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Mulhacen: la sfida spagnola

il 09/11/2005 in Moto & Scooter

La Derbi sta per presentare la versione definitiva della sua originale proposta di design che esprime anche una nuova tendenza di mercato. Per la Casa di Martorelles, è un progetto importante, come ci ha spiegato in esclusiva l’ing. Klaus Nennewitz, che

Mulhacen: la sfida spagnola
La Mulhacén in prova con un collaudatore della Casa

di Luca Parretti

L'ing. Klaus Nennewitz creatore della Mulhacén

Martorelles, Spagna -
Un anno. È passato solo un anno da quando, nel settembre del 2004, potemmo ammirare la novità assoluta della Derbi all’Intermot di Monaco. Una scrambler, cosi' fu frettolosamente definita la Mulhacen 659, una monocilindrica dal design decisamente innovativo proposta da una Casa spagnola che storicamente si era sempre occupata solo di motoleggere.

Una moto che ha incuriosito molti e che ha convinto la Piaggio, proprietaria della Derbi, a dare il suo “imprimatur” per trasformare un’idea in una concreta proposta commerciale.
Noi abbiamo seguito con attenzione lo sviluppo della Mulhacén e recentemente abbiamo avuto accesso alla “restricted area” dello stabilimento di Martorelles, in Spagna. Per primi vi raccontiamo come è nata questa moto, con l’aiuto di chi l’ha dapprima sognata, e poi realizzata: l’ing. Klaus Nennewitz, una tecnico giovane, ma già esperto e ben conosciuto per aver firmato, prima di trasferirsi alla Derbi, moto di successo, come l’Aprilia Tuono.


- Ingegner Nennewitz, come è nata l’idea della Mulhacén?
“Quando venni alla Derbi dall’Aprilia, venni incaricato di sviluppare le motoleggere da enduro e supermotard; ad esempio curai la Senda 125 a quattro tempi. Poi la Piaggio, già proprietaria della Derbi, decise di acquistare l’Aprilia. A quel punto avvenne una svolta e l’amministratore delegato mi chiese di avviare il progetto di un prototipo che mostrasse le capacità progettuali e tecnologiche della Derbi nelle medie cilindrate. Il tutto sarebbe dovuto essere pronto, in forma di maquette, per il salone di Monaco”.
- Come si è arrivati alla definizione del carattere della Mulhacén?
“In realtà la Mula
(così la chiamano nello stabilimento, n.d.A.) era nata nella mia testa parecchio tempo addietro. La prima intuizione risale al 1996, quando negli Stati Uniti una moto da dirt track, una Wood Rotax, vinse la famosa Pikes Peak, una gara in salita su terra battuta. Mi piacque subito l’idea che una moto leggera, non da enduro, in un tracciato insidioso e pieno di curve, su terra battuta, riuscisse a mettersi dietro fior di moto specialistiche. Da allora l’idea di realizzare qualcosa di simile, almeno concettualmente, non mi ha più abbandonato. Quindi, quando alla Derbi mi hanno dato la possibilità di esprimermi con un progetto tutto mio, il primo pensiero è andato a quella moto che, quasi dieci anni prima, aveva fatto il diavolo a quattro sulla montagna del Pickes Peak".


Il primo nome assegnato al progetto era: "Tracker 660"

" Naturalmente non si poteva riprendere pari pari la ricetta americana, bisognava renderla civile e vicina al gusto europeo. Mulhacén per l’appunto, il picco più alto della penisola spagnola. Ci si è quindi ispirati a più modelli, come ad esempio le scrambler o le regolarità d’inizio anni Settanta. La logica che comunque domina, a livello d’impostazione, rimane quella del dirt track, tanto che i primi bozzetti di stile della moto, realizzati dal designer José Gonzales, prevedevano una livrea praticamente a stelle e strisce e il nome provvisorio di Tracker 660”.

- Veniamo a Monaco: la presentazione fu un successo. Pensavate già alla produzione in serie?
“Veramente non ci aspettavamo un successo di critica così grande, sia da parte della stampa che da parte del pubblico. L’idea era quella di stupire, e di farlo precisamente con una moto diversa dai prodotti per i quali gli appassionati conoscono il nostro marchio. L’interesse venutosi a creare attorno a questo progetto fu tale che subito dopo Monaco si cominciò a fare due conti sulla effettiva possibilità di produrre in serie la Mulhacén. Visto che in numeri ci davano ragione, abbiamo avuto via libera dalla Piaggio per continuare i lavori. Alcuni imprevisti, dovuti alla realizzazione di altri modelli importanti per la Casa ci hanno portato con un leggero ritardo a collaudare i primi prototipi marcianti nell’aprile di quest’anno”.

La porta d'ingresso del reparto esperienze della Derbi in Spagna. Non ci ha fermato.

- Abbiamo visto i prototipi di settembre e quelli più recenti; in pochi mesi avete fatto molti passi avanti. Quanto vi ha aiutato l’appartenenza al Gruppo Piaggio nello sfruttare esperienza e componentistica di altri modelli?
“La parte più lunga è quella della definizione della componentistica specifica. In principio ci siamo serviti di diverse parti provenienti da moto del Gruppo e abbiamo discusso con chi aveva affrontato il problema di cucire una moto nuova addosso al motore Yamaha 659, quello che equipaggia la TT. I nostri colleghi dell’Aprilia avevano infatti da poco realizzato la nuova Pegaso, e gli scambi di informazioni hanno aiutato a risparmiare tempo ed errori di gioventù. Gli ultimi mesi, tra collaudi su strada e simulazioni di durata, ci hanno portato via molto tempo per la costruzione di componenti dedicati. Ad esempio, la scatola del filtro dell’aria, che ci ha fatto penare per trovarle una collocazione ottimale, è stata dapprima realizzata in alluminio, a mano. Una volta trovata la giusta volumetria, abbiamo fornito il “prototipo” ai fornitori che hanno realizzato un air box in materiale plastico".


