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Il futuro della moto, secondo Gion Baker

di Marco Gentili. Foto di Marcello Mannoni il 26/04/2018 in Moto & Scooter

Negli stabilimenti della ex Cobra, rilevata quattro anni fa dalla multinazionale della telefonia, si stanno progettando le componenti che trasformeranno il modo di vivere la mobilità su due ruote. L'ad Gion Baker ci racconta cosa sta per succedere

Il futuro della moto, secondo Gion Baker
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Non ce ne rendiamo ancora bene conto ma, invece di comprare una BMW, una Ducati o una Yamaha, in realtà acquistiamo un motore con Vodafone Automotive intorno. E più passa il tempo, più questo processo si sta accelerando. Eppure, nonostante il nome inglese metta soggezione, tutta questa tecnologia si sviluppa nella periferia di Varese. Vodafone Automotive, infatti, altro non è che il frutto dello shopping della multinazionale della telefonia che, nel 2014, ha rilevato le attività della Cobra, azienda nota soprattutto per la produzione di antifurti. A capo di questo pezzo poco noto di industria italiana 4.0, dal 2016 c'è Gion Baker, ingegnere elettronico svizzero con alle spalle 9 anni di servizio a Varese. È grazie a lui che vi portiamo a fare una passeggiata nel futuro della mobilità.

Baker, lei rappresenta la continuità tra Cobra e Vodafone Automotive. Secondo lei, per quale motivo una multinazionale come Vodafone ha rilevato una realtà decisamente più piccola, spendendo 145 milioni di Euro?
"Cobra aveva ciò che a Vodafone mancava, ovvero l'intera catena del valore nel settore della mobilità. Qui, sin da prima dell'acquisizione, si disegnava, sviluppava e realizzava i prodotti per auto, moto e bici. Inoltre, per una multinazionale con tempi e meccanismi più lunghi, era utile avere una controllata più agile e reattiva. Oggi, avere un grosso soggetto come Vodafone alle spalle è la migliore situazione possibile per lavorare".

Cosa fa esattamente Vodafone Automotive?
"Siamo una realtà molto complessa ma possiamo riassumere il nostro lavoro in quattro grandi aree. Ci occupiamo della sicurezza delle moto con la gestione dei furti, della sicurezza del motociclista con i nostri sistemi di gestione degli incidenti, dell'integrazione del motociclista con la moto e della moto con gli altri veicoli".

Partiamo dalla prima.
"Si tratta dell'attività più legata al passato di Cobra, che nasce per occuparsi della sicurezza dei veicoli, sia con sistemi tradizionali come gli antifurti, sia nella gestione dei furti in remoto. Grazie alla nostra centrale operativa connessa con tutti i veicoli che hanno i nostri dispositivi a bordo, siamo in grado non solo di monitorare il veicolo rubato, ma anche di ricevere in tempo reale la segnalazione del fatto che ci sono movimenti sospetti, che fanno pensare a un furto in atto. È il concetto di connected bike che abbiamo visto all'ultimo EICMA, dove Yamaha ha presentato il TMAX equipaggiato coi nostri dispositivi".

Poi con le vostre centraline le moto possono anche chiamare in caso di incidente.
"Nelle auto di nuova produzione, dalla fine di marzo, sono obbligatori i sistemi di eCall, ovvero di chiamata di emergenza che parte nel caso in cui la centralina di bordo rilevi un impatto particolarmente forte o potenzialmente dannoso. Stiamo diffondendo questi prodotti anche sulle moto e sugli scooter, semplicemente perché possono salvare la vita".

Vuole spiegare ai nostri lettori cosa significano le sigle V2V e V2X?
"Sono i due cardini della nostra attività di connessione. V2V significa Vehicle to vehicle e riguarda la comunicazione tra veicoli connessi. Le moto ad esempio possono dialogare con altri attori presenti sulla strada che per un motivo o per un altro, da un angolo cieco a una curva stretta, fino alla scarsa visibilità, non sono in grado di vedere. Con questi sistemi si prevengono incidenti potenzialmente mortali. Con V2X invece parliamo di Vehicle to infrastructure, ossia il modo in cui il veicolo parla con l'infrastruttura".

Si riferisce alle strade?
"Non solo, parliamo di ogni punto di interazione presente nell'ecosistema, dal Telepass al parcheggio, fino alle colonnine di ricarica e alle stazioni di servizio".

