Da Sapere
Motori, manovelle, fasature: tutto quel che serve sapere
In oltre 100 anni di storia, sulle moto sono stati montati motori di ogni tipo, da 1 a 6 cilindri, in linea, a V o boxer. Molte configurazioni sono ancora vive e in vendita, ognuna con le sue peculiarità. Vediamo quali sono e perché esistono
Oggi, oltre ai monocilindrici che dominano le piccole cilindrate, le configurazioni di motore più diffuse sono i bicilindrici (a V, parallelo o boxer), i tre cilindri (in linea), e i 4 cilindri (in linea o a V). Nonostante la spinta verso le configurazioni più efficienti ed economiche, c’è quindi una grande varietà tecnica.
Apparentemente tutti uguali nelle rispettive geometrie, questi motori in realtà celano dei “segreti” che li differenziano l’uno dall’altro. Differenze invisibili come le misure caratteristiche o la distribuzione, ma la più importante delle quali è quasi sempre la cosiddetta “fasatura” delle manovelle, che determina l’ordine e la distanza degli scoppi.
Ma cos’è precisamente questa fasatura? Per i motori a combustione interna la fasatura (o angolo di fase) rappresenta la distanza angolare tra le manovelle sull'albero motore, che attraverso le bielle permette ai pistoni di operare in momenti differenti. L’obiettivo, per una lunga parte della storia dei motori, è stato quello di avere una distribuzione uniforme degli impulsi di coppia legati al susseguirsi delle combustioni, e di conseguenza un migliore bilanciamento dinamico del motore.
In poche parole, la fasatura definisce ogni quanto tempo un cilindro esegue la fase di detonazione rispetto alla precedente. Dato che in un motore 4T occorrono due giri dell’albero motore (360° x 2 = 720°) per completare un ciclo, le manovelle di un 4 in linea possono essere tipicamente a 180° fra di loro, oppure a 90° fra di loro, mentre nei motori a V l’inclinazione fra i cilindri ha un effetto “naturale” sulla fasatura, visto che di solito si tende a realizzare alberi con angoli di fase uniformi (di solito si usano alberi "piatti", con manovelle a 180°).
Motori a scoppi irregolari: cosa vuol dire e perché esistono
Come dicevamo, l’idea più intuitiva per un motore a più cilindri è quella di avere gli scoppi distribuiti in maniera uniforme, ovvero con intervalli tutti uguali tra l’uno e l’altro. Si parla in questo caso di motori a scoppi regolari: ogni scoppio avviene a una distanza angolare identica rispetto al successivo. Sono motori generalmente ben equilibrati, con poche vibrazioni, e richiedono quindi meno sistemi di bilanciamento. Questo permette regimi di rotazione più elevati, e tendenzialmente una maggiore potenza massima. Il loro suono è acuto, continuo e dà nome anche a questa tipologia di motori: i famosi "screamer" di cui si parla per i 4 in linea.
Al contrario, i motori a scoppi irregolari hanno intervalli di accensione non uniformi, con fasi attive (di scoppio) ravvicinate seguite da pause più lunghe. Il loro sound è più grave e caratteristico, spesso vengono definiti come “big bang”. Questi motori tendono a vibrare di più e richiedono componenti più robusti e sistemi di bilanciamento aggiuntivi. Permettono una potenza massima leggermente inferiore rispetto agli screamer anche se la coppia può essere superiore.
Perché irregolare è meglio
Ma perché allora si è iniziato ad usare configurazioni con scoppi irregolari? Uno dei motivi principali riguarda la trasmissione della potenza alla ruota. Per quanto la sensazione che riceviamo da una moto in accelerazione sia quella di una spinta continua, in realtà il motore invia alla catena degli “impulsi” (che corrispondono alle detonazioni nei cilindri) che la catena poi trasmette alla ruota. Questi impulsi non sono percepibili dal pilota… ma lo sono dalla gomma, che si allunga ad ogni scoppio e poi si accorcia nella pausa prima del successivo, un meccanismo necessario per generare le forze di aderenza responsabili della trazione.
