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Suzuki GSR 750: mancava solo lei

di Leslie Scazzola il 21/03/2011 in Moto & Scooter

La naked di Hamamatsu sfoggia un nuovo design, una manciata di CC in più e un carattere sportivo che non teme confronti. Costa 8390 c.i.m.

Suzuki GSR 750: mancava solo lei
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Non fate l'errore di pensare alla GSR750 come all'evoluzione della omonima "seicento": questa nuda di casa Suzuki è infatti una moto completamente nuova, che riprende dalla sorella solo il nome. Molte delle caratteristiche stradali (e quasi turistiche) della 600 sono state sacrificate sull'altare della sportività: le linee sono più aggressive e le prestazioni dinamiche e motoristiche più ambiziose.
Della "600" infatti la nuova "settemmezzo" non conserva nulla: nuovo il telaio (in acciaio), che conserva lo schema a doppio trave ma abbandona la sezione scatolata in prossimità del cannotto di sterzo. Inedite le sospensioni, con l'introduzione di una forcella a steli rovesciati in luogo di quella tradizionale, e ovviamente nuovo il motore a quattro cilindri, strettamente derivato dall'unità adottata sulla GSX-R750 MY 2005.
Certo non propone temi stilistici innovativi o particolarmente distintivi (è innegabile la somiglianza con la Kawasaki Z750 di ultima generazione) ma vanta prestazioni di assoluto riferimento per la categoria, tanto per il motore quanto per le eccellenti qualità dinamiche della ciclistica.
Suzuki GSR 750: mancava solo lei
Sulla GSR750 si apprezza la posizione di guida molto sportiva ma non scomoda, con la sella bassa da terra e pedane discretamente alte e arretrate. Il manubrio si impugna con facilità, quasi a testimoniare la ricerca del massimo contenimento dimensionale voluto dai tecnici.
Non appena si lascia la frizione si intuisce la maneggevolezza e la reattività di cui è capace questa moto. Nel traffico, e in generale alle basse andature, la media Suzuki si muove con disinvoltura, fornendo immediata confidenza anche nei passaggi più lenti e tortuosi grazie anche al raggio di sterzo molto contenuto.
Il motore dal canto suo fornisce una erogazione così corposa e lineare che ci si può letteralmente dimenticare del cambio, sfruttando l'estrema elasticità del propulsore e la capacità di riprendere con brio già a duemila giri per poi dare il meglio ai medi e medio-alti regimi.
Quando le strade si velocizzano e si imposta una marcia più spedita, la GSR750 mette in mostra tutto il suo carattere: oltre i 7000 giri il propulsore si trasforma sensibilmente, con l'ago del contagiri che si proietta a lambire la zona rossa accompagnato da una netta entrata in coppia.
Girando tra 7 e 11.000 (il limitatore entra a circa 11.500) la sensazione è quella di sentirsi alla guida di una vera sportiva, nonostante la completa esposizione aerodinamica e l'impostazione data dal manubrio alto cerchino di camuffare questa impressione. Sono "solo" 105 i "cavalli" dichiarati, ma in sella si ha la netta sensazione di disporre di una potenza ben maggiore, vista anche la velocità massima indicata di oltre 250 km/h.
Se il motore deriva chiaramente da una unità sportiva "pura", altrettanto si può dire delle qualità dinamiche della GSR: docile e mansueta sullo stretto, la media Suzuki diventa una divoratrice di curve non appena si presenta l'occasione, sfoderando angoli di inclinazione molto elevati e una maneggevolezza da riferimento, nonostante il peso non propriamente contenuto. Sul veloce inoltre la stabilità è da riferimento assoluto e grazie alle sospensioni tarate in modo molto sportivo (che rispondono in modo secco solo affrontando le buche più pronunciate) si possono affrontare anche i curvoni più veloci contando su una direzionalità irreprensibile. Il corollario ideale è dato infine dai freni, che garantiscono ottima modulabilità ma anche, all'occorrenza, elevata potenza.
Insomma, la GSR ha decisamente stupito, ed è facile indicarla come una delle naked di media cilindrata più estreme e gratificanti nella guida, tanto che stridono alcuni particolari e scelte tecniche di livello non adeguato: ci riferiamo in particolar modo all'acciaio utilizzato per il telaio al posto dell'alluminio, che immaginiamo avrebbe permesso di risparmiare qualcosa sul peso, o come il banale e "scarno" forcellone posteriore.
Seppur meno importanti, non ci sono piaciuti alcune finiture del propulsore che meriterebbero maggior attenzione estetica, o ancora le pedane poggiapiedi dozzinali e poco ricercate. Dettagli secondari, se vogliamo, ma che mal si sposano con un progetto decisamente riuscito e, soprattutto, con un prezzo d'acquisto che giustificherebbe maggior ricercatezza.
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