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10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio

Christian Cavaciuti
di Christian Cavaciuti il 24/08/2020 in Moto & Scooter
10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio
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Nato nel 2010 con la VFR1200F, il cambio DCT è rimasto sulla scena per un decennio continuando a migliorare e a riscuotere consensi (a differenza dei suoi predecessori). Il responsabile dello sviluppo ci racconta l'enorme sfida tecnologica che ha rappresentato

Dai Arai è un simpatico ingegnere meccanico con la passione per i sistemi di controllo, entrato in Honda nel 1999. Ha iniziato lavorando sul quickshifter della MotoGP, per poi diventare la vera spinta propulsiva dietro allo sviluppo del cambio a doppia frizione Dual Clutch Transmission, di cui si occupa da ormai 10 anni.

Per quanto si tratti se vogliamo “solo” di una trasposizione di una tecnologia sviluppata per le auto (in origine da Lancia per i rally, ripresa poi dal gruppo Volkswagen per la produzione di serie), il DCT non è per niente un esercizio semplice. Tanto è vero che se in campo auto nel giro di pochi anni tutti i costruttori hanno sviluppato una propria versione del sistema, nelle moto Honda resta l’unica a proporlo.

10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio
Dai Arai, ingegnere meccanico con la passione per i sistemi di controllo, è entrato in Honda nel 1999. Ha iniziato lavorando sul quickshifter della MotoGP, per poi diventare la vera spinta propulsiva dietro allo sviluppo del cambio a doppia frizione Dual Clutch Transmission, di cui si occupa da ormai 10 anni

Come dice il nome, un DCT è un cambio con due frizioni. In realtà ci sono anche due alberi, dei quali uno porta le marce pari e l’altro quelle dispari. Semplificando all’estremo, l’idea di base è che ci sono sempre due marce ingranate, e le due frizioni gestiscono quale è effettivamente innestata (una è aperta e l’altra è chiusa); durante il cambio marcia, mentre una frizione si apre per disinnestare il rapporto, l’altra si chiude per innestare il successivo e la cambiata avviene in modo progressivo e continuo, senza ‘momenti morti’ nella trasmissione di coppia e senza scompensi di assetto alla moto.

Oltre alla complessità di architettura e di miniaturizzazione (Honda ha realizzato i due alberi coassiali, per cui uno scorre dentro l’altro) ci sono quelli di controllo delle temperature, di contenimento dei costi e di sviluppo di logiche di controllo specifiche per la moto, che rendono il DCT un elemento decisamente complesso: e infatti a dire il vero anche dopo la sua comparsa sulla VFR1200F (2010) e poi sulla serie NC700 (2011) ha richiesto qualche anno per raggiungere la piena maturità. Che è ormai arrivata come testimoniano i numeri: oltre 140.000 moto DCT vendute solo in Europa, di cui nel 2019 circa la metà delle Africa Twin e della NC750X.

Ne parliamo proprio con Dai.

"La cosa più bella del DCT è che consente a chi guida di godersi gli aspetti più belli della moto: piegare, scegliere la traiettoria, dosare frenata e accelerazione"

Dai Arai

Dai, come è nato il DCT?
Prima che arrivassi in Honda, erano state sviluppate altre trasmissioni automatiche: l’Hondamatic negli anni ’70, basato su un classico convertitore di coppia, e poi il sistema HFT a disco basato sul brevetto Badalini e usato solo sulla DN01. In Honda l’idea di sviluppare una trasmissione elettronica moderna ed efficiente girava quindi già da molti anni quando sulla scena arrivò la VFR1200F con il primo DCT. La caratteristica principale del DCT è proprio la sua efficienza decisamente maggiore rispetto ai precedenti. Il DCT è un sistema che per trasmettere la coppia si affida a classici ingranaggi e non a principi idraulici, per cui ha perdite molto basse e un feeling molto più diretto e sportivo”.

