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Kawasaki ZX-6R Vs Z1000

il 11/07/2003 in Moto & Scooter

Due moto diverse per impostazione e cilindrata, ma simili per personalità e prezzo: se avete 10.000 euro da spendere e le nuove Kawa vi hanno colpito, ecco tutto ciò che vi serve sapere per scegliere


di Alberto Dell'Orto, foto Alex Photo

Con i nuovi modelli proposti al salone dell’anno scorso la Kawasaki ha dato segni di vitalità e sembra uscire da una fase "riflessiva" che agli appassionati cominciava ormai ad apparire troppo lunga. In particolare i modelli ZX-6R e Z1000 si sono imposti all’attenzione del pubblico per la veste stilistica originale e aggressiva che li proiettava direttamente nella zona più hi-performance dei relativi segmenti di mercato. In parole povere, era chiaro fin dal disegno della carrozzeria che con quei modelli la Kawasaki intendeva aggredire i settori naked e supersport con qualcosa che puntasse direttamente a diventare un punto di riferimento per tutti. Insomma, l’abito non farà il monaco, però di certo è una componente importante, che deve rendere riconoscibile l’anima di una moto, seguirne coerentemente le inclinazioni.

Effettivamente nel panorama delle naked giapponesi la Z1000 ha creato un terremoto: avremmo potuto immaginare un’estetica del genere, aggressiva, senza compromessi, un vero e proprio balzo in avanti, solo da una casa europea, e per giunta uno di quei marchi, come Cagiva o KTM, che ha sempre fatto della provocazione e dell’estremo (relativamente a un prodotto di grande serie) la propria bandiera e il proprio elemento di riconoscibilità. E anche la ZX-6R, con la cilindrata anomala di 636 cc e quel muso cattivo (mentre le concorrenti puntano su aerodinamica e sapore hi-tech), ha catalizzato l’attenzione del pubblico, che poi ha potuto scoprire le virtù tecniche del modello, il primo 600 a montare le pinze radiali di serie.

Cosa le accomuna? Perché accostarle in un confronto che le vede divise dal segmento di mercato e da una differenza di cilindrata che sfiora il 40%? In realtà le cose che le rendono confrontabili sono più di una: lo stesso codone, la stessa strumentazione, la stessa aggressiva efficacia, e anche un prezzo dannatamente simile…

Due moto al top dei rispettivi segmenti. Non solo per una dotazione tecnica estremamente completa, non solo per un’efficacia di guida straordinaria, ma anche per una cura dei dettagli che segna un nuovo traguardo, se non in assoluto, certo in casa Kawasaki, che pure non si è mai fatta rimproverare sull’argomento. Andiamo per ordine: la ZX-6R, per aspirare al ruolo di regina di classe, ha dovuto subito calare il carico da undici: avantreno racing che più non si può, unica 600 con forcella a steli rovesciati e pinze ad attacco radiale, tanto per far capire che non si scherza. Stessa forcella, ma con piedini e pinze più tradizionali, sulla Z1000, che però esibisce un tocco da special di classe: i cerchi a tre razze verniciati nel colore della carrozzeria e dotati di un godurioso canale diamantato con alluminio a vista.

I comandi sono tradizionali: sparito l’interruttore delle luci con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Strada, i blocchetti elettrici sono comunque rimasti i soliti, semplici, ben studiati dal punto di vista ergonomico e rifiniti adeguatamente. Le strumentazioni appaiono uguali al primo sguardo: in realtà celano piccole differenze come il fondoscala del contagiri (zona rossa a 15.500 giri per la ZX-6R!) e la presenza dell’indicatore del livello del carburante sulla Z1000, che nella 600 lascia il posto, e purtroppo non affianca, il cronometro per i tempi sul giro, mentre appare una spia arancione che indica l’opportunità di cambiare all’approssimarsi del fuorigiri.

Straordinaria la somiglianza del codone, anche se in realtà ci sono piccole differenze che li rendono non perfettamente intercambiabili: uguali sono comunque fanali, portatarga e selle. Il livello di finitura è piuttosto elevato: le verniciature sono di qualità e le parti in lega leggera di motore e telaio sono anodizzate o verniciate con cura. Un appunto solo alla qualità delle plastiche a vista, a volte dall’aspetto un po’ economico.