Un prototipo in lavorazione nel reparto esperienze. Il fanale è probabilmente quello definitivo

"Per il faro anteriore, che tra l’altro aveva ricevuto qualche critica, ci siamo trovati con il problema della poca efficienza, dovuta alle dimensioni modeste. Abbiamo dovuto quindi, insieme al designer, realizzare delle soluzioni alternative e costruirle a tempo di record per i test. In ottobre abbiamo affrontato il problema della conformazione del codino per ospitare il passeggero. Sono problemi che, per essere risolti elegantemente, richiedono un certo tempo: il rischio di sporcare la linea o di pagare allo stile il prezzo della poca praticità cerchiamo sempre di evitarlo".

- La Yamaha proporrà la MT-03, potrebbe essere una concorrente?
“La MT-03 è un progetto interessante, ma che non vedo in competizione con la nostra 659. Le impostazioni, eccezion fatta per il motore che è lo stesso, sono diverse e credo che anche la fascia di pubblico che può interessare sia leggermente diversa. La Mulhacén è talmente particolare che credo ruberà clienti ad altre famiglie di moto”.
- Stiamo parlando delle Supermotard specialistiche?
“Chi ha provato una motard purosangue su strada sarà rimasto colpito da due cose: l’efficacia – e quindi le emozioni che sa regalare – e per contro la scomodità nei trasferimenti. Andare al mare o a fare un viaggio, anche corto, può trasformarsi in un incubo. La nuova Derbi è pensata per essere leggera ed efficace nelle curve, ma al contempo deve poter essere una moto godibile anche nelle scampagnate o nei brevi viaggi in due”.



- Si cerca pubblico quindi nella fascia delle moto “intelligenti”?
“Non proprio. La Mulhacén sarà una moto esclusiva, nel design e nelle soluzioni tecniche, innovative e di qualità. Il prezzo quindi non sarà da entry level. Questo era un concetto che avevamo chiaro fin dall’inizio: non si voleva scopiazzare tutti i generi per fare semplicemente una moto modaiola che fa tutto ma poco bene”.

- Come avete stabilito le misure “vitali” della Mulhacén?
“Prima di tutto abbiamo stabilito le caratteristiche essenziali del progetto, come interasse, inclinazione del canotto di sterzo, altezza sella, lunghezza del forcellone etc. poi abbiamo realizzato dei prototipi con la possibilità di effettuare alcune regolazioni delle quote principali della ciclistica, così da poter, piano piano delinare l’assetto più giusto per il modello specifico. Per esempio abbiamo creato delle speciali “bussole” per cambiare in tempi rapidi l’inclinazione del canotto di sterzo. Pochi decimi possono stravolgere il carattere di una moto. Oltre a vari manubri con inclinazioni diverse, abbiamo delle pedane pluriregolabili che ci consentono di trovare il compromesso migliore per tutti i clienti. È un lavoro lungo, perché bisogna lavorare su una regolazione alla volta e i tester devono essere ben allenati per “sentire” le variazioni. Abbiamo “congelato” le quote definitive all’inizio di settembre.

La molla del monoammortizzatore tornita e le pedane regolabili del prototipo

- Anche con le sospensioni il lavoro è stato duro?
“Abbiamo utilizzato inizialmente una forcella pluriregolabile per individuare il giusto setting, e stabilire la taratura standard di produzione. Per il monoammortizzatore il processo è stato simile. La parte più artigianale ha riguardato la tornitura della molla, con asportazione di materiale fino a trovare il diametro corretto del filo d’acciaio. Sulla Mulhacén l’ammortizzatore è laterale; si tratta di un’unità raffinata, pluriregolabile, dotata di leveraggi progressivi ed ancorata ad un forcellone di grande pregio e rigidità, realizzato in alluminio. Un’altra novità che abbiamo sviluppato sono i pneumatici, creati dalla Pirelli esclusivamente per questo modello”.
- E lo stile? Come siete arrivati al disegno finale della Mulhacén?
“Siamo partiti dai soliti bozzetti per delineare il carattere della moto, poi siamo passati alla realizzazione di modelli tridimensionali con il cad, infine, quote tridimensionali alla mano, abbiamo realizzato le maquette con un materiale simile alla plastilina, da queste abbiamo ottenuto lo stampo per le plastiche originali”.



- Vedremo una Mulhacén bicilindrica, o con cilindrata superiore?
“Non credo. L’unità di 660 monocilindrica rappresenta l’apice nelle motorizzazioni Derbi. Produciamo moto leggere, come nella tradizione spagnola. C’è già Aprilia che propone moto sportive di cilindrata superiore e Moto Guzzi ricopre la fascia più esclusiva, dal turismo alle sportive di classe. Credo invece che vedremo molte interpretazioni del progetto Mulhacén: è una moto completamente nuova, studiata pensando ad una base per lo sviluppo di tanti modelli accattivanti. È una valida base per realizzare delle special, noi offriremo gli strumenti e gli spunti per dare la possibilità agli utenti di modellare a proprio piacere una moto piena di contenuti e di esclusività”.

Mulhacen: la sfida spagnola
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