Da Sapere
Ma tutta questa connettività di bordo sulle moto, alla fine, serve davvero?
In pochi anni siamo passati dagli strumenti a lancette ai TFT connessi: cerchiamo di capire a cosa serve tutta questa elettronica e quale direzione stanno prendendo le Case
Per decenni, davanti ai nostri occhi abbiamo avuto contagiri e tachimetro, e da lì arrivavano tutti i dati che si potessero discutere al bar. Le moto più ricche riportavano la temperatura dell’acqua, il livello della benzina e magari addirittura la tensione della batteria, tutto rigorosamente con lancette. Poi ha cominciato ad accendersi qualche spia. Poi c’è stato l’interregno – breve – dei cristalli liquidi (LCD), di solito usati in combinazione con le lancette perché non potevano efficacemente sostituirle.
Poi sono arrivati i TFT, che lì per lì sono sembrati soltanto un bel gingillo colorato per dar sfogo alla creatività dei designer. Ma quasi subito i TFT hanno iniziato a offrire funzionalità che andavano oltre le classiche schermate: gestione delle telefonate, della musica sul telefono, navigazione. Funzioni che, a dirla tutta, i motociclisti usano ancora poco, in parte perché le App che le realizzano non sono poi così soddisfacenti: i voti degli utenti negli store sono spesso sotto la sufficienza.
Il futuro della connettività (e del TFT)
Ma la connettività è davvero tutta qui? Solo un gadget? Al momento molte aziende la vedono e la trattano in questo modo, ma possiamo invece considerarla come il tassello che chiude il cerchio dei sistemi elettronici di bordo, in particolare gli ARAS (sensoristica e attuatori di supporto alla guida).
Ne parliamo con Stefano Chianese, responsabile prodotto 2W per Bosch, e Diego Delvecchio, responsabile sviluppo di e-Shock, azienda italiana che già conosciamo per le piattaforme inerziali, le sospensioni elettroniche e qualche display e app. Abbiamo preso due aziende agli antipodi: il colosso dell’elettronica applicata alle due ruote e una piccola “boutique” italiana che realizza prodotti quasi su misura, per avere due punti di vista diversi.
Stefano, cosa pensa Bosch della connettività?
È un’area importante in cui Bosch sta investendo. Il mercato si sta sviluppando, la transizione tra strumenti analogici/passivi e TFT/attivi è in pieno svolgimento. Le nuove strumentazioni ti danno un supporto per mostrare o comunicare cose all’utente / pilota o altri piloti. Nata per mostrare la velocità (che è un requisito di legge, dato che devi adeguarla al contesto in cui ti muovi e ai limiti), la strumentazione è diventata la “voce” della moto e sempre più una fonte di intrattenimento, con funzioni evolute per le telefonate, la musica, le telecamere. Il display è diventato una piattaforma libera che dialoga con altri elementi della vita del motociclista: caschi, telefono e via dicendo.
Bosch produce anche centraline, ma il display sembra il cuore di tutto. Anche il TFT è destinato a tramontare come l’LCD o resterà a lungo?
Il TFT è lo stato dell’arte e lo resterà a lungo: ma c’è TFT e TFT, a seconda dell’impiego. Bosch punta su avere leggibilità ottimale in tutte le condizioni, anche in luce piena; abbiamo un processo di bonding (il modo in cui attacchi il vetro al display) che ha fatto fare un salto di qualità ai nostri display. Puoi avere un display “wet bonded”, con uno strato di adesivo, oppure “dry bonded”, in cui ti arriva il vetro già con un adesivo. Bosch fa fin dall’inizio wet bonded, eccellente per la leggibilità. Usiamo componentistica automotive, altri usano componenti industriali, che hanno specifiche un po’ diverse; è anche vero che nelle auto i display stanno diventando sempre più grandi, inadatti alle moto. Per ora però sono compatibili.
Nata per mostrare la velocità, la strumentazione è diventata la “voce” della moto e sempre più una fonte di intrattenimento, al punto che si sta studiando come minimizzare il rischio che distragga chi guida
A questo proposito: dove andremo a finire con le dimensioni, le applicazioni e anche le distrazioni?
Tutti stanno cercando di capire come usare al meglio le piattaforme senza eccedere. C’è molto lavoro sulla User Interface (UI) e sulla User Experience (UX): meglio schermi più grandi o più piccoli? Il touch serve? In quali casi è importante? Probabilmente si arriverà col tempo a una qualche forma di standardizzazione.
