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Novegro: novembre 2004

il 18/11/2004 in Moto & Scooter

Altissima affluenza di pubblico alla classica mostra scambio di fine anno. Protagoniste della retrospettiva alcune delle moto più belle della produzione italiana degli anni ’70: Laverda, Mv Agusta e Ducati

Novegro: novembre 2004
Ancillotti Scarab 125 del 1974

Sembra ripetitivo, ma ogni anno l’edizione di novembre della Mostra Scambio di Novegro resta la più seguita e la più amata dal pubblico curioso, dagli appassionati e da chi sa di contare su una vetrina ineguagliabile per esporre la propria mercanzia. Anche quest’anno, dunque, migliaia di persone su e giù per padiglioni e “vasche” all’esterno del mercatino; tanti stranieri, come di consueto da qualche stagione, tra tedeschi, inglesi, francesi e dall’Est europeo e la possibilità di spuntare qualche affare per completare il proprio restauro o per avere ricambi.


Sotto i riflettori nel padiglione centrale l’esposizione delle moto che hanno fatto la storia degli anni ’70 in Italia, accompagnata dalla presentazione del libro “Le moto italiane degli anni ‘70” di Giorgio Sarti (Giorgio Nada editore). Benelli 750 Sei, Ducati 750 SS, Ducati 900 Mike Hailwood replica, Laverda 750 SF, MV Agusta 750 Sport, Laverda 1000 3 cilindri e Moto Guzzi 850 Le Mans.

Erede della 750, la prima bicilindrica Ducati con il comando desmodromico presentata al Salone di Torino del 1973, la 900 Ss viene realizzata in quattro serie, dal 1975 al 1982 per un totale di 6103 esemplari. Un periodo significativo nella metamorfosi di una moto, segnata dal passaggio dalle ruote a raggi ( 2° e 3° serie) alle classiche ruote in lega di colore oro sulle ultime due, in produzione dal 1978 al 1982. L’esemplare esposto a Novegro è un seconda serie che mantiene gli stessi colori della prima, grigio e azzurro, con la differenza del serbatoio liscio rispetto a quello svasato, con decals differenti, della prima.


E’ la moto con cui il leggendario Mike Hailwood vince il Tt nella categoria F1 nel 1978. “Mike the bike” ha già al suo attivo 9 titoli mondiali, ma manca dalle gare da una decina d’anni. A una media di 174 km orari, e una velocità record sul giro di 178, lascia indietro tutte le giapponesi 1000 di cilindrata, più potenti ma non così affidabili per tenuta di strada e maneggevolezza come la moto italiana. Tra gli avversari c’era anche un certo Phil Read. Una curiosità: la colorazione rosso – verde rappresentava lo sponsor personale del grande pilota inglese, la Castrol. Colori caratteristici di tutte le tre serie, dal 1979 al 1984 per un totale di 7179 esemplari prodotti.

Sulla base della Sf, una delle moto italiane più rappresentative di quegli anni (oltre 13 mila esemplari prodotti), deriva la sportiva Sfc, un modello dedicato espressamente alle corse con targa e luci. Un pezzo davvero raro per i numeri che contraddistinguono la sua produzione: 549 esemplari realizzati tra il 1971 e il 1974. Pochi esemplari, grande valore: la prima serie è la più ricercata, ma anche le altre non sono da meno. Il motore è un due cilindri affiancati fronte marcia e inclinati di 25°, con 68 cavalli di potenza; la distribuzione è monoalbero a catena. Il colore arancio? Una scelta essenziale, dettata anche dalla necessità di scorgere la moto al buio, durante le gare di durata per le quali era destinata.


