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Cathcart intervista Erik Buell

di Alan Cathcart, foto di Tom Riles il 17/11/2010 in Moto & Scooter

Un lungo colloquio, il primo dopo la fine del rapporto con la Harley Davidson. Il passato e il futuro. Le sue moto torneranno a battersi in pista e sul mercato

Cathcart intervista Erik Buell
Erik Buell
Il 14 ottobre 2009 la Harley Davidson annunciò la sua decisione di cessare la produzione delle Buell, ossia delle moto sportive americane per antonomasia che Erik Buell aveva creato e che la Casa di Milwaukee, il cui celebre bicilindrico campeggiava nel telaio delle Buell, aveva fatto sue inserendole in famiglia.
Questa scelta, motivata dalla nuova strategia di focalizzare tutte le risorse della Harley Davidson solo sul suo storico marchio, tagliando in questo modo spese ritenute evidentemente superflue (tra cui gli investimenti sulla MV Agusta, restituita recentemente al precedente proprietario, Claudio Castiglioni) ha generato polemiche accese e pubblicità negativa nei confronti della HD, ed anche una perdita di immagine nei confronti dei numerosi sostenitori della Buell in America e ancor di più all'estero.
Tra l'altro, dopo la porta in faccia chiusagli dalla Harley Davidson, Erik Buell ha continuato la sua attività di costruttore e preparatore fornendo al team tedesco Pegasus Racing una 1190RR con cui il pilota Harald Kitsch ha vinto il campionato europeo 2010 "Rombo di Tuono", mentre il pilota ufficiale della Buell in America, Geoff May, ha colto ottimi risultati nel campionato AMA Superbike.
Erik Buell dunque continua nonostante la chiusura sentenziata dalla Harley Davidson e oggi siamo i primi a trovarci faccia a faccia con lui nella sede della Erik Buell Racing, che si trova, guarda caso, in Buell Avenue a East Troy, nel Wisconsin.
Cathcart intervista Erik Buell
La Buell 1125R
Alan Cathcart – Erik, può parlarci degli avvenimenti che hanno portato all'annuncio della chiusura della Buell da parte della Harley Davidson il 14 ottobre del 2009? Quando fu informato della decisione? Fu lo stesso presidente della HD, Keith Wandell, a rendergliela nota?
Erik Buell – No, sono venuto a saperlo solo una settimana prima.
AC – Le furono spiegati i motivi?
EB – Certamente ce ne saranno stati, ma a me non sono mai stati chiariti. Qualcuno che ha partecipato alle riunioni preventive mi ha riferito che il presidente parlava sempre di focalizzare, focalizzare... e so anche che ci fu una riunione dei concessionari, ai quali venne chiesto se per loro fosse importante mantenere la Buell. Dato che solo il 35-40% della rete distributiva vendeva anche le mie moto, non c'è proprio da meravigliarsi se la maggioranza dei concessionari rispose che preferiva lavorare solo con la gamma Harley Davidson. Chi lo sa? Io ovviamente non sono in grado di giudicare in merito alle varie voci che mi sono state riferite, anche se ritengo che questa decisione non abbia alcun senso. La mia visione della Harley Davidson è diversa da quella che oggi hanno loro; anni fa pensai che stessero per fare un importante salto di qualità, ma poi non avvenne.
AC – Nel biennio precedente la chiusura, quante moto erano state prodotte dalla Buell?
EB – La nostra produzione era di circa 8000/10000 moto all'anno. Il nostro picco è stato di 12000 moto. Nel 2009 il settore delle moto sportive visse un annata negativa e naturalmente anche noi ne subimmo le conseguenze.
AC – Ci fu quindi un calo di vendite delle Buell nel 2009?
EB – Non conosco le percentuali esatte, ma ci fu, e significativo. Ovviamente questo ha convinto molti che il settore delle supersportive andasse verso una crisi irreversibile e spiega in parte la ragione della scelta della Harley Davidson nei confronti della Buell.
AC – Quali sono i termini del "divorzio"? Ora siete temporaneamente, come Erik Buell Racing, nella vecchia sede della Buell. Ma quali condizioni vi sono state imposte?
EB – L'accordo finale con la Harley Davidson prevede che per un certo periodo non mi sia concesso di tornare a produrre motociclette.
AC – Fino a quando?
EB – Sarebbe fino a febbraio 2011, ma in realtà sono libero di fare ciò che voglio. Cose come ogni proprietà intellettuale rimangono alla HD, ma questo è ciò che succede ogni volta che qualcuno lascia un'azienda.
