Moto & Scooter
Ciao Baldassarre
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Per un banale incidente l'ex pilota della Superbike è morto a 47 anni. Lui che era sopravvissuto a due incidenti gravissimi ha perso la vita in scooter, scontrandosi frontalmente con un'auto
È passato ormai qualche giorno da giovedì 20 novembre, quando Sarre se n'è andato.
Era sera e stava tornando a casa nella sua Sorbolo, in provincia di Parma.
Così un "banale" incidente stradale ci ha portato via uno dei migliori interpreti dei primi mondiali della Superbike, ex pilota ufficiale Ducati, Honda-Rumi e Yamaha.
Per il sottoscritto Monti era soprattutto un amico.
Era sera e stava tornando a casa nella sua Sorbolo, in provincia di Parma.
Così un "banale" incidente stradale ci ha portato via uno dei migliori interpreti dei primi mondiali della Superbike, ex pilota ufficiale Ducati, Honda-Rumi e Yamaha.
Per il sottoscritto Monti era soprattutto un amico.
Ci conoscevamo dall'88, da quando vinse a mani basse il Campionato Italiano delle Bicilindriche, la BOT.
Ed eravamo casualmente insieme l'anno dopo, quando provò la prima volta a Vallelunga la Ducati 888 ufficiale.
Il debutto fu traumatico, perché Sarre rimase spaventato dalle prestazioni della rossa.
Si rintanò nel camper disperato, ma di lì a poco sarebbe diventato uno dei protagonisti della Superbike.
Chiuse il suo primo anno nel Mondiale all'ottavo posto finale e l'anno successivo passò alla Honda-Rumi, team del quale chi scrive curava l'ufficio stampa.
Come compagno di squadra trovò un osso durissimo, il bicampione del mondo Fred Merkel, ma fra i due nacque subito una certa armonia, e Sarre replicò l'ottavo posto finale in campionato, nonostante la RC30 fosse ormai in fase calante.
Poi venne il '91, e un primo terribile incidente.
Eravamo a Zeltweg, in Austria: una caduta in prova mandò Sarre in coma per diversi giorni.
Tutti noi del team facemmo i turni per andargli a parlare e stimolarlo al risveglio.
Da quella botta Monti tornò ancora più competitivo.
Tre anni dopo, nel '94, un altro incidente ancora più terrificante, al TT dell'Isola di Man.
C'era andato solo per fare passerella, almeno così diceva, ma lui non era tipo da mezze misure, e pagò schiantandosi contro il muro della casa di Nigel Mansell.
Da quella seconda botta Monti non si riprese più del tutto, e dovette smettere di correre.
Da anni viveva tranquillo, frequentando solo saltuariamente l'ambiente degli autodromi.
Non ci sentivamo più, come succede spesso quando il lavoro porta ad allontanarsi.
L'ultima volta avevamo cenato insieme anni fa, io, lui e Falappa, a una cena di moto club.
Ci eravamo sfiorati quest'anno a Varano, fra le mille cosa da fare per la gara, non lo avevo chiamato per bere qualcosa insieme.
Non pensavo che a lui sarebbe mai successo qualcosa di irreparabile.
In fin dei conti, ricordo ancora la tranquillità del fratello Paolo a Zeltweg, quando ci disse che Sarre si sarebbe svegliato, perché aveva fatto la stessa cosa da ragazzino, quando era finito in coma per un incidente in bicicletta.
E ancora il TT, che lo aveva punito senza riuscire ad ucciderlo.
Invece oggi Baldastardo, come lo chiamava sfottendolo Fred Merkel, se n'è andato.
E a noi non resta che ricordare i tantissimi momenti vissuti insieme nei paddock, i viaggi in macchina, e gli scherzi infiniti che facevamo dappertutto.
Era un pilota d'altri tempi.
Ciao campione.
Ed eravamo casualmente insieme l'anno dopo, quando provò la prima volta a Vallelunga la Ducati 888 ufficiale.
Il debutto fu traumatico, perché Sarre rimase spaventato dalle prestazioni della rossa.
Si rintanò nel camper disperato, ma di lì a poco sarebbe diventato uno dei protagonisti della Superbike.
Chiuse il suo primo anno nel Mondiale all'ottavo posto finale e l'anno successivo passò alla Honda-Rumi, team del quale chi scrive curava l'ufficio stampa.
Come compagno di squadra trovò un osso durissimo, il bicampione del mondo Fred Merkel, ma fra i due nacque subito una certa armonia, e Sarre replicò l'ottavo posto finale in campionato, nonostante la RC30 fosse ormai in fase calante.
Poi venne il '91, e un primo terribile incidente.
Eravamo a Zeltweg, in Austria: una caduta in prova mandò Sarre in coma per diversi giorni.
Tutti noi del team facemmo i turni per andargli a parlare e stimolarlo al risveglio.
Da quella botta Monti tornò ancora più competitivo.
Tre anni dopo, nel '94, un altro incidente ancora più terrificante, al TT dell'Isola di Man.
C'era andato solo per fare passerella, almeno così diceva, ma lui non era tipo da mezze misure, e pagò schiantandosi contro il muro della casa di Nigel Mansell.
Da quella seconda botta Monti non si riprese più del tutto, e dovette smettere di correre.
Da anni viveva tranquillo, frequentando solo saltuariamente l'ambiente degli autodromi.
Non ci sentivamo più, come succede spesso quando il lavoro porta ad allontanarsi.
L'ultima volta avevamo cenato insieme anni fa, io, lui e Falappa, a una cena di moto club.
Ci eravamo sfiorati quest'anno a Varano, fra le mille cosa da fare per la gara, non lo avevo chiamato per bere qualcosa insieme.
Non pensavo che a lui sarebbe mai successo qualcosa di irreparabile.
In fin dei conti, ricordo ancora la tranquillità del fratello Paolo a Zeltweg, quando ci disse che Sarre si sarebbe svegliato, perché aveva fatto la stessa cosa da ragazzino, quando era finito in coma per un incidente in bicicletta.
E ancora il TT, che lo aveva punito senza riuscire ad ucciderlo.
Invece oggi Baldastardo, come lo chiamava sfottendolo Fred Merkel, se n'è andato.
E a noi non resta che ricordare i tantissimi momenti vissuti insieme nei paddock, i viaggi in macchina, e gli scherzi infiniti che facevamo dappertutto.
Era un pilota d'altri tempi.
Ciao campione.
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