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info: https://www.dueruote.it/news/moto-scooter/2000/10/03/ducati-750-imola.html
Moto & Scooter

Ducati 750 "Imola"

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La prima vera maxi di Borgo Panigale comincia la sua carriera vincendo a Imola la 200 Miglia del 1972 davanti a una concorrenza agguerritissima. Alan Cathcart l'ha provata riscoprendo sensazioni d'altri tempi.



di Alan Cathcart
, foto Kyoichi Nakamura




Ducati è sinonimo di Superbike, non solo per i tanti titoli mondiali vinti dalle sue moto nel campionato delle maxi derivate di serie, ma anche per l'eccezionale prestigio che le sue bicilindriche stradali hanno conquistato in tutto il mondo fra i motociclisti. Eppure, solo venticinque anni fa la Ducati era assolutamente sconosciuta nel mondo delle moto di grossa cilindrata, e la sua fama era circoscritta al ristretto ambito delle motoleggere, anche se alcune di queste, le più sportive, si distinguevano già per l'originalissima soluzione della distribuzione desmodromica.





L'idea di invadere il territorio controllato dalla BSA/Triumph, dalla Honda e dalla Moto Guzzi, nacque dal progetto di una partecipazione ufficiale al Mondiale GP della classe 500 con un prototipo bicilindrico a V longitudinale di 90°, che debuttò nel 1971 cogliendo alcuni buoni piazzamenti alle spalle della MV 4 cilindri. Il grande passo, che trasformò radicalmente l'immagine e gli obiettivi della Ducati, reca la data del 23 aprile 1972, giorno in cui a Imola si corse una 200 Miglia della Formula 750.




In quella storica giornata, due Ducati 750 derivate dalla 500 GP bicilindrica conquistarono il primo posto con Paul Smart ed il secondo con Bruno Spaggiari, aprendo la strada ad un'infinita serie di vittorie. La 750 che vinse a Imola nel 1972, pur avendo la distribuzione monoalbero desmodromica a due valvole, comandata da un alberino a coppie coniche, si può considerare a tutti gli effetti progenitrice diretta dell'attuale bicilindrico bialbero a quattro valvole per cilindro.






La vittoria di Smart a Imola diede all'immagine della moto italiana quello scossone che mai era riuscito a Guzzi, Benelli, Laverda o Gilera, perché la Ducati 750 era una moto ufficiale che vinceva corse importanti, ma che presto si rese identificabile con una moto omologata e acquistabile. La Formula 750, infatti, esigeva che i motori utilizzati in corsa fossero omologati per l'impiego su moto stradali, ma non imponeva altrettanto per il telaio.

La Ducati però, al contrario delle BSA/triumph e Norton, mantenne per le moto di Smart e Spaggiari il telaio di serie, completo di attacchi per il cavalletto centrale. Con questa decisione non solo mantenne un legame strettissimo con i modelli venduti dai concessionari, che è ancor oggi il più forte elemento di fascino della Ducati, ma fu anche ispiratrice del mondiale Superbike.

Paul Smart possiede ancora oggi la Ducati 750 con cui vinse a Imola nel 1972. La moto ha una carenatura completa, a differenza della 750 SS derivata di serie con cui corsi personalmente a metà degli Anni '70, che per regolamento doveva avere solo mezza carena; per il resto si può dire che la moto ufficiale di Imola non sia distinguibile, almeno esternamente, dalla versione SS in vendita all'epoca: stessa posizione di guida, stesso rombo possente, stesso cupolino spartano ed economico, in cui spicca solo il classico contagiri Veglia-Borletti con linea rossa a 8500 giri; stessi manubri Tommaselli con leve sottili e arcuate, stessi freni.



Forse l'opera più significativa dell'ingegner Taglioni è proprio questo motore bicilindrico con distribuzione comandata da coppie coniche. Tanto per cominciare, si distingueva per l'assenza di vibrazioni, tipica del V di 90°. Poi, l'imbiellaggio era caratterizzato da un albero composito che ruota su cuscinetti a rotolamento, mentre le valvole di 40 e 36 mm formavano un angolo incluso di 80° ripreso dalle monocilindriche, già allora un valore non modernissimo,. I due carburatori Dell'Orto di 40 mm con pompa di accelerazione erano invece un deciso "plus" tecnico (erano entrati in produzione giusto quell'anno), e ricevevano il carburante da un serbatoio (allora ammesso in gara) in fibra di vetro. Il cambio aveva cinque rapporti ravvicinati con comando sul lato destro. La frizione era in bagno d'olio e le molle venivano notevolmente precaricate per evitare lo slittamento; la frizione a secco, dal comando molto più dolce, fu sperimentata solo a fine '72.