Apple Car Play o Android Auto potrebbero essere la soluzione?
Sono sistemi che prendono il controllo di una parte dello “spazio digitale” del pannello. Tanto per cominciare, non è facile raggiungere i loro requisiti. Mi pare che Apple non abbia mai certificato applicazioni moto, per esempio. Generalmente i display di un certo livello di complessità hanno all’interno un sistema operativo, di solito Linux oppure Android Automotive. Bosch ha entrambi, con display che useranno Android Automotive. Linux è leggermente più dinamico e più economico in termini di utilizzo di risorse, ma Android ha già tutto l’ecosistema di App già disponibili.
Che cosa ti aspetti da questa area della connettività?
Senz'altro diventerà, se già non lo è, un elemento essenziale dell'esperienza in moto. Non predominante, ma molto importante sia per il motociclista che per chi produce la moto. Certo, ormai siamo sempre connessi e a volte si sale in moto proprio per "staccare": ma per quello, basta sempre spegnere il telefono...
Passiamo a e-Shock e a Diego: tu cosa pensi di Apple Car Play e Android Auto? Questi giganti del web fagociteranno tutti i sistemi realizzati dalle Case moto e da aziende come la vostra?
È un tema complicato: in Cina e India ci sono già moto che li usano come schermata principale, anche se nessuno ha una licenza Apple, e solo Honda e Harley hanno accordi chiari con Android: e non a caso hanno dei display secondari, diversi da quelli dove girano Car Play e Auto. L’alternativa, che usa ad esempio Ducati, è un mirroring dedicato, che però non funziona bene sulle applicazioni complesse, tipo la navigazione con mappe.
Riuscite a stare al livello dei “grandi”?
Alla fine la velocità, la capacità innovativa, contano almeno tanto quanto scala e costo. I grandi spesso partono da prodotti già sviluppati per l’auto, noi invece siamo focalizzati sulla moto, tutti i nostri dispositivi non hanno alcun assorbimento della batteria a moto spenta ed è un fattore determinante, così come alle antenne integrate. Riusciamo ad essere più vicini alle richieste mercato, ed essendo meno suddivisi al nostro interno possiamo avere una visione più a 360° dell’innovazione digitale. Abbiamo avuto anche un po’ di coraggio nel creare l’applicazione completa, grazie agli specialisti di e-novia che lavorano all'interno del nostro stesso gruppo. Con Ducati abbiamo l’app, ma la parte fisica è di altri: il che si porta dietro qualche limite, per cui ci siamo voluti prendere la responsabilità di un sistema completo, display a parte.
Del resto se usi quello come schermo principale e fra 5 anni cambiano i requisiti di Apple o Android cosa fai, vai in giro col cruscotto spento?
Le moto orientali rischiano che finisca così, ma è evidente che serve anche un sistema “nativo”. E possibilmente non troppo dipendente dallo smartphone: noi sviluppiamo sistemi che non richiedono il telefono costantemente connesso, e siamo tra i pochi.
In Cina e India qualcuno azzarda già a mettere Apple Car Play o Android Auto come schermata principale. Ma non ci sono accordi chiari, e il rischio di trovarsi con un cruscotto che non funziona più è alto
Questa è una delle soluzioni tecniche che vi consente di stare sul mercato in mezzo ad aziende molto più grandi?
Anche, ma abbiamo una proposta molto variegata. Diversi livelli di complessità software e hardware, tanta flessibilità nel seguire le richieste del cliente. Fra i nostri clienti c’è anche Ducati, ma lavoriamo molto con aziende piccole, che non hanno grandi capacità SW e customer service limitati, offriamo loro anche la possibilità di raccogliere dati sul funzionamento della moto tramite cloud. Poi stiamo studiando pacchetti aftermarket, per esempio legati alla parte assicurativa: in Gran Bretagna la scatola nera è obbligatoria e non può essere fornita dall’assicurazione, ma da terze parti.
Insomma c’è ancora spazio all’ombra dei colossi.
Sì, ovviamente anche per chi ha esigenze di personalizzazione. In questo momento abbiamo pacchetti “entry level” per il basso di gamma, per chi ha budget limitati: funzionalità standard, ma la possibilità di personalizzare l’interfaccia, in modo da dare un feeling “proprietario” a chi guida. All’estremo opposto per MV e Ducati realizziamo sviluppi 100% custom, come i grandi fornitori fanno fatica a fare: tendono a imporre i loro standard. La standardizzazione ha ovviamente pro e contro, si porta dietro delle rigidezze.
