, rischiamo di morire soffocati in coda.
Finalmente ce ne andiamo e raggiungiamo il lido di Tarquinia giusto in tempo per pranzare in uno stabilimento balneare. Il personale è così carino e gentile, e convincente, che, indovina indovina, mangio spaghetti alla vongole.
Ma l'emozione mi strozza il mollusco in gola: la prossima tappa sarà Roma!

Arriviamo a metà pomeriggio in un bell'albergo a pochi passi dal Quirinale, giusto il tempo di lasciare le borse, mettere il beauty a letto, dare due pesci al cetaceo parcheggiato, che trascino la Lucia a vedere uno degli spettacoli che, da soli, valgono il viaggio: il vespro serale dal piazzale del Quirinale guardando la cupola di San Pietro. Silenzio adesso, per qualche minuto. Cena nella trattoria dove a volte mi fermo quando scendo a Roma per lavoro, due passi per via Panisperna e a letto, domani sarà un giorno interamente pedonale.
Seguiamo un consiglio di un amico e con una eroica sveglia alle 5,30 camminiamo per Roma deserta: la fontana di Trevi che sembra più piccola, piazza Navona che è in incanto e infine, colazione a Campo de' Fiori. Poi cedo alla Lucia il piano della giornata con due sole clausole: un gelato da Giolitti (fragole e champagne) e un giro a Porta Portese a vendere un po' di roba che abbiamo con noi. Mi accetta solo la prima clausola e così partiamo, come due maratoneti kenioti, a scorazzare per una Roma rovente di sole.
A Trastevere scegliamo una trattoria dove ci fanno sedere all'unico tavolo libero, proprio a cavallo della porta ed esattamente sotto una potentissima lama d'aria, di quelle che servono a separare l'interno climatizzato dall'esterno rovente mediante un getto ventilato. La velocità dell'aria era tale che mi sventolavano le mutande e l'acqua nel bicchiere faceva le onde. Mangiamo pasta, ovviamente fredda, assordati dal sibilo dell'aria nelle orecchie.
Verso sera sono stravolto e, guardandomi in una vetrina mi rendo conto di essermi un po' insaccato a furia di stare in piedi; avrò perso un cinque centimetri, che sono una percentuale enorme della mia altezza, e mi muovo con la flessuosità del robottino di Guerre Stellari, quello basso. Tentando di recuperare centimetri mi esibisco in un bel numero di ginnastica posturale su una panchina a piazza Navona. E' tutto inutile e così, seduto in un bar, mi metto in trazione appendendomi ad un paio di birre. E aspetto immobile che arrivi fresco, rigenerante e quasi profumato, il ponentino che reca sollievo dalla canicola.
Li seduto, sorridendo inebetito ad una tavolata di turisti, si sta da dio; decido di intensificare la trazione con un'altra birretta, sorrido di nuovo agli stessi turisti di prima che ricambiano con grandi mugolamenti incomprensibili. Si sta proprio bene lì dove siamo, a goderci la frescura serotina. Da un altro tavolo ancora, verso cui mi premuro di indirizzare una nuova buona dose di sorrisi soddisfatti, una bimbetta al loro tavolo mi fissa un po' sospettosa; poi la sento chiamare il padre che ci mette un po'a risponderle. Quando ottiene l'attenzione del genitore, gli chiede, indicandomi con il ditino innocente "papà, cos' è quello?" e lui si gira verso di me, mi fissa un attimo, ignora il mio amichevole sorriso e, con un' aria distratta e piena di sufficienza, le risponde telegraficamente "è un naso, amore".
Mi offendo e chiedo alla Lucia se la fatica oltre che accorciarmi le gambe mi ha allungato anche il naso; al suo diniego mi tranquillizzo, dedico i miei sorrisi migliori solo al primo tavolo di stranieri, girando vistosamente le spalle ad "amore": mi chiedo perché oggi tutti i bambini non hanno più un nome proprio ma si chiamano tutti amore; anche dei botoli ringhiosi che meriterebbero la museruola diventano amore, dei molossoidi maleducati che stanerebbero una nutria dall'argine, li chiamano amore. Sono i pensieri di un anziano, mi dice la Lucia, ed ha certamente ragione lei.
Però come si sta bene a Roma al tramonto, e forse comprendo perché un politico, quando arriva da quelle parti, poi non va più via. Ma questo è un discorso che ci porterebbe lontano… per ora accontentiamoci di lasciare Roma per la prossima tappa, Nemi.

Il viaggio continua!

Coast to coast italiano

Io non sapevo che c'era un lago, o meglio, che c'era un lago fatto da un cratere vulcanico. Spettacolare e impressionante, se solo si pensa a cosa c'era sotto. E non sapevo che fosse così vicino. Me ne accorgo quando apro la porta sul terrazzo della camera, che è proprio affacciata sull'acqua. Uno spettacolo davvero, suggestivo, così vicino e ben contornato; un cratere proprio come quello che un bambino potrebbe disegnare. Infatti Beauty lo ricopia sull'album Pigna con i pastelli a cera. Breve concertazione tattica, i complimenti a Beauty per l'opera disegnata, e subito in sella, prima che lo scooter si annoi, verso la bellissima Tivoli.
"Andiamo a vedere la villa di Adriano." "Celentano?" "Ma no, l'imperatore!" "Il brasiliano che giocava nell'Inter?" "Che pazienza. Dai va' là, punta quel navigatore e pensa a guidare."
Devo dire che ho una grande capacità di allocchirmi.