10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio

Quali sono state le difficoltà principali nel suo sviluppo?
Quando abbiamo affrontato il primo DCT per la VFR1200F è stato tutto terribilmente complicato. Nessuno aveva mai fatto niente del genere, per cui abbiamo dovuto sviluppare da zero sia la parte meccanica che quella elettronica, ed era la prima volta che gli specialisti di trasmissione moto avevano a che fare con un controllo elettronico. Lato ‘hardware’, abbiamo dovuto sviluppare una scatola cambio che potesse accogliere sia un cambio tradizionale che un DCT: è da questa esigenza che è nata l’idea di sviluppare i due alberi principali coassiali, per rendere l’insieme più compatto. Raggiungere i requisiti di robustezza e durata richiesti con questa configurazione è stata una grossa sfida. Ma poi c’è stato il problema della rumorosità. Dato che il meccanismo di trasmissione è fondamentalmente il classico con ingranaggi sempre in presa, il rumore degli innesti di un DCT è lo stesso rispetto a un cambio tradizionale. Ma non volevamo che in modalità automatica il pilota venisse ‘confuso’ dal sentire questo rumore, per cui ridurlo al minimo è stata un’altra bella sfidaLato software, di nuovo non c’era nessuna esperienza con una cambiata automatica di questo tipo, che doveva conciliare le esigenze del motore, le aspettative del pilota e l’impatto sulla ciclistica e sulla dinamica di guida. Sviluppare i programmi adatti ha richiesto moltissime ore al banco e su strada. Parliamo di migliaia di ore”.

10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio

“Il grande vantaggio del DCT è che essendo un sistema intelligente, migliora continuamente. In questi 10 anni il sistema è stato completamente evoluto sia dal punto di vista della sua tecnologia che della sua applicazione”

Dai Arai

Da allora il DCT è parso molto migliorato nella nostra esperienza di guida. Quali sono stati i passi più importanti nel suo sviluppo?
Il grande vantaggio del DCT è che essendo un sistema intelligente, migliora continuamente. In questi 10 anni il sistema è stato completamente evoluto sia dal punto di vista della sua tecnologia che della sua applicazione, con lo sviluppo di nuove caratteristiche come quelle richieste ad esempio per la Africa Twin e l’utilizzo off-road. Il primo grosso step è stato il ritorno… automatico alla modalità automatica dopo che sei passato a manuale, ad esempio per scalare due marce arrivando a una curva. Questo ci ha richiesto un sacco di programmazione. Non è facile rendere il ritorno intuitivo, senza disorientare il pilota: il sistema deve capire quello che sta succedendo: è una curva, è un sorpasso o è una discesa? Non è che basta dire: dopo 2 secondi torna in automatico. Più tardi abbiamo migliorato la funzionalità di scalata, per accordare nel modo più accurato possibile il regime motore e rendere il tutto molto fluido, e anche questo ha richiesto molta programmazione per sincronizzare le strategie dell’iniezione PGM-FI con quelle del DCT. Con l’arrivo del RbW abbiamo introdotto la strategia ‘Adaptive Clutch Capability Control’, che consente alla frizione di slittare un po’ in prima apertura e anche in prima chiusura del comando gas, il che ci ha consentito di addolcire di molto la risposta della moto. Tutte queste funzioni sono specifiche per la moto. Viceversa, il tasto ‘G’ introdotto sulla CRF1000L Africa Twin e poi sull’X-ADV consente di ridurre lo slittamento dei dischi frizione quando il fondo non è asfaltato. Questo restituisce un feeling molto più diretto sulla ruota posteriore e migliora la trazione in fuoristrada, oltre a consentire di controllare la derapata. Sulla Gold Wing abbiamo invece collegato il comportamento del DCT ai riding mode, accorciando il tempo di cambiata. E sull’ultima CRF1100L Africa Twin il DCT ha cominciato a prendere in considerazione anche la piattaforma inerziale, migliorando il comportamento nelle cambiate in piega”.

10 anni di DCT: come Honda ha cambiato il cambio

"Con il DCT nel traffico non devi preoccuparti della frizione o che il motore si spenga, ma quando vuoi divertirti le cambiate sono rapide e precise"

Dai Arai

Quali sono i benefici principali del DCT secondo te?
Per me la cosa più importante è che libera ‘banda’ nel cervello di chi guida per godersi gli aspetti più belli della moto: piegare, scegliere la traiettoria, dosare frenata e accelerazione. L’altra grande dote è il modo in cui abbina semplicità di utilizzo ed efficacia: nel traffico non devi preoccuparti della frizione o che il motore si spenga, ma quando vuoi divertirti le cambiate sono rapide e precise, e se vuoi puoi continuare a deciderle tu con la modalità manuale”.

Quale sarà la prossima applicazione del DCT? 
Da quando il sistema è arrivato in off-road, la gente continua a sorprendersi di quanto possa aiutarli, evitando di dover manovrare la frizione mentre guidano in piedi. Inoltre, con il DCT il motore non si spegne mai. Mi piacerebbe vederlo sulla nostra CRF450 Rally per la Dakar: è un tipo di applicazione dove la concentrazione e l’affaticamento del pilota sono critici, e potrebbe dare grandi benefici”.

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