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Hyosung Comet GT650

il 25/08/2004 in Moto & Scooter

Abbiamo provato per voi la nuova naked media coreana. Più potente della concorrenza, è divertente, agile ed ha telaio e sospensioni all'altezza. Parola di Alan Cathcart



Date un’occhiata qui, care Suzuki, Ducati, Aprilia e pure Honda. Insomma tutti i costruttori di bicilindriche stradali tra i 600 e i 1000 cc. Non ci sono buone notizie, per voi: la Hyundai a due ruote è finalmente arrivata a farvi concorrenza. In realtà, per i potenziali clienti, la notizia è ottima: arriva dalla Corea una roadster bella e affidabile, competitiva anche a livello di ciclistica. Il tutto a un prezzo inferiore a quello di un maxi-scooter monocilindrico: 5.960 euro.



Insomma, diamo il benvenuto alla Hyosung Comet GT650. Dopo il debutto al Salone di Milano dello scorso anno, la naked asiatica è attualmente in produzione, con i primi esemplari già spediti agli importatori in giro per il mondo. La Comet 650 si affianca alle due versioni da 125 e 250 cc raffreddate ad aria/olio, e in questi mesi la Casa sud-coreana sta già lavorando a una versione 1000: comparsa anch’essa a Milano, ma in forma di prototipo, la millona monterà un bicilindrico otto valvole raffreddato a liquido con distribuzione dohc a catena.



Ma torniamo alla nostra 650: si tratta di una credibile alternativa ai prodotti giapponesi e italiani. Già, perché questa Hyosung, come vedremo, è una vera sorpresa: si tratta si una Casa capace di standard qualitativi molto alti, come abbiamo scoperto in un’approfondita visita presso gli stabilimenti.



Il motore della Comet è di produzione Hyosung: è un 647 cc (alesaggio per corsa 81,5 x 62 mm) alimentato a carburatori. È evidente che il termine di paragone per la Comet sia la Suzuki SV650 (alimentata a iniezione elettronica, come pure la Ducati Monster 620), dunque per farci un’idea è proprio con essa che la confronteremo. Il motore Hyosung è superiore al rivale nipponico nei valori di potenza (79 CV a 9.000 giri contro 70) e coppia (6,9 kgm contro 6,5).



Questi vantaggi sono parzialmente annullati dalla differenza di massa: la Comet pesa 180 kg, contro i 165 della SV (che ha il telaio in alluminio). Il telaio è un traliccio in acciaio. Le componenti ciclistiche sono in gran parte firmate Daesung: la forcella ha steli rovesciati da 41 mm di diametro ed è regolabile nel precarico, compressione ed estensione. Il forcellone scatolato in acciaio è ammortizzato da una unità regolabile nel precarico e a leveraggi progressivi.



Anche l’impianto frenante è della stessa marca (Daesung): è composto da tre dischi in acciaio, due anteriori da 300 mm e uno posteriore da 260. Sia davanti che dietro le pinze sono a due pistoncini. Le gomme sono Pirelli Diablo: da 120/60 e 160/60. Bisogna evidenziare l’alta qualità della componentistica, soprattutto sospensioni, ruote e pneumatici: la Comet davvero non è una motocicletta nata come scopiazzatura economica delle moto giapponesi e italiane.



Dando uno sguardo da vicino alla Comet 650, ci si accorge che sono rintracciabili in alcuni particolari le ragioni di un prezzo così competitivo. Ovviamente la voce “costi” si fa più leggera grazie alla scelta del telaio in acciaio e dell’alimentazione a carburatori. Le leve al manubrio non sono regolabili (ma la frizione è leggerissima, per fortuna!), e manca una maniglia per il passeggero.



Alla strumentazione fa difetto l’indicatore del livello carburante, anche se ci sono due spie: la prima si accende a metà serbatoio (che contiene 17 litri), la seconda quando si entra in riserva. Buone, comunque, l’autonomia e le percorrenze. Nel mio test, di circa 800 km sulle strade intorno a Sidney, ho riscontrato un consumo medio di circa 18 chilometri con un litro di verde.