E’ la prima italiana a raggiungere la soglia dei 1000 cc. e rappresenta la prima risposta, nei primi anni ’70, alle giapponesi che ormai incalzano il mercato da qualche anno. Numeri limitati per quella che è stata la prima 3 cilindri 1000 nel panorama motociclistico (Yamaha, Triumph e Bsa sono 750) se confrontata con gli oltre 120 mila pezzi della Kawasaki Z1 900: 4200 esemplari dal 1972. La prima Laverda 1000 arriva in pista, in via sperimentale, al Bol d’Or del 1972; i risultati più importanti nel 1974, con un 3° posto nella 24 ore di Barcellona, e nel 1975 con un 3° posto nella 1000 km del Mugello con Brettoni – Cereghini e un 2° e 3° posto nella 24 ore di Spa, con le coppie Gallina – Cereghini e Lucchinelli – Fougeray.

Poteva essere la sportiva italiana “assoluta”, come la definisce Sarti, ma con il cardano c’era ( e c’è) poco da fare. Presentata al Salone di Milano del 1969, è stata prodotta dal 1970 al 1975 in 1490 esemplari. In quell’anno i giapponesi hanno gia dimostrato tutta la loro forza, e la Mv deve fare i conti con un altro 4 cilindri, e non uno qualsiasi: la 750 Four, capostipite di un’epoca di quadricilindriche. Singolare la situazione a livello collezionistico: poco ambita negli anni ’70, a causa del prezzo elevato e delle prestazioni non all’altezza delle aspettative, dopo un periodo di disinteresse negli anni ’80 risale vertiginosamente la china diventando particolarmente desiderata dagli appassionati del marchio varesino, con quotazioni molto elevate. Con una serie di modifiche per aumentarne la cavalleria, la Mv ne prepara due esemplari da gara che saranno utilizzati da Giacomo Agostini e Alberto Pagani alla 200 Miglia di Imola del 1972. La coppia si ritirerà per noie meccaniche. Da notare che la moto da competizione aveva i tamburi e il cardano, mentre una versione con freni a disco e la trasmissione a catena non sarà utilizzata in nessuna gara.


Il nome, anzi l’idea nasce da una richiesta proveniente dagli Stati Uniti. Due rappresentati locali degli interessi Mv e del conte Agusta oltremare chiedono alla casa di Cascina Costa di importare una nuova 4 cilindri che abbia buone potenzialità di vendita. Migliorano le prestazioni rispetto alla Sport, anche per l’aumento della cilindrata, ma non basta per farla volare nelle preferenze degli acquirenti. Il cardano è ancora lì, come nella Sport, a penalizzarla nelle prestazioni complessiva. La 750 America viene realizzata in soli 350 esemplari a un prezzo decisamente elevato: 4 milioni e 112 mila lire nel 1976 e 4 milioni e 560 nel 1977. In quegli anni una media di famiglia come l’Alfa Romeo Giulia costava circa tre milioni di lire.

Una delle regine del fuoristrada degli anni ’70, la Swm, ha trovato degna e ammirata rappresentazione grazie alla prima moto prodotta. Nello stand del registro Storico Mauro Sironi, figlio del fondatore della casa milanese, ha esposto la prima moto prodotta, con telaio 0001. E’ la prima Six Days 125 del 1971 col motore Sachs, capostipite di una lunga e fortunata serie di modelli prodotti fino al 1976, tra Six Days e Silver Vase, nelle versioni Er (elaborazioni Rivolta) e Es (elaborazione Sachs) a contraddistinguere le versioni più o meno “preparate”. Fino all’ultima serie Silver Vase 7 marce, quella che decreterà la fine del propulsore più famoso e diffuso degli anni d’oro della regolarità e la comparsa dei motori Rotax ( da 125 cc a 440).


Ammiratissima nello stand del Registro Storico Ancillotti la 125 Scarab Cross Internazionale. La moto è di proprietà di Alfredo Gramitto Ricci, animatore storico del sodalizio che fa rivivere l’epopea delle due ruote fiorentine, mentre il restauro è stato effettuato da Sebastiano Giunta e Daniele Fiorenzi. In esposizione da Gramitto Ricci anche una rarissima Ancillotti 250 PSV regolarità con motore Villa del 1980. Di questa marca interessante il pezzo proposto da Rudi Zilli (339-7427887), uno Scarab 125 del 1974 (qui sotto) , con documenti originali e completamente restaurato a 3.500 euro.


Novegro: novembre 2004
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