Attualità
Quando l’Italia era davvero la patria dei caschi
Alla fine degli Anni 80 il nostro Paese aveva 20 produttori di fama internazionale (da Nava a FM passando per Bieffe) ormai tutti scomparsi
La data fatidica è il 1986: con l’entrata in vigore del casco obbligatorio per i maggiorenni, il mercato del settore vive un autentico boom. Ma a dire il vero, è stato con l’inizio del decennio che i grandi costruttori italiani di allora si erano imposti sul mercato internazionale. Sia vestendo piloti iridati (da Lucchinelli a Uncini), sia a colpi di grande innovazione tecnologica.
Certo, era un altro Paese quello in cui Nava, FM, Bieffe, Driver, Casco Beta e Boeri, ma anche LEM e Jeb's, erano il sogno dei motociclisti italiani e stranieri. I costruttori cinesi erano ancora residenti su un pianeta lontano anni luce, molti non esistevano neppure. I pochi caschi non made in Italy erano i tedeschi Schuberth, alcuni Arai e qualche Shoei. Ma erano poca cosa rispetto ai colossi italiani.
ASCESA E CADUTA
Negli Anni 90, prima che iniziassero quei processi di esternalizzazione che hanno fatto conoscere alle imprese italiane del settore la Cina, l’Italia dei caschi aveva davvero molto da dire. Era una superpotenza. Produceva circa 4 milioni di pezzi all’anno. FM (il marchio commerciale usato da Fimez) era uno dei più grossi stampatori di materie plastiche del Paese. Nava era un portento sul fronte dell’innovazione, campo nel quale lottava con la AGV di Gino Amisano. Bieffe e Vemar costituivano una specie di mini distretto del settore collocato in Toscana.
E poi, cos’è successo? Oggi, se analizziamo i produttori italiani capaci di creare una massa critica tale da renderli rilevanti, li possiamo contare sulle dita di una mano (gruppo Nolan, AGV, Airoh e Caberg). E gli altri? Tutte vittime di una Spoon River imprenditoriale senza precedenti. Tra fallimenti e avventure imprenditoriali terminate per mancanza di risorse o volontà di andare avanti, l’Italia ha lasciato per strada un patrimonio che, a livello di brand, vale ancora tantissimo (almeno sul fronte della nostalgia). tant'è che alcuni, negli ultimi 20 anni, hanno provato a resuscitarli, senza alcuna fortuna.
Per chi vuole consolarsi, ecco alcune pubblicità vintage, per ricordare i bei tempi che furono.
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