Quando allo pneumatico si chiede il massimo del grip (come ad esempio in una gara di MotoGP), è possibile che non riesca più a recuperare tra uno scoppio e l’altro: ed ecco che vengono in aiuto gli scoppi irregolari. Avere una maggiore distanza tra (alcuni) scoppi permette di far ritrovare grip allo pneumatico dopo lo scoppio precedente. In tal modo anche le sensazioni restituite al pilota sono quelle di un posteriore più in controllo. L’efficacia di questa soluzione è testimoniata dal fatto che, dopo l’introduzione da parte di Honda sulle sue 500 GP nel 1992, il “big bang” non è più stato abbandonato: nemmeno con l’enorme sviluppo degli pneumatici e con l’arrivo dell’elettronica di gestione del motore e della trazione.
Quattro in linea: gli originali Big-Bang e Screamer
Partiamo proprio dai motori a motori quattro cilindri in linea con scoppi rispettivamente regolari o irregolari, cui le due denominazioni “screamer” e “big bang” si rifanno in origine. Se come detto i motori “big bang” sono diventati dominanti in corsa, le moto di serie sono invece sempre rimaste “screamer”, salvo ovviamente quelle con motori a V. Questo fino al 2009, quando è apparso l’unico motore 4 in linea di produzione a seguire la strada del “big bang”: quello delle Yamaha R1 e più tardi MT-10, moto non a caso molto apprezzate per la loro erogazione “facile” in relazione alla potenza.
A voler essere precisi, il crossplane Yamaha non è propriamente un Big-Bang nella forma originariamente concepita dai tecnici Honda per Il V4 della NSR500. Alla ricerca di trazione per la violenta erogazione del motore 2T, i giapponesi decisero di accendere i cilindri a coppie, come se fosse un V2, sperimentando vari ordini di accensione e fasature, per avere una distanza maggiore tra le accensioni e un maggior tempo di recupero (“rilassamento”) per la gomma. I due scoppi simultanei erano ovviamente molto ben avvertibili a livello sonoro, da cui il nome “Big Bang”.
Dal "Big Bang" al "Long Bang"
Il crossplane è invece piuttosto un “Long Bang”: non ha accensioni sovrapposte, ma due più vicine e due più lontane tra loro all’interno di un ciclo. Una irregolarità che ricerca comunque gli stessi concetti: migliorare le sensazioni date al pilota e permettere di massimizzare le prestazioni della gomma in uscita di curva a scapito della potenza massima e maggiori vibrazioni.
La sua diffusione non è maggiore perché da un punto di vista ingegneristico ci sono sfide importanti da vincere nella costruzione di un motore 4 in linea a scoppi irregolari, che aumenta sia il peso che i costi del motore: in particolare l’albero motore a croce (crossplane) con manovelle a 90° è più costoso da realizzare rispetto a un classico albero “piatto” con manovelle a 180°. Ma soprattutto, i benefici di questa scelta sono tangibili solo in ambito sportivo.
Ci sono comunque casi speciali anche nei motori 4 cilindri, come il V4 Twin-Pulse di Ducati che ha i perni di manovella sfalsati di 70° per avere un funzionamento più simile a un bicilindrico – un mix tra le esigenze delle gomme e quella di ricollegarsi alla gloriosa tradizione dei V2 bolognesi: la sequenza di accensione è 0° - 90° - 290° - 380°, il che significa che gli scoppi avvengono tutti in poco più di un giro di albero motore.
Bicilindrico in linea: un po’ di storia fino all’invasione dei 270°
A proposito di bicilindrici, questi sono stati da sempre fra i motori più diffusi motociclistico, in particolare i V2 e i twin paralleli che oggi, in ragione della loro compattezza, relativa semplicità costruttiva, e conseguentemente, costo di produzione ridotto, sono i più usati dalle Case costruttrici.