A proposito di strade, non dev'essere facile per voi pensare di informatizzare le strade italiane.
"In Italia lo stato delle infrastrutture, e parlo d autostrade, è assolutamente in linea con quello di altri paesi europei. Certo, c'è ancora molto da fare ma il Governo ha progetti interessanti e quindi il Paese è pronto a recepire il V2X. Il problema piuttosto riguarda la mobilità urbana ed extraurbana, che è decisamente più indietro".

Perché connettere le strade della città?
"Per rendere il traffico più accessibile, migliorarne il flusso, ridurre i tamponamenti e mettere i parcheggi in connessione con i veicoli, così da ridurre il tempo di ricerca di un posteggio. Girare a vuoto non piace a nessuno...".

Questo è il libro dei sogni.
"Non è fantascienza. Si tratta di cose che vedremo nel giro di 3-5 anni. Poi abbiamo progetti più lunghi, magari orientati su 10 anni, ma è solo questione di tempi. Non si discute il cambiamento che è in atto".

Da chi dipendono questi tempi?
"Dai costruttori. Noi siamo fornitori di componenti, non facciamo moto e non prendiamo decisioni strategiche. Ma le tecnologie ci sono già oggi e sono disponibili".

Come vede il mercato della moto?
"Nei prossimi tre anni assisteremo a un mutamento epocale. Ci sarà una differenziazione tra i costruttori più tradizionali e quelli di rottura, capaci di rinnovarsi. Nelle due ruote, così come accade nel mondo dell'auto, sarà il mercato dell'elettrico a tirare la volata all'innovazione".

Cosa cambierà di più?
"Le moto dei prossimi anni saranno progettate in modo opposto. Oggi l'elettronica e la sensoristica sono semplicemente delle aggiunte, delle toppe messe sui veicoli che escono dalla linea. Domani invece le moto saranno 'connected by design', progettate a partire da quest'ottica".

E il motore? Il piacere di guida?
"Noi lavoriamo per rendere sempre più esaltante l'esperienza di guida, aggiungendo sicurezza. Per noi il futuro vede la coesistenza di veicoli elettrici iperconnessi usati per gli spostamenti di tutti i giorni, accanto a cui ci saranno le moto più tradizionali e sempre più sensorizzate. Pleasure bike e commuting bike possono coesistere. Ripeto, non sono un costruttore, ma posso immaginare moto che siano belle ed entusiasmanti nelle strade di percorrenza e, quando arrivano in città, viaggiano in modo semi autonomo grazie alla connettività".

Crede alla guida autonoma per le moto?
"Stiamo supportando questa opzione con le nostre tecnologie".

La moto del futuro c'è. E il motociclista del domani?
"Sarà sempre più libero nei movimenti, non avrà più di fronte a sé cruscotti pieni di informazioni che lo distraggono dalla guida, avrà occhi solo sulla strada. Questo grazie ai progetti di realtà aumentata che si tramuteranno in dispositivi indossabili. Pensate a quante possibilità avrà un pilota che, restando concentrato sulla guida in pista, potrà vedere i tempi medi sul giro, la telemetria, i punti di frenata e i punti di staccata. E in strada, il motociclista che verrà avvisato in anticipo di un allarme relativo al funzionamento della moto, o di un incidente in arrivo".

Dopo aver visitato la vostra centrale operativa, mi pongo qualche problema sulla privacy. Cosa fate della mole infinita dei dati che raccogliete? Si va verso un Grande Fratello in cui i motociclisti sono mappati ogni secondo?
"Siamo parte di una compagnia telefonica e, come tale, i dati che raccogliamo sono trattati con il massimo rispetto e una tutela inimmaginabile. La privacy viene prima di tutto. Non possiamo dimenticare che i dati sono l'oro del futuro. Ma lo sono anche per i motociclisti. Pensate ai sensori che rilevano gli incidenti: in caso di sinistro registrano solo alcuni secondi prima e alcuni secondi dopo l'impatto, danno la telemetria esatta e la dinamica del sinistro, riducono i contenziosi con le compagnie assicurative rendendo inutili i testimoni di parte. E poi noi non spiamo nessuno. Vogliamo capire meglio il comportamento di guida, quanto vai forte, quanto curvi, quanto freni, se guidi di notte, con la pioggia, quanto tempo stai in moto. Pensate al risparmio delle assicurazioni pay per use, in cui si paga la polizza solo per il tempo in cui guidiamo effettivamente la moto. I sensori di bordo servono a questo".

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