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Supersportive: confronto fra titani

il 27/06/2003 in Moto & Scooter

Eccoci, come promesso. 999, Piega e Tornado hanno dato vita a una sfida tra nomi storici: uguali le scarpe, le Pirelli Diablo Corsa, uguali i piloti, che vi daranno ognuno il proprio giudizio. Le superbike tricolori hanno ruggito sulla pista di Vizzola

Supersportive: confronto fra titani

Tester: Fabio Cormio, Alberto Dell'Orto, Massimo Dellapiega

Si ringrazia la Pirelli per la concessione del Centro Prove di Vizzola Ticino e il supporto tecnico



È iniziata con un giro di telefonate per sondare il terreno: una comparativa tra i tre mostri, orgoglio della produzione ipersportiva italiana, era poco più che una speranza.

Invece arrivò subito l’ok convinto di Benelli, poi, rotto l’indugio iniziale, hanno aderito con convinzione anche Ducati e Mondial. Sapendo di averle tutte e tre in garage, la nostra redazione e il sottoscritto in primis erano presi da deliri di onnipotenza. Messe assieme, Tornado, 999 e Piega superano i quattrocento cavalli e si avvicinano ai 60.000 euro. Quote (quest’ultima in particolare) sbalorditive per delle motociclette.


C’è da considerare il fatto che su mezzi di questo livello non sempre le case gradiscono confronti, perché ognuno, dati gli sforzi fatti per progettare la propria top di gamma, presenta il proprio prodotto come il nonplusultra in campo motociclistico e non sopporterebbe fosse messo in cattiva luce. Va da sé che siano tutti estremamente suscettibili alle critiche. Bene: noi ci sentiamo di rincuorare, preventivamente, loro e voi. Le tre belve nostrane certo non sono esenti da difetti, ma sono tutte esempi della miglior scuola dueruotistica europea. Estetica, tecnica, comportamento dinamico, finiture: siamo al top.



Cerchi altrove chi è abituato a valutare una moto un tanto al cavallo vapore: la produzione giapponese ha senz’altro in listino moto che fanno per lui. Qui, al contrario, chi ha il palato fino potrà capire il perché dei 17.000 euro di 999 e Tornado, e meglio disporsi verso i 23.000 della Piega (solo pochi mesi fa erano oltre 30.000). Chi non può spendere tali cifre (della schiera faccio parte anch’io) non si disperi: in fondo, sognare non costa niente.

 

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Tutti gli anni, guardando la finale del concorso di Miss Italia in televisione, un mio amico fa lo stesso, goliardico commento: “prendete pure quella che volete, io mi accontento della più brutta”. Viste così, nuove, lucide sotto il sole, come sfondo gli alberi e l’asfalto impeccabile della pista, all’appassionato queste bellezze italiane fanno l’effetto di tre splendide donne. Scegliere quale sia la più conturbante è quasi un delitto, come dover decidere se sia meglio una mora, una bionda o una rossa.
Ma noi, stoici come da tradizione, non ci sottrarremo a questa responsabilità, e vi daremo delle valutazioni il più possibile oggettive.



Partiamo dalla rossa, e cominciamo con un dubbio: dove sono finiti i detrattori della 999? A parte il fatto che la moto è rifinita splendidamente, trotterellare con la superbike Ducati nelle vie del centro significa imbattersi in curiosi, in gente che ammicca il proprio assenso, addirittura in qualche sfegatato che ci saluta, sbracciandosi, dal marciapiede, neanche fossimo la Regina d’Inghilterra. E i nasi arricciati, le labbra contratte, i sopraccigli alzati? Che fine hanno fatto? Abìtuati, caro Terblanche, noi Italiani siamo fatti così…



Nonostante le opinioni contrastanti della stampa e del pubblico, noi crediamo che il design della Tornado sia eccezionale, perché sbalordisce e conquista: c’è chi la comprerebbe solo per le ventole gialle del radiatore messe là, quasi una provocazione, sotto la sella. Peccato che Benelli ce l’abbia mostrata con così largo anticipo rispetto alla messa in produzione, lasciando ai nostri occhi il tempo di abituarsi a quella che è, probabilmente, l’unica moto in grado di contendere il trono della bellezza alla MV Agusta.



Capitolo Mondial: altra moto splendida, rivista e corretta più volte, ma finalmente giunta ad una maturità estetica invidiabile, dovuta ad una pulizia stilistica che la fa sembrare quasi una concept da esposizione. Il nuovo scarico a scomparsa sotto la sella è un tocco di classe, forse si potrebbe lavorare ancora un po’ sulle grafiche, e non tutti apprezzano il colore blu della sella. Presto, comunque, potrebbero esserci interessanti novità.