Sembra la classica storia della flessibilità italiana.
Sì, noi però alla tipica rapidità italiana uniamo tanta esperienza: siamo stati tra i primi a sviluppare App per la connettività, sia lato software che lato hardware: MV Agusta, Ducati, Fantic. Il nostro sistema più evoluto, il CUO2, sta per arrivare su una MV: è un vero e proprio minicomputer connesso H24 alla rete, con sistema operativo Linux e SIM, GPS, Bluetooth, possibilità di connettersi al casco per le chiamate di emergenza; più un aggiornamento dell’App con servizi premium (accesso ai dati in cloud, geo-fencing, antifurto con SMS e tracciamento, notifiche di incidenti ai contatti diretti e in futuro alle autorità,…). E siamo solo all’inizio di quello che si può fare: ad esempio, potrei avere un “tutor AI” che valuta come guido e mi aiuta a migliorare le mie prestazioni in pista.
Per curiosità, che linguaggi di programmazione si usano?
Per le App ci sono tecnologie specifiche per poterle trasferire facilmente su Android o iOS; funzionano bene per quelle completamente digitali come quelle bancarie, ma sulla moto c’è una richiesta di efficienza più alta. Di solito usiamo MatLab / Simulink, Esure, codice nativo dove serve compatibilità con l’hardware e il classico C per il firmware. Un po’ di tutto: del resto ci sono software che risiedono nella centralina, software che risiedono sul cloud… alla fine si fanno cose dedicate.
Però non sviluppate il TFT.
Ci piacerebbe, ma in Unione Europea siamo un po’ castrati dalla legislazione, dai vincoli di omologazione. Stiamo pensando di poter portare le mappe nel nostro CUO2, in modo da poter comunicare col cruscotto e avere un’esperienza almeno vicina ai navi integrati dell’auto. Vorremmo anche mettere comandi vocali, sarebbe perfetto per l’utente. Puntiamo a offrire un sistema “future-proof”, meno standardizzato ma che non sia superato fra pochi anni.
Siamo solo all'inizio di quello che si può fare: ad esempio se la centralina ha a disposizione tutti i dati della moto, oggi possiamo sviluppare un "tutor AI" che migliora la mia guida, anche in pista
Connettività sempre più importante - ma senza gli eccessi dell'auto
La connettività, insomma, non è un passatempo ma un elemento che potrebbe diventare centrale nell’esperienza del motociclista. In un modo diverso da quello dell’auto, dove il piacere di essere connessi sta sostituendo il piacere di guida, ma altrettanto determinante perché in un mondo di moto sempre più omologate e strangolate dalle normative, sarà uno spazio importantissimo per le Case dove esprimere la propria personalità e la propria visione.
Basta vedere cosa ha fatto Tesla, che cambiato la "user experience" in modo radicale collegando le mappe, la ricarica, la guida autonoma e l'assistente di bordo. Questo le ha permesso di colmare il gap nell'autonomia e nel prestigio del marchio, arrivando a essere un leader glonale. Oggi l’auto punta alla guida autonoma, su cui Tesla ha investito da subito e che la sua principale concorrente, BYD, chiama "Eye of God": non è chiaramente più un riferimento tecnico, ma qualcosa che parla alla tua user experience (e anche, di nuovo, per distinguersi da Tesla e da tutti gli altri).
Sulle moto cosa succederà? Tutto lascia pensare che data l'importanza della guida sulle due ruote (e anche data la difficoltà ulteriore di automatizzare la guida), avremo tutti gli strumenti per la guida autonoma, ma senza la guida autonoma. Mancherà l'ultimo passo di integrazione fra questi strumenti, come se avessimo occhi, braccia e gambe ma non integrati in un uomo. Quindi cosa resterà?
Resterà un sistema comunque integrato (meccanica - elettronica e ARAS - connettività) in cui la connettività sarà una parte sempre più importante dell'esperienza utente. Le Case più evolute stanno già cominciando a ragionare su come includere nella loro identità questi elementi, anche per resistere all'avanzata dei concorrenti giovani (specialmente cinesi e indiani). Basta vedere cosa stanno facendo BMW, con gli occhiali connessi e i veicoli elettrici auto-bilancianti o Kawasaki con Corleo, una specie di cavallo robot che è anche una dichiarazione di intenti.
Nel futuro insomma continueremo a salire in sella, ma la nostra esperienza potrebbe essere parecchio diversa.
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