In comune solo le misure delle ruote e il numero dei cilindri, ma le due moto offrono somiglianze notevoli a livello tecnico, nonostante cilindrata e destinazioni d’uso differenti. Il motore della 636 è derivato direttamente da quello della ZX-6RR, aumentando la cilindrata con l’incremento dell’alesaggio e della corsa, entrambi di circa 1 mm. Il propulsore della Z1000, invece, deriva da quello, ultracollaudato, della ZX-9R: le modifiche sono state a livello di distribuzione (camme, valvole, condotti) per ottenere doti di erogazione, di fluidità e anche di ingombri più adatti a una naked: i condotti di aspirazione praticamente orizzontali, infatti, oltre a permette di utilizzare un air box che non aumenta l’ingombro in altezza del propulsore, favoriscono la creazione di una turbolenza di tipo tumble nel cilindro durante la fase di aspirazione, il che può penalizzare leggermente la potenza massima, ma migliora sensibilmente l’efficienza ai bassi e medi regimi.

Anche l’impianto di scarico "parla": lo schema 4 in 2 (possiamo considerare i quattro silenziatori come due unità "sdoppiate", con un unico ingresso e due uscite ciascuna) rispetto al 4 in 1 utilizzato dalla seicento offre un rendimento più costante lungo tutto l’arco di giri, senza i picchi dell’altra soluzione, che privilegia la potenza massima.
La soluzione più interessante, presente su entrambe le moto e frutto della collaborazione tecnica con la Suzuki, è senz’altro l’impianto di iniezione con corpi a doppia farfalla, la prima comandata dalla manopola del gas, la seconda aperta da un motorino passo-passo gestito dalla centralina, che permette di ottenere, a ogni regime, la velocità di flusso nel condotto che ottimizza il rapporto tra efficienza del motore e risposta ai comandi del conducente.

Anche il forcellone, costruito con estrusi di alluminio a sezione di ottagono irregolare, è un elemento di somiglianza tra i due modelli, mentre la 636 sfoggia una forcella e un mono con in più la possibilità di regolare il freno idraulico in compressione. Differenza notevole invece nello schema dei telai: doppio trave perimetrale in lega leggera per la ZX-6R e un tradizionale doppia culla in tubi d’acciaio per la Z1000.

Ahi, ahi, ahi... dopo tanti elogi sulla tecnica e l’estetica delle due moto, qui tocca dar spazio a note dolenti: la ZX-6R, pur efficacissima (lo vedremo dopo) ha una posizione di guida che mette a dura prova vertebre cervicali e polsi: il peso grava in parte tutt’altro che trascurabile sugli avambracci, complice anche la posizione piuttosto avanzata e scoscesa della sella, mentre l’imbottitura del cuscino, pur ben sagomato e praticamente perfetto nell’uso racing (gli spostamenti laterali avvengono in modo fluido), è dura e bassa; tutto questo disegna un quadro assai poco adatto all’impiego cittadino (si aggiunge anche un angolo di sterzata non eccezionale) e ai lunghi viaggi autostradali, dove tra l’altro si paga una protezione aerodinamica non eccelsa, anche perché accucciandosi dietro il cupolino ci si trova a guardare attraverso un trasparente dalle qualità ottiche migliorabili (distorce in modo sensibile).

Situazione un po’ diversa sulla Z1000: 200 km di autostrada possono già essere considerati molti, perché la protezione aerodinamica è quella che è (il "tegolino" anteriore devia qualcosa, ma non è certo risolutivo) e obbliga a non superare i limiti, mentre la sella è uguale a quella della 636, ma la posizione di guida è ben più naturale e rilassante, tanto che il giro domenicale sul misto o l’utilizzo quotidiano in città non sono un problema. Certo le sospensioni sono state tarate cercando le prestazioni prima del comfort, ma in fondo noi italiani le vogliamo così, no? I passeggeri non sono particolarmente bene accolti, perché la loro porzione di sella è poco imbottita e posta in alto: sulla Z1000 la situazione è un po’ migliore grazie alle pedane in posizione decisamente più "umana". In ultimo, uno sguardo ai sottosella, sufficienti quanto a capienza (ci sta anche una tuta antipioggia), ma sulla Z1000 trovare la serratura è quasi impossibile: leggetevi bene il manuale d’uso!

