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SPORTIVE 600: c’eravamo tanto amati

Lorenzo Cascioli
di Lorenzo Cascioli il 27/11/2020 in Attualità
SPORTIVE 600: c’eravamo tanto amati
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Dalla Kawasaki GPZ600R del 1985 alla Yamaha YZF-R6 che ha appena vinto il mondiale Supersport guidata da Andrea Locatelli. Una notte insonne a pensare all’epopea delle sportive 600

La nuova Yamaha R6 Race verrà distribuita solo in versione non omologata. La R6 stradale non verrà più prodotta. Lo apprendo dalla cartella stampa Yamaha. E penso che ormai sia giusto così. Chiudo il computer, ceno, mi guardo un film, vado a letto. E non dormo. Penso. Penso alle 600 sportive. Tutte.

SPORTIVE 600: c’eravamo tanto amati

È stata una bellissima storia quella delle sportive 600 e la mia generazione l’ha vissuta in pieno. Per questo forse ci soffro un po’. E non sarò l’unico, penso...

La prima di cui ho un ricordo concreto è la Kawasaki GPz600R, quella lassù nella foto, quella che fece nascere la categoria: su quel giornale che di nascosto leggevo sotto il banco del liceo scrivevano che era tutta carenata, più potente di una 550, più agile di una 750. Era il 1985. Se invece devo pensare al primo ricordo da tester, mi rivedo assatanato e godurioso su una Thundercat a Misano a fine Anni 90. Come andava bene quell’insospettabile Yamaha con fattezze da sport tourer, Guareschi ci aveva sfiorato il titolo della Supersport! Di quei tempi ricordo anche una volta che dovevo andare a Vallelunga a provare uno Zip da corsa: inforcai la ZX-6R che avevo in prova, partii in tuta di pelle da Milano al mattino presto e alle 11 ero puntuale in pista per il lavoro. Mi pare fosse il 2001. Lei era velocissima, sincera, comoda. Era il periodo della mia vita in cui sudavo le mie domeniche dentro una tuta di pelle. Erano i tempi degli Honda Day. Ci andavo per lavoro, ma a fine giornata mi ritagliavo sempre un turno per le sfide con gli amici. E, potendo scegliere con che moto scendere in pista, sceglievo il 600, perché i 100 CV o giù di lì di un CBR600F li strizzavo per bene e mi divertivo di più.

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Andrea Locatelli con la Yamaha R6 del team Evan Bros quest'anno ha vinto il mondiale Supersport... una categoria in cui siamo stati protagonisti fin dall'inizio con Paolo Casoli e Fabrizio Pirovano

QUELLE DOMENICHE A MONZA A VEDERE LA SBK E LA SUPERSPORT

Ricordo anche le domeniche a Monza a vedere il mondiale SBK, e quindi anche la Supersport. C’era una banda di Suzukisti. I panini con la frittata e il GSX-R600 legato con la catena sotto la tribuna della variante Ascari. La stessa moto che i piloti Suzuki portavano in gara. E intanto quelli con il Ducati 748 si alzavano in piedi al passaggio di Casoli. Le derivate di serie lo erano di nome e di fatto. La gente tifava la moto che guidava. Se ne vendevano una montagna. Poi le 600 sono diventate sempre più estreme. Kawasaki ha iniziato a esasperare così tanto il suo 4 in linea, che per l’uso stradale dovette maggiorarlo a 636 cc, lasciando il modello da 599 cc per gli scopi racing. Honda affiancò alla equilibratissima F la più specialistica RR. Tutti presero quella strada lì.

L’ultima 600 che provai era piccola come un duemmezzo, con un assetto durissimo e un’erogazione isterica. Col cavolo che l’avrei presa per andarci a Vallelunga. Non ho mai capito se le 600 avevano iniziato a farle sempre più spinte perché le voleva così il pubblico, oppure perché bisognava vincere in Supersport. Penso la seconda. Se non altro perché piano piano la gente ha smesso di comprarle, preferendogli una Hornet o una Fazer col manubrio alto.

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La GSX-R600 e la CBR600RR sono scomparse dai listini del nuovo, la r6 c’è solo in versione racing...

LA FINE DI UN’EPOCA E QUALCHE RIMPIANTO

In sostanza, nel mondo delle 600 sportive si era ribaltato il discorso: non era più lo sport che doveva essere funzionale alla vendita delle moto, ma era la moto che veniva a tutti i costi costruita per portare a casa il titolo. È andata come è andata. Però mi chiedo che senso abbia oggi definire certi campionati per “derivate di serie”, quando le moto in pista derivano da moto che in strada non ci sono più. È stata una bellissima storia quella delle sportive 600 e la mia generazione l’ha vissuta in pieno. Per questo forse ci soffro un po’. E non sarò l’unico, penso.

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