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Motorini e inquinamento: le inchieste di Motonline

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Il numero dei veicoli circolanti, le emissioni di agenti inquinanti e le conseguenze sulla salute, limiti e potenzialità “dell’elettrico”, la posizione dei costruttori e quella delle autorità locali sul traffico

Agli alti regimi il catalizzatore dei motorini raggiunge i 570 gradi (si veda il colore rosso

Il numero dei veicoli circolanti, le emissioni di agenti inquinanti e le conseguenze sulla salute, limiti e potenzialità “dell’elettrico”, la posizione dei costruttori e quella delle autorità locali sul traffico
di Riccardo Matesic




Da anni i motorini sono alla ribalta delle cronache: moda dei nostri tempi, unico strumento per muoversi in città, agile mezzo di trasporto individuale ma, per molta gente, anche rumorosi, invadenti, puzzolenti e, soprattutto, inquinanti.


Su questo tema complesso abbiamo voluto cercare di capirci qualcosa in più. Il punto di partenza è stato un convegno su Mobilità sostenibile e motorini organizzato dal Comune di Firenze e dal Ministero dell’Ambiente. Il gruppo di relatori era particolarmente qualificato e sono stati affrontati un po’ tutti i temi, dalla diffusione dei motorini all’inquinamento, con un occhio di particolare attenzione per gli ormai famigerati “PM10”, le micropolveri inalabili, il benzene e i divieti di circolazione.
(rmatesic@motonline.com)

Un veleno chiamato particolato




I rapporti Enea-ARPAT (Ente Nazionale Energie Alternative e Agenzia Regionale Protezione Ambiente Toscana) sull’inquinamento ambientale indotto dai motorini sono da sempre piuttosto temuti dai ciclomotoristi. L’Ancma, l’associazione dei costruttori italiani, ha anche reagito, facendo realizzare dei rilevamenti a due laboratori qualificati che hanno dimostrato come i ciclomotori Euro 1 siano assai meno inquinanti dei precedenti Euro 0.
Il gruppo di lavoro Enea-ARPAT è tornato però alla carica con dei nuovi studi, dei nuovi rilevamenti in laboratorio che prendono in esame anche un inquinante del quale fino a oggi si era parlato poco per i motorini, il PM10, o particolato.
L’apertura dello studio è dedicata al monitoraggio del parco circolante italiano, costituito da 4.351.000 motorini per il Ministero delle Infrastrutture, 5.160.000 per l’Agenzia Nazionale per la Protezione dell’Ambiente e 7.000.000 per l’ACEM, L’Associazione Europea dei Costruttori di Moto.
Interessante il dato europeo, che vede l’Italia rappresentare il 51% del parco circolante di ciclomotori, davanti alla Spagna con il 16%, Germania 12%, Francia 11%, Olanda 4% e via via gli altri Paesi. In particolare il nostro parco circolante nazionale è costituito per il 70,69% da automobili, per l’11,61% da ciclomotori e per il 7,32% da moto e scooter targati (18,39% il totale delle due ruote). E questa è anche la ragione del perché da noi si parla tanto della questione motorini: l’Italia è un’anomalia in Europa proprio per la densità di ciclomotori. Ancora più interessante il dato sul numero di ciclomotori nelle città: Firenze è in testa con 30,3 motorini ogni cento abitanti, seguita da Bologna con 18,2, Genova con 15,2, Roma a 13,7, Milano a 12,8 e Napoli a 12,6.
Tracciato il quadro del parco circolante, i tecnici dell’Arpat sono tornati a snocciolare i dati che abbiamo Già presentato in occasione del convegno dell’ACI a Roma, un paio di mesi fa; quegli stessi numeri che se messi in confronto con i tempi di percorrenza, con il parco circolante e con il chilometraggio medio dei motorini rispetto alle auto e ad altre fonti di inquinamento, non ci dipingono come quella peste delle grandi città di cui qualcuno parla…





A Firenze però i tecnici dell’Enea, come dicevamo in apertura, hanno portato anche i risultati di nuove misurazioni fatte in laboratorio e su strada sulle emissioni di particolato, il PM10. Il particolato, un insieme di polveri sottili inalabili, fino a oggi è stato imputato esclusivamente ai motori diesel, soprattutto a quelli di vecchia generazione. Purtroppo la novità è che anche i motorini, in seguito alla combustione dell’olio della miscela, liberano nell’aria delle forti quantità di PM10, nell’ordine di una macchina diesel!
Il dato si riferisce però a un ciclomotore di vecchia generazione, un Euro 0 per intenderci. All’Enea hanno infatti preso anche un ciclomotore dotato di catalizzatore, per fare un raffronto, e nelle prove al banco è emerso come al regime massimo le emissioni di particolato si riducano del 94% al banco (ma ai bassi regimi il ciclomotore catalizzato emette addirittura più particolato dell’Euro 0!).
Quello che conta maggiormente, comunque, è la simulazione in movimento del ciclo urbano piuttosto che le prove al banco a regime costante. Ecco allora che il ciclomotore catalizzato ha segnato un’emissione di particolato inferiore del 75%, e questo è un dato che dobbiamo tenere a mente.
Resta il dato che le emissioni di particolato sono direttamente proporzionali al consumo d’olio e quindi probabilmente è su questo che i costruttori dovranno intervenire in futuro, oltre che su dispositivi di catalizzazione più efficienti ai bassi regimi, quando la temperatura dei gas di scarico tende a rimanere più bassa.