Pollice verso al comfort su superfici scabrose: pavè e asperità varie mettono in crisi la Comet 650, soprattutto al retrotreno: a mio parere andrebbero riviste le geometrie della sospensione posteriore, bisognerebbe alzare la sella di tre centimetri e allungare del 25% l’escursione dell’ammortizzatore.

La possibilità di guidare la Comet per cinque giorni ci è stata offerta dall’importatore australiano Rick Atkinson. In realtà le motociclette in prova erano due: una di serie, così come esce dagli stabilimenti coreani, e l’altra leggermente modificata per il mercato dell’Oceania, a livello di setting delle sospensioni e di posizionamento di leve e pedali. Proprio Atkinson si dice molto orgoglioso della Comet, che sta avendo un ottima accoglienza sul mercato e che si sta rivelando una motocicletta estremamente affidabile: i problemi riscontrati finora riguardano esclusivamente l’impianto elettrico, che peraltro non è di produzione interna all’azienda di Changwon.

In sella è il motore a impressionare subito molto positivamente: il bicilindrico si avvia senza sussulti e vibra pochissimo fino al limitatore (che interviene ad 11.000 giri indicati), ma soprattutto spinge con progressività e vigore fin dai 2.000. La curva di coppia, praticamente piatta, conferisce al 650 coreano un grado di flessibilità sorprendente per un V-Twin di queste dimensioni. Se ci si vuole godere al massimo la guida, è comunque meglio far girare il propulsore tra i 5.000 e gli 8.500.
Nel mio lungo giro quotidiano, mi è capitato di trovarmi nel centro di Sidney all’ora di punta: in quel caso ho avuto modo di apprezzare lo sterzo leggero che assicura un buon senso di controllo, e la risposta pronta (e senza strappi) del motore anche ai bassissimi regimi.



Esente da difetti la trasmissione, col cambio preciso e morbido: anche il folle si trova facilmente.
Buona la risposta della forcella: completamente regolabile, ha molle forse un po’ troppo cedevoli, ma l’affondamento in frenata alla fine non è eccessivo fino ai 130 km/h. Anche la fatidica buca in mezzo alla curva è un ostacolo che non fa troppa paura: la Comet non monta un ammortizzatore di sterzo, ma non se ne sente il bisogno. Meno soddisfacente l'azione del mono posteriore, che pare un po' sfrenato, e ha un'escursione insufficiente.
Anche i freni non ci sono parsi sempre all'altezza, nemmeno quelli dell'esemplare modificato da Atkinson (che gli ha montato pastiglie EBC), e nelle staccate violente diventa necessario aiutarsi col freno posteriore. La situazone si aggrava in condizioni di bagnato, dove le pinze mordono ancora meno. Ma sembra che Hyosung si stia già muovendo per risolvere questi problemi (equipaggiando la Comet con nuove pinze, magari Nissin o Brembo e con un nuovo monoammortizzatore): del resto -lo abbiamo visto- questa è gente che impara in fretta!



Motore: due cilindri a V, raffreddato a liquido, otto valvole, quattro tempi, cilindrata 647 cc, alesaggio èper corsa 81,5 x 62 mm. Potenza 79 CV/9.000 giri al minuto, coppia massima 68,1 Nm/7.200 giri al minuto. Alimentazione: due carburatori Mikuni da 39 mm. Accensione elettronica CDI.

Trasmissione: sei rapporti, frizione multidisco in bagno d'olio.

Ciclistica: telaio a traliccio in acciaio. Forcella a steli rovesciati da 41 mm comploetamente regolabile, escursione 120 mm. Forcellone scatolato in acciaio con monoammortizzatore regolabile nel precarico e leveraggi progressivi, escursione 120 mm. Angolo del cannotto di sterzo: 25°. Freni:due dischi anteriori in acciaio da 300 mm, disco singolo posteriore da 260 mm, pinze a due pistoncini. Cerchi da 17 pollici, pneumatici 120/60 e 160/60.

Dimensioni: serbatoio da 17 litri, altezza sella 780 mm, peso 180 kg, interasse 1.435 mm.

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