La potenza di 84 CV a 8800 giri oggi può apparire non elevatissima, ma all'epoca era un valore di eccezionale livello. Il telaio era a doppia culla in tubi d'acciaio garantiva un interasse record di ben 1520 mm; la forcella aveva steli da 38 mm, un diametro considerevole all'epoca, visto che le Ceriani da GP avevano ancora steli da 35 mm.




Motivo di vanto della Ducati 750 di Smart erano infine i freni, rappresentati da un doppio disco di ghisa Brembo di 280 mm e da pinze AP-Lockheed a due pistoncini sulla ruota anteriore; un impianto che rappresentò all'epoca un nuovo punto di riferimento.


Dandomi una grande dimostrazione di amicizia e di fiducia, Paul Smart mi ha messo a disposizione la sua Ducati 750 per una prova in pista a Brands Hatch, la pista in cui colse la sua ultima vittoria al termine di un memorabile duello con Phil Read in sella alla Norton.




La Ducati di Smart è ancora in grado di dire la sua con un'autorevolezza stupefacente per la sua età. Lo sterzo della "Imola" appare pesante, probabilmente per via dell'accentuata inclinazione della forcella e degli ammortizzatori posteriori molto corti; la moto è stabilissima nelle curve veloci, anche con asfalto non perfetto, ma mette a dura prova la muscolatura del pilota nei continui cambi di direzione che caratterizzano il circuito di Brands Hatch. All'avantreno inoltre si avvertono, anche su asfalto liscio, piccoli saltellamenti della forcella, tipici delle Marzocchi di quel periodo.




Nelle curve a destra bisogna piegare con molta attenzione: la Ducati di Smart ha infatti lo scarico di destra in basso e quello di sinistra rialzato, una soluzione voluta dalla Ducati (a Imola solo la curva delle Acque Minerali era a destra) nel timore che i piloti potessero scottarsi in punti delicati... Anche con le camme speciali ad alzata maggiorata, la Ducati di Smart spinge tuttora con forza ed eroga senza strappi la sua potenza fin da 3000 giri. A questo regime il rombo che esce dai tromboni di scarico non è ancora pulito, regolare, ma da 4000 giri in su diventa un vero tuono, fino alla linea rossa del contagiri.


Motore: a 4 tempi, bicilindrico a V longitudinale di 90°, raffreddamento ad aria, alesaggio e corsa 80 x 74,4 mm, cilindrata 748 cc, rapporto di compressione 10:1; distribuzione desmodromica monoalbero a camme in testa a due valvole per cilindro, con comando tramite un albero e due coppie coniche per cilindro; lubrificazione a carter umido. Alimentazione: due carburatori Dell'Orto PHM 40 con pompa di ripresa; capacità serbatoio 24 litri. Accensione a puntine, due candele per ciclindro.

Trasmissione: primaria a ingranaggi, finale a catena. Frizione multidisco in bagno d'olio, cambio ravvicinato a cinque marce.

Ciclistica: telaio a doppia culla aperta in tubi d'acciaio, inclinazione perno di sterzo 30°, avancorsa 60 mm. Sospensione anteriore: forcella teleidraulica Marzocchi con perno avanzato; sospensione posteriore: forcellone oscillante con due ammortizzatori Ceriani di 310 mm, con precarico regolabile su cinque posizioni. Ruote: cerchi Borrani in lega leggera a raggi metallici con pneumatici Dunlop KR 3.25-18" anteriore e 3.50-18" posteriore. Freni: anteriore a doppio disco Brembo di Ø 280 mm con pinze Lockheed a due pistoncini contrapposti; posteriore a disco Brembo di Ø 229 mm con pinza Lockheed a due pistoncini contrapposti.

Dimensioni (in mm) e peso: interasse 1530 mm, lunghezza 2018 mm, altezza sella 790 mm, altezza pedane 370 mm. Peso a secco 163 kg.

Prestazioni dichiarate: potenza 82 CV (60,3 kW) a 9000 giri. Coppia n.d.
La moto spogliata mette in mostra il notevole interasse
Il mitico motore desmo-
dromico "a carter tondi"
La moto è molto snella
e filante. Notare gli
scarichi asimmetrici
Notare la doppia accensione e i condensatori delle puntine montati sul telaio
L'impianto frenante era uno dei punti forti della moto

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