Storicamente il bicilindrico parallelo nasce a scoppi regolari, con angolo tra le manovelle di 360°. Se il ciclo completo di un pistone richiede 720°, per avere scoppi uniformi è infatti ragionevole distanziare le manovelle di 360°: in questo modo i pistoni si muovono “su e giù” all’unisono e lo “scoppio” avviene alternandosi da uno all’altro ad ogni giro di albero motore.
Quel che però è ideale dal punto di vista delle fasi, non lo è altrettanto dal punto di vista delle sollecitazioni: questa soluzione presenta infatti un grande problema di vibrazioni, in quanto un bicilindrico fasato a 360° diventa come un grosso monocilindrico, in cui i cilindri si muovono in modo sincrono scaricando sul manovellismo ingenti forze che si propagano al telaio. A seconda della dimensione dei cilindri, da causare danqueste vibrazioni possono essere così forti ni al motore.
Occorre quindi bilanciare queste forze, e i sistemi usati sono diversi: ad esempio lo Yamaha TMAX ha un terzo “falso” pistone in controfase, mentre BMW sulla serie F ha optato per un’asta di bilanciamento verticale collegata a un braccio oscillante, che anche in questo caso è in controfase rispetto al moto verticale dei pistoni.
I primi esempi di bicilindrici "irregolari"
Ma per ovviare in modo definitivo a questa criticità, a partire dal secondo Dopoguerra si è pensato di usare un angolo di fase di 180°, che ha portato a uno dei primi casi di motore a scoppi irregolari. La fasatura a 180° rende infatti il motore perfettamente bilanciato per quanto riguarda le forze del primo ordine, in quanto mentre un cilindro sale l’altro è in fase discendente. Tuttavia neanche questa scelta costruttiva è esente da vibrazioni: anche se le due forze si “cancellano” verticalmente, esse sono applicate in punti diversi (dove le bielle si innestano sull’albero), il che genera una coppia oscillante che a sua volta causa vibrazioni. Queste però sono molto piccole rispetto alle precedenti, e non hanno bisogno di ulteriori sistemi per salvaguardare il comfort o il motore stesso.
Negli ultimi anni, tuttavia, la configurazione che va per la maggiore è quella con angolo di 270° tra i cilindri. Si tratta di una scelta più recente, sperimentata inizialmente in Inghilterra negli Anni 60 allo scopo di bilanciare le vibrazioni secondarie presenti nel motore a 180°, sempre più importanti con l’aumento di cilindrata dei bicilindrici di quegli anni. A partire dagli Anni 90, però, a queste motivazioni tecniche se ne è aggiunta una “filosofica” e di marketing: questo ordine di scoppi è equivalente a quello che si otterrebbe in un bicilindrico a V di 90°, permettendo di dare al motore un sound e un’erogazione più accattivanti. A seguire questa strada è stata per prima Yamaha, con la TRX 850 del 1995 nata per sfidare la Ducati 900 Supersport.
Yamaha ha aperto una strada, anzi una vera e propria autostrada nella quale si sono infilati un po’ tutti, al punto che oggi è difficile trovare un twin fasato a 180° (il Kawasaki 650, l'Honda 500 e i twin cinesi ad essi ispirati). Questo perché il prestigio tecnico e sportivo dei V2, soprattutto dopo con il successo di Ducati a partire dagli Anni 90, ha reso riconoscibile e desiderabile il suo suono “zoppicante” e la sua erogazione corposa, spingendo quasi tutti i costruttori a orientarsi sulla fasatura a 270° per i loro twin paralleli più recenti, ben più economici e compatti di un V 90°; fa eccezione KTM, che ha in gamma l’LC8 con V di 75° e l’LC8c con fasatura a 285°.