AC – Così i prototipi delle Buell di nuova generazione, che erano già stati realizzati, specialmente la Barracuda a carenatura integrale, sono rimasti alla HD e verranno distrutti o confinati in un magazzino?
EB – Certo. Io non avrò più alcun diritto nei loro confronti e nemmeno sul nome Buell al termine di quest'anno. Infatti sono riuscito almeno a mantenere l'uso del mio marchio e a poter vendere moto da corsa derivate di serie col nome Buell fino al 21 dicembre 2010. Per me è stato un vantaggio, ma anche per loro, poiché hanno evitato la scomparsa radicale della Buell dal mercato, che avrebbe danneggiato molto quella parte di rete distributiva che aveva ancora delle moto Buell da vendere.
Cathcart intervista Erik Buell
La Barracuda-2
AC – Chi è ora il proprietario del marchio Buell?
EB – La Harley Davidson.
AC – E hanno in progetto di cederlo a qualcuno?
EB – Non mi risulta.
AC – Quali sono i suoi piani per il futuro? O ha in mente di prendersela comoda e di spassarsela?
EB – Io ho tutte le intenzioni di tornare sul mercato delle moto con dei modelli sportivi altamente innovativi. So bene di dover ripartire con cautela, come già feci all'inizio della mia attività, ma so anche che in passato ho introdotto molte novità nel mio campo e voglio continuare a farlo. Io non voglio limiti alla mia creatività, per questo, dovendo senz'altro cercare un partner che finanzi l'impresa, farò sì che sia uno che conosce e capisce la mentalità degli appassionati di moto sportive e del relativo mercato. La mia Buell del futuro è già un disegno sulla scrivania. La B2 che arriverà nel 2011 sarà finalmente la realizzazione del prototipo che concepii già nel 1988 e che è ancora nel mio garage: una sportiva totalmente carenata, bicilindrica e col telaio che ricopre anche la funzione di serbatoio del carburante.
AC – Come il prototipo della Harley VR 1000 Superbike che lei progettò allora, esatto?
EB – Esatto. Metterò in produzione questo telaio dopo 23 anni. Si trattava di una moto radicale in tutti i sensi, ma i manager della Harley Davidson la pensavano diversamente: "Non vogliamo una hyperbike" – dicevano. "Non vogliamo una moto completamente carenata; non vogliamo fronteggiarci con le moto giapponesi; non vogliamo una svolta drastica in senso sportivo. Vogliamo invece una superbike da gentlemen, che nella miglior tradizione della Buell abbia ben in vista il motore, sia protettiva per il pilota e che anche nello stile si riallacci alle Buell già note". Insomma, la situazione alla Harley Davidson in questo senso era decisamente frustrante. Loro decidevano e io dovevo adeguarmi. Però sono convinto che avremmo avuto più successo con una genuina Superbike come la B2, piuttosto che con una sportiva fatta per non spaventare nessuno. Avremmo potuto correre con quella moto e magari fare una bella figura come ha fatto quest'anno Geoff May con la 1190RR nel campionato AMA Superbike. Lo so che alla Harley Davidson pensavano che le corse fossero solo un mio hobby personale, ma in realtà io sono più imprenditore di quanto loro abbiano mai creduto: le corse per un'azienda non sono una decisione estemporanea per fare qualcosa che altri non fanno, ma un'attività importante per affermare in un confronto diretto con la concorrenza il proprio potenziale tecnico e industriale.
AC – È la stessa filosofia dell'Aprilia e della Ducati. E sembra che per loro funzioni...
EB – Giusto. E Dio li assiste perché fanno ciò che devono. E se la gente dice che vado a correre senza la certezza di vincere, rispondo: solo uno alla fine vince e se si dovesse partecipare solo per vincere, non correrebbe nessuno. Insistendo nelle corse, prima o poi la vittoria arriva e in ogni caso correre è la piattaforma ideale per sviluppare i nuovi prodotti.
Cathcart intervista Erik Buell
Alcune moto nell'officina della Erik Buell Racing
AC – La vostra attuale moto da corsa è la 1190RR, derivata dalla 1125R con motore Rotax. La trasformazione è stata operata dalla Rotax stessa, o da voi?
EB – È opera nostra.
AC – È vero che la Harley Davidson, dopo aver chiuso la Buell, ha ricevuto un'offerta d'acquisto della proprietà intellettuale del modello 1125R da parte della Bombardier, la multinazionale di cui fa parte la Rotax?