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Emissioni inquinanti e salute




Ma quali sono i rischi che corriamo per l’esposizione agli inquinanti? Soprattutto ai nuovi inquinanti, il benzene e il particolato, di cui tanto si parla da qualche anno?
A Firenze si è parlato anche di questo, con medici ed esperti che hanno illustrato i risultati delle ultime ricerche internazionali.
In realtà non c’è ancora una grande letteratura in merito, perché su questi ultimi due inquinanti sono pochi anni che si è concentrata l’attenzione dei medici.
Una delle relazioni più interessanti è stata svolta dalla Dott.ssa Elisabetta Chellini, del Centro Studi di Prevenzione Oncologica, che ha presentato una serie di dati.
Cosa se ne ricava? Per quanto riguarda l’esposizione al particolato c’è ormai un’evidenza scientifica di effetti acuti sulla mortalità e addirittura sui ricoveri per sintomi respiratori e cardiocircolatori nella stessa giornata di aumento dell’esposizione. Vale a dire che con l’aumento della concentrazione nell’aria di particolato, già nella stessa giornata negli ospedali si registra un aumento dei ricoveri!
Sono documentati poi degli effetti respiratori cronici sui bambini e da poco tempo è stata stabilita una netta correlazione anche con l’insorgenza di tumori del polmone.
Sempre sul particolato, bisogna aggiungere che non è ancora stato ben studiato. In particolare si tratta di una miscela di sostanze poco conosciuta nei componenti; in altre parole non si sa bene cos’è che realmente fa male in questa miscela di polveri tanto sottili da essere inalate e da restare poi letteralmente incastrate negli alveoli polmonari.
Per quanto concerne il benzene si sa già invece che dal 3 al 50 per mille dei casi di leucemia sono da attribuire a questo componente della benzina, spesso emesso dallo scarico senza che il catalizzatore riesca a bloccarlo.
Al momento non c’è evidenza scientifica di effetti negativi per l’esposizione a basse concentrazioni di benzene, ma solo, mettono in guardia i medici, perché non c’è stato ancora il tempo necessario per portare a termine degli studi epidemiologici che richiedono uno o più decenni per la raccolta dei dati. In definitiva, è assai probabile che il benzene faccia male anche alle basse concentrazioni anche se manca per ora un riscontro scientifico.

L’alternativa elettrica




Il ciclomotore elettrico non riesce a sfondare fra gli utenti, anche se dal ’98 al 2001 il parco circolante è passato da 5.000 a 47.000 pezzi. Non piace per via dell’elevato costo d’acquisto, delle prestazioni ridotte, della scarsa autonomia, della necessità di effettuare la ricarica nel garage ogni sera.
I ciclomotori elettrici hanno però dei lati positivi che li rendono appetibili per determinate fasce di utenza. In particolare dovrebbero interessare chi circola molto nei centri storici, con ridotte percorrenze chilometriche e con la disponibilità di un garage dotato di presa di corrente. I costi d’esercizio in questo sono bassissimi e per i primi 5 anni il bollo non si paga (ma anche dopo si paga solo il 50%).
Sotto il profilo dell’inquinamento, anche la produzione dell’energia non è comparabile con l’inquinamento indotto da un motore a benzina che serve a far circolare uno scooter: l'efficienza energetica del “sistema” elettrico è superiore a quella del motore termico e le emissioni di gas dannosi per l’effetto serra (CO2) sono assai ridotte. Sono minori anche le emissioni acustiche e l’approvvigionamento di energia è più sicuro, soprattutto se si considerano i problemi di trasporto e di stoccaggio della benzina paragonandoli con l’efficienza degli elettrodotti. L’energia elettrica inoltre può essere prodotta con fonti rinnovabili, quali il sole, il vento…
Insomma, sulla carta l’elettrico ha molte frecce al suo arco, soprattutto per chi fa pochi chilometri, o, anche, per le flotte di ciclomotori di enti che operano nel contesto urbano.
Pensate che siano pochi quelli potenzialmente interessati al veicolo elettrico? In Europa il 37% degli spostamenti quotidiani è inferiore ai 10 Km, percentuale che sale al 60% se il raggio viene allargato a 30 Km. Tutti questi utenti, a patto di avere la possibilità di ricaricare la batteria, potrebbero convertirsi all’elettrico.
In realtà sono già operativi dei noleggi di scooter elettrici con parcheggi di scambio dove lasciare l’auto. A Roma per esempio ce ne sono un paio, ma gli scooter spesso restano inutilizzati. E iniziative analoghe ci sono anche a Milano e all’isola di Capri. Manca la sensibilità ambientale o tali iniziative sono state mal pubblicizzate?
Mancano ancora invece le colonnine di ricarica in strada. Ce ne sono 35 a Firenze, dove diventeranno 85 prima dell’estate, e ne sono previste 70 a Roma e 90 a Milano.
C’è infine qualche problema a livello legislativo. Recentemente in Europa la bici a pedalata assistita è stata riconosciuta come una semplice bicicletta. Non ci sarà quindi l’obbligo del casco né dell’assicurazione. In altri casi però ci sono delle pericolose lacune nella legge, soprattutto lì dove vengono definiti i vari veicoli nella loro tipologia. Un esempio per tutti: manca una definizione chiara dei veicoli ibridi, quelli dotati di due propulsori.