Questa nostra comparativa ha un’importanza particolare, che va oltre la soddisfazione di aver testato tre moto tanto prestigiose. La prova è stata, infatti, possibile grazie ad una collaborazione di Motonline con Pirelli, che ha concesso in uso il proprio centro prove di Vizzola Ticino, e ha gommato le moto del confronto con le Diablo Corsa, che noi abbiamo già avuto occasione di provare in occasione del lancio a Monza.


Si tratta di coperture dalle prestazioni elevatissime, ideate per un uso al 50% stradale e al 50% racing. La pista di Vizzola è un complesso molto evoluto, a pochi chilometri dall’aeroporto di Malpensa. In questa struttura (oltre che in altre, sparse per la Penisola), i tecnici Pirelli testano gli pneumatici sull’asciutto e soprattutto sul bagnato, avendo ricostruito lingue di asfalto e pavè con diversi livelli di grip



Sette cilindri, complessivamente. I due della Piega sono presi a prestito dalla Honda VTR SP-1 (il colosso giapponese si è così sdebitato per un antico favore di Mondial), ma banalizzare in questo modo non rende certo giustizio all’interessante lavoro di affinamento del progettista Roberto Greco, che ha applicato a questo motore un impianto d’iniezione elettronica e soprattutto un raffinato sistema di gestione elettronica finalizzato ad evitare lo slittamento della ruota motrice ed impennate involontarie. Rivisto nell’erogazione al fine di ottenere più spunto in alto, il motore della Piega è in grado di erogare 136 cv.

Tra i tubi del telaio della Tornado Biposto alloggia invece il potentissimo tre cilindri in linea (898 cc, 140 cv) progettato e sviluppato dalla Benelli e prodotto in collaborazione con la  Franco Morini. Questa versione si presenta con qualche preziosismo in meno (frizione in bagno d’olio e non a secco, coperchi in alluminio e non in magnesio) rispetto all’unità montata sulla Limited Edition, ma rimane estremamente valida: la trasmissione, comunque, resta grande protagonista, grazie alla frizione antisaltellamento e soprattutto al cambio estraibile.
Sul Testastretta Ducati che equipaggia la 999 ci sono poche presentazioni da fare: derivato direttamente dalla SBK e montato sulle ultime serie della 998, il bicilindrico a L con distribuzione desmodromica a otto valvole deriva il proprio nome proprio dalla compattezza della testa, resa possibile grazie a pistoni a cielo piatto e valvole con angolo incluso ridotto a 25°. 126 cavalli sono un valore alto ma non spaventoso per un bicilindrico mille; stratosferica è invece la coppia a tutti i regimi: il momento torcente raggiunge il massimo dell’intensità a 8.000 giri, con 102 Nm.



Per Benelli, gli sfarzi nella componentistica messi in mostra con la Limited Edition sono solo un ricordo, ma i tratti salienti della ciclistica sono rimasti essenzialmente invariati: il telaio è una soluzione mista. All’anteriore è un traliccio in tubi d’acciaio ASD, vincolato tramite viti ad alta traenza ad un forcellone scatolato in lega d’alluminio. Le costose sospensioni Ohlins sono state sostituite con una forcella Marzocchi ed un mono Extremetech, entrambi pluriregolabili. Il pneumatico posteriore, che sulla L.E. era un 180/55, sulla Biposto è un 190/50. Targato Brembo l’impianto frenante, con doppio disco da 320 mm all’anteriore e un disco da 220 al posteriore.



Quote simili, oltre alla marca (anche qui Brembo) presenta la Ducati 999, che però monta, all’anteriore, pregiate pompe radiali. Il telaio è a traliccio in acciaio, le sospensioni sono marchiate Showa (non Ohlins come sulla S e la R), completamente regolabili. Il forcellone non è più lo splendido monobraccio della 916, ma un efficacissimo bibraccio.
Quanto alla Piega, è la moto che presenta i materiali più raffinati: il telaio a traliccio è in tubi d’acciaio al nichel-cromo-molibdeno. La forcella è marchiata Paioli, mentre il monoammortizzatore è Ohlins. I cerchi a cinque razze sono realizzati direttamente da Mondial. Anche la Piega monta freni Brembo: due dischi da 320 e pinze a quattro pistoncini (e quattro pastiglie indipendenti) all’anteriore, mentre al posteriore il disco è da 220 mm, frenato da una pinza a doppio pistoncino contrapposto.



