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BMW R 80 G/S Paris-Dakar: l'Africa dietro casa

di Christian Cavaciuti, foto di Alberto Cervetti il 24/06/2015 in Moto & Scooter

Nata per celebrare le prime tre vittorie di BMW nel grande rally, la boxerona da deserto si è rivelata una straordinaria moto per viaggiare. Anche e soprattutto... con la fantasia

BMW R 80 G/S Paris-Dakar: l'Africa dietro casa
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Te la immagini insabbiata in una duna, il serbatoio finito a far da otre in qualche villaggio del Senegal. Invece lei è lì che si riposa in una malga dell'alta bergamasca. Una delle 3.190 BMW R 80 G/S Paris-Dakar originali, quelle con la barra tra le due lettere e lo scarico cromato e la componentistica come si deve.
Trent'anni di storia e di popolarità hanno depositato una spessa patina di preconcetti su questi nomi, ma bisogna cercare di guardare senza lenti deformanti e ricordarsi che cos'erano la BMW e la Paris-Dakar all'inizio degli anni Ottanta.

I francesi, sempre appassionati alle corse di durata (la Pechino-Parigi è del 1907), correvano nei deserti delle loro ex colonie fin dagli anni Cinquanta, ma fu con la folle idea di Thierry Sabine di una gara lunga 10.000 km da Parigi a Dakar che il mondo dei rally trovò la sua forma definitiva. Definitiva e perfetta nel suo arrivare a fine Anni 70, nel momento di massima popolarità delle moto da fuoristrada: la prima Dakar parte il 26 dicembre del 1978, e ammalierà mezzo mondo per il decennio successivo.

Intanto però BMW, come la maggior parte delle Case europee, era rimasta indietro nello sviluppo tecnologico rispetto ai giapponesi, ritardo che si traduceva in difficoltà anche commerciali. E così quando all'inizio del 1979 parte il progetto per una moto da fuoristrada, nata per ampliare l'offerta sulla base delle boxer che partecipavano alla Valli Bergamasche, a Monaco si pensa che quello possa essere il canto del cigno del caro vecchio bicilindrico a cilindri contrapposti, mentre si lavora sul rivoluzionario quattro cilindri della serie K. È dunque in questa situazione che viene presentata, nell'autunno del 1980, la R 80 G/S, così grossa e pesante per gli standard dell'epoca da lasciare attonita la stampa.

BMW la definisce una "Enduro da turismo" (categoria che all'epoca non esisteva) ma l'accoglienza è tiepida, come sempre avviene per le novità troppo fuori dagli schemi. La storia della G/S però è destinata a fondersi subito con quella della Parigi-Dakar, perché dopo le prime due edizioni dominate da Cyril Neveu su Yamaha XT 500, nel 1981 trionfa Hubert Auriol, su una G/S preparata dallo specialista HPN. Auriol si ripete nel 1983, mentre nel 1984 è la volta di Gaston Rahier: è nata l'era delle grandi bicilindriche. L'eco mediatica è enorme e a Monaco non perdono l'occasione di cavalcarla.

Nel 1984 viene così presentata la G/S ParisDakar, di fatto una G/S con poche modifiche, la più appariscente delle quali è il serbatoio da 32 litri, che peraltro risolve uno dei problemi della G/S base che con i suoi 19,5 litri non andava oltre i 300 km di autonomia. Altre differenze sono la mancanza dei fianchetti, per un aspetto più rude, la sella monoposto, lo scarico cromato, la leva del kick-starter di serie (mentre l'avviamento elettrico ha batteria maggiorata a 20 Ah) e la presenza del traversino al manubrio e del ponticello di irrigidimento della forcella. Modifiche così limitate rispetto alla G/S base che nei codici interni di Monaco le G/S Paris-Dakar sono identificate dalla sola dicitura "verniciatura speciale".

La Casa decide così di realizzare un kit di conversione per i possessori di G/S, a un prezzo come sempre tutt'altro che popolare: 1.500 Marchi di allora, un quinto del prezzo della moto nuova. Oggi la relativa rarità delle "originali" fa sì che la differenza di valore con le "kittate" sia sostanziale, ma quando Alessandro ha risposto all'annuncio su una rivista, non poteva sapere se la ParisDakar che aveva trovato a Bergamo fosse originale o meno. "Ho chiesto se andava in moto, quando mi hanno risposto di sì sono andato a prenderla coi contanti in mano. La conferma che era una ‘verniciatura speciale' l'ho avuta solo poi, consultando il database BMW, ma già il fatto che la moto fosse a Bergamo aveva per me un valore, perché lì c'era la sede della TAG, che preparava le BMW per i rally".

Era il 2003, quando ancora si trovavano Paris-Dakar non restaurate. Alessandro si trova difatti davanti alla moto che uno si può immaginare abbandonata in un posto del genere: 70.000 km sul contachilometri e chissà quanti nelle ruote, il serbatoio riverniciato a pennello, qualche tubo marcito, i carburatori Bing bucati. La moto è del 1985: una delle 690 Paris-Dakar allestite quell'anno a Monaco. E intanto, per continuare il parallelo con l'aspetto racing, BMW nel 1985 porta a casa un altro successo alla Dakar, ancora con Raiher. E fanno quattro.