La voce dei costruttori
A partire dal gennaio 2000 tutti i ciclomotori venduti in Italia sono conformi alla normativa Euro 1. L’anticipo rispetto ai tempi stabiliti dal Parlamento Europeo è di ben 4 anni. Una seconda data importante sarà il 30 giugno 2003. Da lì in poi saranno disponibili solo ciclomotori Euro 2, questa volta con un anticipo di 3 anni e mezzo sui tempi imposti dalla Comunità Europea.
Ecco la risposta delle case alla richiesta di maggiore attenzione per i problemi dell’inquinamento ambientale. E con il recente protocollo d’intesa fra Ancma e Ministero dell’Ambiente i costruttori riceveranno un bonus per ogni ciclomotore venduto, ma si impegneranno a spendere tre volte tanto in ricerca proprio per ridurre le emissioni inquinanti di benzene e particolato, i due inquinanti messi all’indice.
Secondo uno studio dell’Osservatorio Nazionale sulla Mobilità, negli ultimi due anni l’uso di moto e ciclomotori per muoversi in città è aumentato, mentre hanno perso utilizzatori l’auto privata e il mezzo pubblico, che hanno visto aumentare ulteriormente i tempi di percorrenza; anche in questo caso al contrario delle due ruote.
Eppure il mercato dei motorini è in pesante flessione per colpa –dicono i costruttori– dei costi delle assicurazioni in continua crescita, dei costi di gestione generali che salgono, del casco obbligatorio che ha indirizzato gli utenti verso scooter di cilindrata maggiore. Questi ultimi spesso –aggiungiamo noi– costano addirittura meno di assicurazione…
A far crollare il mercato, continua l’ANCMA, hanno contribuito anche la diffusione di notizie senza fondamento, come quella che i motorini non Euro 1 a breve potrebbero essere fermati.
Per sviluppare un settore trainante dell’industria italiana e per diffondere ulteriormente un veicolo che tanto può dare alla mobilità urbana, L’ANCMA ha avanzato delle richieste: una più attenta manutenzione della rete stradale, la creazione di corsie riservate alle due ruote e di parcheggi dedicati nelle zone dove è più difficile trovare posto.

Il rischio dei divieti di circolazione




Dal 25 marzo come abbiamo già dettoa Firenze è iniziato il divieto per i ciclomotori non Euro 1 di accedere alla ZTL (Zona a Traffico Limitato) in due fasce d’orario, due ore al mattino e due ore al pomeriggio. La decisione ha scatenato tantissime polemiche, con manifestazioni di piazza (poco riuscite) e con prese di posizione pubbliche di consiglieri comunali dell’opposizione. Il divieto sembra però destinato a restare in vigore, anzi, ad aprire la strada a future limitazioni ancora più penalizzanti.
Si tratta del primo divieto del genere in Italia, dopo che già da parecchio tempo i comuni vietano la circolazione a motorini non Euro 1 nelle giornate di maggiore allarme smog.
Poco tempo fa c’era stata la sortita del presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, che aveva detto di mirare a un mercato di soli veicoli a idrogeno (!?!) a partire dal 2005, dimenticando i problemi di industrializzazione e di mercato. Si era trattato di una sortita maldestra, anche se animata da uno spirito costruttivo, ma che comunque era indicativa dell’orientamento che stanno prendendo gli amministratori delle nostre città. Del resto la qualità dell’aria è sempre pessima e nessun governante può continuare ad astenersi dal prendere provvedimenti.
Dopo Firenze così, presto potrebbe essere la volta di Roma. Negli ultimi anni nella Capitale i mezzi a due ruote in strada sono aumentati del 10%, l’uso dei mezzi pubblici è cresciuto del 5% e quello dell’auto è diminuito del 10%. Ciononostante lo smog è rimasto sui medesimi livelli. In Campidoglio stanno allora mettendo a punto nuove strategie, e non è escluso che dal prossimo anno anche a Roma i motorini che non rispettino almeno i valori dello standard Euro 1 non siano lasciati al di fuori della ZTL…
Di certo anche nella Capitale il problema su cui si sta focalizzando maggiormente l’attenzione dei tecnici è quello delle polveri sottili, i PM10, piuttosto che degli altri inquinanti. Si parla ancora, ovviamente, di benzene, ma le polveri sono sicuramente il terreno di scontro del futuro.
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