Insomma, sono belle, aggressive, dotate, costruite senza grandi economie, ma come vanno? Beh, tanto di cappello: sono agili, reattive, ma offrono anche una precisione e una stabilità da riferimento. Le sospensioni lavorano in modo molto competente: quelle della 636, regolate per la pista, sono dure come dei sassi, ma in cambio regalano traiettorie senza sbavature in ingresso di curva e velocità elevatissime anche in corrispondenza della corda; questo permette di uscire sul rettilineo successivo come sparati da una fionda, ovviamente a patto di tenere il motore oltre gli 8000 giri, quando cioè comincia a dare il meglio di sé e spinge come una bestia ululando fino ai 16.000 di strumento. Il tutto senza apparentemente sacrificare la regolarità ai bassi, né la spinta ai medi: non è certo un pompone che straccia l’asfalto appena sopra il minimo, ma già a 3000 si può andare in giro, e oltre i 5000 si trotta anche con una certa allegria. Insomma, tra erogazione e potenza sembra un settemmezzo di cinque o sei anni fa, fatto salvo ovviamente il regime massimo. Bisogna solo stare attenti alla velocità raggiunta, perché in sesta con un filo di gas si viaggia già a circa 100 all’ora, e chi vi scrive ha perso 2 punti di patente già la prima sera.

Situazione un po’ diversa sulla Z1000: il manubrio largo, la posizione naturale e il motore gradevolissimo e polposo ne fanno un’ottima compagna per gitarelle senza fretta o per vietatissimi ma divertenti (e pericolosi) "ingarelli" nel misto. Lo stretto non viene disdegnato ma non è propriamente la sua casa, perché comunque la spinta del motore è notevole, e continuare a dover gestire l’aderenza del posteriore e le tendenze aeronautiche dell’avantreno è cosa che, alla lunga, stressa e toglie il divertimento. Meglio un po’ di curve morbide, magari con una visuale che permetta di pennellarsele al meglio: la Z1000 gode, e voi anche, mentre decidete l’andatura in base ai vostri gusti e il motore vi ubbidisce docile. Sì perché, grazie anche alla doppia farfalla, il propulsore eroga la sua potenza in modo progressivo e prevedibile: volete l’effetto "palla di cannone"? Tenete sopra i 7000 e sarete accontentati. Preferite non correre rischi sull’asfalto viscido della prima pioggerella? In basso c’è sostanza e gestibilità allo stesso tempo, condite da consumi contenuti (18 km per lito a 130 orari -5500 giri in sesta).

I freni in entrambi i casi sono al top per potenza, prontezza, modulabilità, resistenza al fading; non così gli ammortizzatori posteriori, che quando si forza il ritmo tendono a perdere un po' di efficacia nel freno idraulico. Ma è l’unico vero neo. Li perdoniamo?

 

Motore: a 4 tempi, 4 cilindri in linea frontemarcia, raffreddamento a liquido, alesaggio e corsa 68x43,8 (72 x 50,9) mm, cilindrata 636 (953) cc, rapporto di compressione 12,8 (11,2) :1, distribuzione bialbero a camme in testa, 4 valvole per cilindro, lubrificazione forzata a carter umido con pompa a ingranaggi. Alimentazione: a iniezione elettronica con doppia farfalla, con corpo da 38 mm e un iniettore, capacità serbatoio 18 litri. Accensione: elettronica digitale con CPU a 32 bit, 1 candela per cilindro. Avviamento: elettrico. Scarico catalizzato

Trasmissione: primaria a ingranaggi a denti diritti, frizione multidisco in bagno d'olio, comando meccanico, cambio a 6 marce, finale a catena

 Ciclistica: telaio a doppio trave perimetrale inclinato d'alluminio (montrave a diamnte in tubi d’acciaio), inclinazione asse di sterzo 24,5 (24) °, avancorsa 95 (101) mm. Sospensione anteriore: forcella rovesciata con steli da 41 mm regolabile, escursione 120 mm. Sospensione posteriore: forcellone d'alluminio, ammortizzatore oleopneumatico regolabile, escursione ruota 135 (138) mm. Ruote: anteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 120/65-17", posteriore tubeless in lega leggera, pneumatico 180/55 (190/50)-17". Freni: anteriore a doppio disco semi flottante da 290 mm con pinze ad ancoraggio radiale (assiale) con 4 pistoncini e con 4 (2) pastiglie indipendenti, posteriore a disco da 220 mm con pinza 1 pistoncino

Dimensioni e peso: interasse 1400 (1420) mm, lunghezza 2025 (2080) mm, larghezza 720 (770) mm, altezza sella 825 (820). Peso a secco 161 (198) kg

Prestazioni: potenza 118 CV (87 kW) a 13.000 giri (127 CV (93 kW) a 10.000 giri), coppia 6,8 kgm (67 Nm) a 11.000 giri (9,7 kgm (96 Nm) a 8000 giri). Velocità max.: n.d.

 Omologazione Euro-1: sì.

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