EB – Non sono in grado di dirlo e in ogni caso non potrei. Posso solo riferire che c'era qualcuno che riteneva valido il marchio Buell tanto da pensare di ACquistarlo dalla Harley Davidson, ma poi non si è concretizzato nulla.
AC – Ha contatti con la Bombardier per eventuali progetti congiunti?
EB – Sì. La Bombardier è una grande azienda; ha una mentalità portata all'innovazione e mi piace lavorare con lei.
AC – Nel caso che non fosse possibile per lei fare una nuova moto col nome Buell, potrebbe usare il marchio CanAm che appartiene alla Bombardier?
EB – La Bombardier non ha intenzione di concedere licenze d'uso del nome CanAm, quindi la cosa sarebbe possibile solo se loro ACquistassero la mia azienda.
AC – Che cosa sta facendo esattamente Erik Buell in questo momento, e che cosa sta vendendo?
EB – Il mio obiettivo attuale è di aiutare i concessionari e avviare un'impresa volta all'attività sportiva per mantenere alto l'entusiasmo e conservare lo spirito del marchio. Vorrei anche continuare a dare lavoro a più persone possibile: attualmente siamo in dieci a tempo pieno e due part-time, quasi tutti del vecchio gruppo Buell. Costruiamo moto stradali con cui andare in pista, per questo manteniamo la trasmissione finale a cinghia. Alcune moto sono state usate per dimostrazioni, per cui costano poco: a partire da 7500 dollari. La Daytona Sportbike è una replica della moto con cui Danny Eslick vinse il campionato AMA e costa 15900 dollari; ha il motore di serie, ma lo scarico da corsa, una centralina speciale, la trasformazione della trasmissione finale a catena, freni e sospensioni da corsa e carenatura alleggerita. Poi abbiamo due versioni della RR con rielaborazione del motore, che ci richiede un sacco di tempo: la ASB è la 1125R in versione AMA Superbike e costa 41900 dollari, mentre la 1190RR è venduta a 44900 dollari. Inoltre siamo in grado di aggiornare qualsiasi Buell alle versioni specificate.
Cathcart intervista Erik Buell
L'attuale sede della Erik Buell Racing
AC – Fintanto che le sarà impedito di utilizzare il nome Buell sulle vostre nuove moto stradali, quale marchio pensa di usare?
EB – Per il momento penso che sul serbatoio comparirà la sigla EBR. Ma non saranno necessariamente solo moto stradali. Fra i miei progetti ci sono infatti anche moto da fuoristrada. Da tempo penso di farne una anche se non è ancora successo; adesso però ci sono vicino.
AC – Questa è una novità! Qualche altro dettaglio tecnico?
EB – Motore speciale Rotax monocilindrico di 450 cc. Non puntiamo a produrre la moto più leggera in assoluto, ma molto leggera, però più affidabile delle concorrenti, che esiga poca manutenzione e sia molto facile da avviare. Avrà un telaio in alluminio che fungerà anche da serbatoio del carburante e altre attrattive del genere. Al tempo della Harley Davidson abbiamo speso anni e molti milioni di dollari su questo progetto, ma poi i manager decisero che non era adatto al marchio Buell. Noi sapevamo invece che molti concessionari avrebbero gradito che in gamma ci fossero anche moto da fuoristrada. Lo stop arrivò tra la fine del 2006 e l'inizio del 2007 e penso che quello sia stato l'inizio della fine della Buell.
AC – Se non le riuscirà di trovare un partner finanziario per avviare la nuova attività di costruttore, potrebbe collaborare con un'industria motociclistica che le chiedesse consulenza?
EB – È possibile. Ho intenzione di rimanere nel settore motociclistico e l'unica cosa che realmente mi interessa è di ritrovarmi in un posto in cui possa realizzare idee innovative. Io non voglio che ciò che ho fin qui detto suoni come un giudizio negativo nei confronti della Harley Davidson, che a suo tempo ha dimostrato di condividere ciò in cui io credevo. È solo che dopo le cose sono cambiate.
AC – Lei è al corrente che in Giappone, Europa e Australia le Buell sono oggetti di culto, oppure era tanto impegnato nel lavoro da non ACcorgersene?
EB – Non lo so se sia vero. Me lo hanno detto, ma non posso confermarlo. Penso però che gli appassionati di moto in Italia, Germania, Giappone e Australia abbiano compreso che io sono come loro, che per me la moto è davvero una passione. Lei, Cathcart, mi conosce da molti anni e sa che quello che dico è vero: io sono uno di loro.
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