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Moto & Scooter
Honda NSR 500
il 14/01/2001 in Moto & Scooter
Abbiamo provato a Motegi la più titolata delle mezzo litro giapponesi, che dopo una battuta a vuoto è alla ricerca della supremazia assoluta
di Alan Cathcart
, foto Koichi Ohtani
La moto che ha dominato con Doohan le ultime stagioni del motomondiale della classe regina, ha perso nel 2000 la sua imbattibilità. Alex Criville non è riuscito a difendere il titolo vinto l’anno prima, sia per problemi suoi, sia per errate scelte tecniche della HRC, confermate laconicamente dal suo presidente, Yasuo Ikenoya:
“Abbiamo compiuto un errore all’inizio del campionato ed abbiamo impiegato quasi tutta la stagione per risolverlo, tanto che solo ora possiamo impegnarci seriamente nello sviluppo della moto, però confidiamo di aver imboccato ormai la strada giusta”.
Nelle prime gare della passata stagione le Honda 500 più efficaci erano quelle semi-ufficiali del Team Pons; rispetto all’ultima versione erano penalizzate di circa 7 CV, ma risultavano molto più guidabili. Da metà stagione in avanti, quando si è capito che Rossi era a tutti gli effetti l’erede di Doohan, a lui sono stati forniti per primo gli aggiornamenti che il project leader della HRC, ingegner Kohsuke Yasutake aveva realizzato a tempo di record per risolvere i problemi emersi sulle moto ufficiali.
Però, a fine novembre, quando ci è stata tradizionalmente offerta l’opportunità di provare la Honda NSR 500, sulla pista di Motegi abbiamo trovato non la moto di Rossi, bensì quella di Criville, e questo ci ha impedito di renderci conto delle effettive differenze fra la più evoluta delle Honda 500 e le altre moto vincenti della classe regina.
Il motivo è da ricercarsi probabilmente nella necessità di non irritare più di tanto la Repsol, che ha speso milioni di pesetas per far correre i suoi piloti con le NSR 500 ufficiali, per vedersi battuta da Rossi in sella alla stessa moto recante i colori di una birra italiana. In realtà, comunque, aver provato la Honda di Criville anziché quella di Rossi non si è rivelato fondamentale: le condizioni della pista, con l’asfalto bagnato, non avrebbero infatti permesso di cercare il limite e di individuare quindi le reali differenze.
Lo scorso anno, quando mi fu offerta la possibilità di provare la moto con cui Criville aveva vinto il titolo 1999, i tecnici della HRC mi avevano confidato che era giunto il momento di cambiare, visto che la NSR 500 era sostanzialmente immutata da una decade, anche a causa della riluttanza di Doohan a sperimentare nuove soluzioni.
Il ritiro di Doohan aveva offerto loro questa opportunità, ma nell’arco di tempo intercorso fra la fine del campionato 1999 e l’inizio del nuovo, i test non erano stati sufficienti a chiarire i limiti e i margini di miglioramento delle modifiche apportate, anche a causa della malattia di Criville e della caduta di Okada.
Oltretutto, uno dei test invernali più impegnativi era stato effettuato a Welkom, in Sudafrica, dove l’altitudine del circuito, riducendo la potenza del motore, aveva mascherato un consistente problema di risposta del motore in accelerazione.
Così la Honda ha iniziato il campionato 2000 con una moto impreparata che aveva problemi di erogazione e di trazione. Denunciava maggior potenza agli alti regimi, ma a quelli intermedi risultava inferiore, creando grosse difficoltà ai piloti, che dovevano controllare una “botta” di potenza tremenda in un arco di utilizzo molto limitato.
Durante le prime corse, evidenziatesi chiaramente le anomalie di comportamento del motore, i tecnici hanno tentato inutilmente di por loro rimedio senza essere costretti ad una clamorosa marcia indietro. Dopo una serie di interventi sull’elettronica di gestione del motore, nonché sulla taratura delle sospensioni e della ciclistica in generale, si sono dovuti arrendere e tornare al punto di partenza.