In questa pagina vi forniamo alcune considerazioni generali sul comportamento dinamico delle singole moto: abbiamo infatti pensato di farvi cosa gradita inserendo tre pagine più specifiche (che troverete di seguito) coi commenti dei singoli tester.
Delle tre supersportive italiane, la Ducati è oggettivamente la più facile: il cambiamento rispetto alla 998 ha la portata di una rivoluzione. Ha qualche inconveniente (ad esempio lo scarico scalda terribilmente la sella), ma per il resto sembra che Ducati abbia trovato la formula di far andar forte anche i neofiti.



Discorso opposto per la Piega, una moto in grado di dare soddisfazioni incomparabili agli specialisti, ma che richiede un maggiore apprendistato da chi non è avvezzo a calcare i circuiti e, per essere sfruttata al meglio, richiede un’accurata ricerca del giusto setting delle sospensioni.



La Tornado è una via di mezzo: ha un comportamento abbastanza neutro, e con le gomme Pirelli si è dimostrata più docile nello scendere in piega rispetto a prima
(di serie monta Dunlop Sportmax). La spinta in uscita di curva è un filo meno presente che sulle rivali, ma in allungo la tricilindrica pesarese è imprendibile.

È la Benelli Tornado, non ci sono dubbi. La superbike marchigiana è tanto sexy da mandarti in ebollizione. Qualcuno dice che la linea è da cartone animato giapponese: beh, si dà il caso che io, e tutti quelli della mia età, siamo cresciuti a pane e Mazinga… Comunque è in sella che la Tornado mi ha stregato: nonostante il baricentro alto, è di una stabilità tale da far apparire possibile qualsiasi numero, qualsiasi inclinazione. Il motore è di una fluidità eccezionale (e poi…che rombo!), e l’antisaltellamento evita il timore di bloccaggi in staccata.



Anche la 999 mi ha convinto: credo che se facessi salire in sella mia nonna, anche lei potrebbe staccare tempi accettabili. In particolare, trovo eccellente, per modulabilità e potenza, il freno anteriore. Alle basse velocità il motore e lo scarico scaldano molto, e la sella è poco isolata termicamente: a volte, al semaforo viene voglia di scendere per non scottarsi il fondoschiena.



La Piega è praticamente una moto da corsa… forse addirittura troppo, per le mie capacità: la ciclistica sembra sovradimensionata rispetto alle prestazioni del motore, dà l’impressione di poter mantenere l’assetto anche a velocità supersoniche!

Scegliere è dura, ma se proprio devo dire un nome… 999. Strano a dirsi, per una Ducati, ma l’impostazione di guida (almeno rispetto alle due rivali) è quasi turistica: insomma, ci si può anche andare a spasso. La bicilindrica emiliana è neutra in inserimento e prevedibile nelle reazioni: tra le tre, è quella che ha meno bisogno di essere interpretata.
La Tornado ha acquistato molti punti con le coperture Pirelli: ora si avvantaggia di una pregevole rotondità di comportamento nelle variazioni d’inclinazione. Insomma, è più intuitiva.





La Piega ha pochi compromessi: è una moto da imparare, perché interpretarne l’assetto non è cosa facile. Il bicilindrico Honda ora è bene a punto, e la ciclistica ha una precisione millimetrica. Da comprare esclusivamente per l’uso in pista.

La Mondial Piega, e non solo per tener fede al mio soprannome… scherzi a parte, la bicilindrica di Arcore è perfetta per chi cerca una superbike da pista raffinata e dal gran carattere. Io la comprerei solo per la componentistica “da gioielleria”, in realtà è una moto più concreta ed efficace di quanto si potrebbe pensare.




La Tornado, per i miei gusti, dovrebbe perdere qualche centimetro al punto vita. Anche l’erogazione non è paragonabile, in basso, a quella delle due bicilindriche.
In compenso la Benelli ha una guidabilità fenomenale. L’estetica? O la si odia o la si ama: secondo me è davvero splendida.
La 999 è una moto che conosco molto bene, e con la quale, in ogni caso, è facile entrare in sintonia: dà soddisfazione sia nella guida pulita che in quella di forza.
Quanto a versatilità, è molto vicina a quella delle quattro cilindri giapponesi: un altro pianeta rispetto alla 916 e ai modelli da essa derivati.

Supersportive: confronto fra titani
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