Motori a V con 2 e 4 cilindri
Non è un caso se la fasatura a 270° richiama il V 90° e la fasatura a 285° richiama il V 75°. Il desiderio di replicare il carattere di un V2 con un twin parallelo, meno costoso e compatto, nasce dal prestigio tecnico e sportivo dei motori a V, in particolare i V2 storicamente molto più diffusi sulle moto che sulle auto.
Come abbiamo detto, nei motori a V l’angolo di fase tra le manovelle può variare molto. Le configurazioni più comuni sono quelle con manovelle sfalsate di 180°, che garantiscono scoppi regolari e un’erogazione lineare (oltre a un albero motore “piatto”, più facile da realizzare), oppure di 270° (albero a croce), che producono un’erogazione più piena e caratteristica. Ma soprattutto Honda ha sperimentato un po’ di tutto, come il V a 52° delle Transalp e Africa Twin degli Anni 80 e 90.
Harley-Davidson, invece, ha una storia tutta sua riguardo all’angolo di fase. I suoi tradizionali motori V2 presentano una configurazione a 45° con un solo perno di manovella condiviso, quindi un angolo di fase di 0°, il cosiddetto sistema a “biella madre e biella figlia”. Questo crea una sequenza di scoppi irregolare (con intervalli di 315° e 405°), che dona quel caratteristico sound “pulsante” e inconfondibile, parte integrante dell’identità Harley. Anche Indian, con il motore Thunderstroke presentato nel 2013, ha scelto la strada della V stretta, di 49°, ma con manovella singola e bielle affiancate.
Anche nei moderni motori V4, dominanti in MotoGP e SBK, l’angolo di fase delle manovelle può essere molto vario, visto che il suo effetto si combina con quello dell'angoloi tra le bancate. Le configurazioni tipiche prevedono sfalsamenti di 90° (il più classico), 180° (big bang) o angoli più particolari come 70° (come detto in precedenza, tipici di Ducati) o addirittura 360° (sarebbe lo screamer per i V4), a seconda della filosofia costruttiva.
Tre cilindri in linea: scoppi regolari e il T-Plane di Triumph
Chiudiamo con il motore tre cilindri in linea, che vede la configurazione a scoppi regolari utilizzata da praticamente tutti i costruttori. La disposizione a 120° garantisce indatti intervalli di accensioni regolari, ogni 240° di rotazione dell’albero: meno lineare di un 4 cilindri in linea (accensioni ogni 180°) ma risulta comunque un buon compromesso in termini di compattezza, efficienza e di costi di produzione. Nei primi Anni 70 Laverda, alla ricerca di un sound diverso dai triple inglesi, propose la sua potentissima 1000 con distanza di 180° tra le manovelle, ma già nel 1976 si tornò ai 120° per poter aumentare la potenza senza eccedere con le vibrazioni per chi guidava e con le sollecitazioni per il motore.
Dopo anni di fasatura regolare di tutti i tricilindrici inglesi, italiani, tedeschi e giapponesi Triumph, la pioniera del triple moderno, ha provato a distinguersi con una scelta atipica, optando sulle sue Tiger 900 e 1200 per un angolo tra le manovelle di 90°, generando così degli scoppi irregolari. Questa soluzione è stata chiamata T-Plane per la forma dell’albero a T (e per identificarla con Triumph).
Le motivazioni dietro a questa scelta sono quelle già descritte in precedenza: ricerca di miglior trazione e anche di un carattere e un timbro unico per proprio motore in modo da renderlo maggiormente riconoscibile rispetto alla competizione. A differenza di quanto accaduto per il twin parallelo a 270°, in questo caso la differenza timbrica e di carattere è minore, e sembra improbabile che altri seguano Triumph su questa strada. La fasatura, comunque, resta una fonte inesauribile di sorprese come quelle che ci attendiamo dalla annunciata Honda V3 sovralimentata. Voi che ne pensate?
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