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In occasione della terza corsa del campionato 2000, la HRC riportò in pista la NSR 500 in configurazione 1999, sia di motore, che di ciclistica.
Si notava soprattutto il ritorno agli scarichi con lunghe ed affusolate camere di espansione, in luogo di quelle più corte e panciute, unico segno esteriore delle modifiche interne apportate alla versione 2000 e consistenti principalmente nella nuova conformazione delle teste dei cilindri, e dei travasi, nonché nella modifica dell’apparato di accensione e del diagramma di intervento delle valvole parzializzatrici allo scarico.
Chiaramente il cammino della HRC si è sviluppato nel corso della stagione 2000 con piccoli interventi che hanno coinvolto anche le moto ufficiali del Team Repsol, ma l’evoluzione vera, partendo dalla base ’99 ripresa per urgente necessità nella prima fase del campionato, ha riguardato solo la moto di Rossi.
La Honda NSR 500 – 2000 che ho provato a Motegi è dunque una moto a cavallo fra la vecchia e la nuova generazione di questo propulsore che ha segnato la storia delle corse negli ultimi anni.
Caratteristica fondamentale è la presenza di un solo albero motore con fasatura delle manovelle a 180°, riportata in auge da Doohan nel 1997 contro il parere dei tecnici della HRC, che nel 1991 avevano lanciato clamorosamente (subito imitati dai concorrenti) il motore “big-bang” a scoppi ravvicinati, grazie al quale avevano addolcito la prepotenza dell’erogazione del V4.
La scelta istintiva di Doohan è stata poi confermata dalla HRC su tutte le NSR ufficiali dopo l’imposizione della benzina verde, che ha comportato una diminuzione del 5% circa della potenza del motore, rendendolo quindi più malleabile, con l’aiuto della migliorata gestione dell’erogazione offerta dai progressi dell’elettronica.
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La moto di Criville è ben diversa da quella terribile “tutto o niente” che provai nel 1991. Spinge senza esitazioni già a 7.000 giri ed acquista tutta la sostanza di cui è capace a partire da 10.000 giri, quando la tonalità di scarico si tramuta in un urlo e sulla ruota arriva una consistentissima dose di cavalli.
La potenza massima di 190 CV coincide con l’ago del contagiri a quota 12.500, ma si dispone di un ulteriore allungo di oltre 1000 giri.
In uscita di curva, e a maggior ragione quando l’asfalto è bagnato, conviene effettuare il cambio di marcia, specie coi rapporti bassi, attorno ai 12.000 giri, anticipandolo in modo da poter usufruire meglio della sostanziosa coppia del V4. In ogni caso la potenza è sempre esuberante e la ruota anteriore si impenna ad ogni inserimento di marcia, in seconda, terza e anche in quarta, pur se il pilota adotta una guida non particolarmente aggressiva.
Paragonata alla Suzuki di Roberts, che nel mio test di Phillip Island mi aveva impressionato soprattutto per l’eccezionale maneggevolezza, La Honda NSR non solo sembra più pesante, ma è anche più restia a riportarsi in assetto verticale in uscita di curva e soffre i cambiamenti repentini di inclinazione nelle “esse”. In compenso è una roccia quando è in piega e segue la traiettoria impostata come su un binario, grazie anche all’ottima efficienza della forcella Showa.
La frenata è eccellente nonostante l’assenza del freno motore, pur se sulla moto del test erano montati i dischi Brembo in acciaio inox a causa dell’asfalto bagnato, e non i più efficaci dischi in carbonio.
I tecnici della HRC avevano adottato per l’occasione una carburazione molto ricca; per questo motivo la velocità massima della NSR è risultata inferiore a quella della SBK di Edwards, provata contemporaneamente sulla stessa pista. Non sarebbe stato così con la carburazione giusta, che avrebbe consentito un allungo in rettilineo oltre i 14.000 giri (verificati lo scorso anno sulla stessa moto) anziché i 13.700 raggiunti.
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