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Parte la lunga avventura del restauro, conservativo ma soprattutto operativo dato che la R 80 Paris-Dakar, nell'idea di Alessandro, non è destinata a qualche parata ma ad accompagnarlo nei viaggi che ogni estate intraprende con la moglie.

Per questo si preserva il più possibile la componentistica originale, ma arriva anche un mono Öhlins, che migliora decisamente la guida dato che "La G/S è particolare: quando chiudi il gas, il po steriore col Monolever anziché alzarsi si abbassa, scaricando l'avantreno e portandolo ad allargare la traiettoria". Il fenomeno, poco evidente sulle R80 stradali, si accentua invece sulla G/S per via della grande escursione delle sue sospensioni e delle ruote tipicamente fuoristradistiche (21" anteriore e 18" posteriore): per cui la moto va guidata anticipando la frenata ed entrando in curva col gas puntato. Un'altra modifica non filologica è la prolunga del cavalletto laterale, per poterlo azionare anche stando in sella: un accorgimento pensato dalla polizia francese.

Per il resto, la moto aveva, e ha mantenuto, tutti gli accessori dell'epoca: portapacchi con supporto borsa solo a destra, strumentazione addizionale (contagiri e orologio), paramani, tubi paramotore (indispensabili se si voleva il cavalletto laterale). Mancano solo le manopole riscaldate, "e vi assicuro che quel ‘risc.' all'epoca era diminutivo di ‘rischio', vista la facilità con cui scaricavano la batteria!". Ma i punti deboli della G/S Paris-Dakar non sono molti. L'impianto elettrico accusa falsi contatti, perché gli isolanti vecchi tendono a rompersi; il cambio ha innesti duri, come da "tradizione" BMW, e la molla di rinvio che può cedere senza preavviso.

A trent'anni dalla costruzione e dieci dal ritrovamento
, la BMW R 80 G/S Paris-Dakar si guida ancora sorprendentemente bene. Per gli standard di oggi è piccola e leggera, e su strada si apprezzano il basso tasso di vibrazioni del boxer e la guida rilassata consentita dalla posizione in sella. Il busto rialzato è esposto all'aria ma in modo non fastidioso, anche perché le velocità di crociera a cui invoglia la G/S, con la ruota anteriore da 21" e il parafango alto che alleggerisce l'anteriore, non sono elevate.

Alessandro, che ci ha fatto oltre 100.000 km tra Alpi, Carpazi, Pirenei, Cornovaglia e Normandia, usa comunque il cupolino della seconda serie, che si monta sugli attacchi originali. Il freno anteriore non è certo potente, ma viene in soccorso il notevole freno motore del boxer. Le sospensioni dell'epoca sono messe in difficoltà dalla massa della moto, specie se a pieno carico; qui il mono Öhlins è come detto ben più evoluto dell'originale, ma la forcella resta quella da 36 mm del 1985, che nonostante il ponticello di irrigidimento appare molto flessibile e "libera" di idraulica: tanto è vero che in fuoristrada la moto è più a suo agio in salita che in discesa.

Sullo sterrato la tedescona colpisce comunque per il bilanciamento e la maneggevolezza, due termini che probabilmente all'epoca non sarebbero stati usati ma che nel mondo dominato dalle maxienduro pesanti un quintale in più, sono senz'altro appropriati. Nella guida in piedi il controllo è facilitato dalla sagoma stretta che consente di cingerla bene con le gambe, anche se il manubrio davvero molto basso costringe a tenere il busto troppo inclinato in avanti. La forcella decisamente sfrenata impone una certa cautela negli ostacoli più accentuati, ma il motore pastoso e la buona trazione permettono alla ParisDakar di fare in scioltezza ancora oggi quello per cui è nata: affrontare sterratoni e salite senza impaccio.

E per essere una moto con tanti anni e tanta strada sulle spalle, la sua versatilità e la sua godibilità sono sicuramente sorprendenti e fanno capire perché le R 80 G/S, soprattutto in edizione Paris-Dakar, siano ancora così ricercate a trent'anni di distanza, quando il mondo è così cambiato che la Dakar, ad onta del nome non si corre nemmeno più in Africa.

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BMW R 80 G/S Paris-Dakar: l'Africa dietro casa
Trent'anni e 500.000 GS fa, probabilmente in pochi avrebbero pensato che la R 80 G/S Paris-Dakar si sarebbe trasformata nella attuale R 1200 GS Adventure. Se nel 1984 la tedescona era giudicata imponente, nel confronto con l'Adventure del 2014 risulta addirittura piccina. Il faro senza cupolino ha lasciato il posto a una carenatura integrale (trend inaugurato dalle "africane" alla fine degli Anni 80) con il celebre becco arrivato in casa BMW con la R 110 GS del 1994; le generose sovrastrutture celano però soprattutto la
cassa filtro e i radiatori, perché la capacità del serbatoio è scesa da 32 a 30 litri. In compenso il consumo è quasi immutato nonostante prestazioni ben diverse: la G/S da 798 cc, due valvole a carburatori e raffreddata ad aria (50 CV) aveva un'autonomia di 550 km circa, la Adventure da 1.170 cc, quattro valvole a iniezione e raffreddata a liquido (125 CV) supera i 500 km. Anche le capacità off-road sono simili, ma la Adventure, con il peso salito da 186 a 260 kg e le ruote scese da 21"-18" a 19"-17" richiede tutto un altro manico...
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