Con qualche affanno troviamo la Villa di Adriano. Se all'estero avessero un simile capolavoro farebbero le capriole; noi lo troviamo solo grazie alla gentilezza delle persone cui abbiamo chiesto indicazioni.
Dentro ciò che era una residenza di colui che fu uno dei più grandi imperatori di tutti i tempi, ammutolisco per la bellezza commovente e l'eleganza raffinatissima di ciò che vedo; passeggiando fra quei palazzi sento crescere una specie di imbarazzo riconoscendo pian piano che quella che vedo non è solo bellezza, ma è il risultato di una grandezza di pensiero, d'animo, di ambizioni che nemmeno riesco ad immaginare.
Il giorno prima a Roma avevamo incontrato un uomo che, mani tasca, avanzava con aria svagata e vacanziera. Ci siamo reciprocamente fissati negli occhi e lui, certo di essere riconosciuto, mi ha sorriso compiaciuto: era un ministro in carica, con codazzo di portaborse, che sembrava più in ferie di noi due, che eravamo in ferie. Mi amareggia un po' questa riflessione mentre torniamo a Nemi.
A Genzano c'è una ottima trattoria in cima al paese e la Lucia, che ha un istinto innato per la scelta di ristoranti, la fiuta subito. Pergolato, aria freschina, menù invitante, tovaglie profumate, personale squisito; siamo proprio contenti del viaggetto che stiamo facendo, dei posti che abbiamo visto, dello scooter che va da dio, del Beauty che fa il bravo. Io ordino una pasta cacio e pepe e la Lucia è più indecisa. "Signora, je posso portà du' antipastini, fiori de zucca co' l'alicette, 'n'assaggino de questo, de quello…"
E così fu. Il tavolo era un comune tavolo quadrato per due. Arriva la mia pasta, seguita da una processione interminabile di robuste porzioni di antipasti che culmina con due siluri da cacciatorpediniere che erano i fiori di zucca fritti. Vengo rapidamente messo all'angolo del tavolo, nel vero senso della parola, perché non c'era più posto per me ed il mio piattino. Mangio appollaiato su uno spigolo mentre lo sguardo della Lucia corre soddisfatto sulle truppe dislocate nell'apparecchiatura che avrebbe saziato un paio di persone. Lei sorride beata. Le sfide sono il suo forte e so che non mollerà la competizione tanto facilmente. Mentre io mi preoccupo un po', lei, concentratissima, annuisce e attacca. Aveva trovato il punto debole dello schieramento nemico e stava per scatenare la battaglia. Von Clausewitz è un opaco teorico; la Lucia, con una cadenza quieta ma implacabile, sgomina l'avversario senza fare prigionieri. Guardo ammutolito e ammirato: le legioni romane avevano generali come lei.
Penso "passerà una notte insonne e travagliata". Macchè. Al mattino le chiedo "hai avuto caldo?".
"Noo, qua a Nemi c'è un bel freschino.". Alè! Campionessa mondiale di capacità gastriche, ed io che per liberarmi di una semplice pasta cacio e pepe devo chiamare un esorcista, la invidio moltissimo.
"Se ti restava qualcosa la potevamo portare al cetaceo." "Sei matto! I delfini non mangiano frittura." Ho sposato Piero Angela.

Il gran finale!

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La tappa che ci aspetta è lunga perché vogliamo raggiungere Sperlonga.
Ci prepariamo: è una bella mattina freschina, scooter leggero, il pieno, teli da spiaggia e cappellino, bottiglia d'acqua. Poi, memore dell'anno prima, bevo molto e via, come dovessimo conquistare un titolo olimpico.
Arriviamo sibilando ad Anzio dove ci sorprendono le innumerevoli e commoventi croci bianche del cimitero di guerra: non pensavo fossero stati così tanti i morti di quello sbarco ingiustamente meno ricordato di quello più celebre in Normandia. E poi Nettuno, più frivolmente patria del grande Bruno Conti e poi giù fino Sabaudia. La Lucia scalpitava già da un po' per la voglia di spiagge e così ci fermiamo qualche ora sul lungomare che porta al Circeo. Belle spiagge, non troppo affollate, relax eccetera. Quando ritorniamo allo scooter la sorpresa: da buon cetaceo, sarà stato per la vicinanza con il mare, ha deciso di piantarsi nella stretta striscia di sabbia vicino alla strada. Smuovere un burgman spiaggiato è stata un'impresa, ma allettato da un paio di sardine, si è rimesso in strada. E via decisi e senza soste fino alla meravigliosa Sperlonga dove però trovo la Lucia rintronata. Gelatino ma la stanchezza l'ha avuta vinta e così tutto d'un fiato rientriamo a Nemi. L'emozione più grande? A Lanuvio, la strada romana che con grande naturalezza ci accompagna per un breve tratto fra i saliscendi di una bellissima campagna.
Siamo stremati, è tardi, viva il lettone. E buonanotte.
L'autostrada che porta a Pescara passa attraverso posti pittoreschi, vallate ed altopiani, creste e guglie, posti insomma che, a ben guardare, potrebbero ospitare un agguato di pellerossa; mi immagino cavalcando un morello lucente di nome suzuki con alle spalle la Lucia O'Hara. Invece di sparare con il Winchester sto sparando cavolate e procediamo, un po' in ansia, perché non ci sono stazioni di servizio e la lancetta del carburante non ha fantasia o bontà d'animo. E così finalmente vedo Pescara ed il suo pacifico lungomare; lo risaliamo traccheggiando placidi fino a stufarci. Pranzetto in spiaggia, sorridiamo tranquilli, un altro coast to coast sta per finire; abbiamo deciso di puntare diretti verso casa. Sono aperti i campi estivi ed il beauty è un po' in ritardo.
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