Sbk
2005: riesplodono le Superbike
Doveva estinguersi, sacrificato alle ambizioni di una Formula 1 motociclistica che è già in crisi, invece il mondiale delle derivate di serie promette per l’anno prossimo un grande rilancio col ritorno in massa delle Giapponesi. Ecco tutto ciò che bolle i
di Luigi Rivola, foto Alex Photo
Gli ottimisti hanno avuto torto. Pensavano che per il rilancio del Mondiale Superbike sarebbero serviti almeno due o tre anni, invece ne è bastato uno.
Mancano tre GP alla fine del campionato 2004 – un campionato che doveva essere un monotono monomarca e che invece è ancora in ballo fra la Ducati e l’unica Honda in gara – e già si delinea il panorama del Mondiale 2005 che vedrà il ritorno delle Case giapponesi assenti quest’anno, nonché il rafforzamento della Honda con diverse squadre legate al “caposquadra” Ten Kate, il team olandese che ha fatto debuttare e che ha magnificamente sviluppato la nuova Fireblade 1000.
Di questo panorama, di cui si è parlato tantissimo a Brands Hatch e che ad Assen ai primi di settembre sarà ormai ben visibile almeno nei suoi aspetti più eclatanti, cerchiamo di anticipare almeno i contorni, che comunque sono tali da creare un’aspettativa per la prossima stagione che pochissimi avrebbero immaginato. E che non farà certamente piacere alla Dorna.
Cominciamo dalla Ducati. La Casa bolognese, che quest’anno ha dovuto affrontare ben più traversie del previsto, ha due piloti ufficiali di rango: James Toseland e Regis Laconi, probabilmente quanto di meglio offrisse il mercato a fine 2003, quando Hodgson e Xaus lasciarono la SBK per affrontare l’avventura in MotoGP.
Di questi due piloti è probabilissimo che almeno uno non venga confermato e potrebbe essere Toseland, i cui risultati, a prescindere dall’elevato punteggio che ha accumulato con piazzamenti regolari, sono stati decisamente insufficienti. Ma anche Laconi, dopo la corsa di Brands Hatch è ormai considerato a forte rischio; il francese, dopo la caduta inopportuna in Gara-2 nel GP d’Europa, faceva il pazzerellone nel paddock, ma non si può dire che avesse motivo di essere allegro: Vermeulen è ora vicinissimo e un Mondiale piloti che la Ducati poteva considerare quasi vinto a metà campionato è ora alla portata della Honda, che adesso ha una gran moto e un pilota che non sbaglia. Laconi – colpa sua o della moto non importa – ha sprecato molto, troppo, e se perderà il Mondiale è difficile pensare che la Ducati non gliene chieda conto.
Tornerà Hodgson in sella alla 999 ufficiale, come sussurra qualcuno? O magari La Ducati si farà passare Haga dal team inglese, come ha fatto lo scorso anno con Toseland, magari scambiandolo proprio con Toseland, che il Renegade probabilmente sarebbe felice di accogliere?
Parlando di Team satelliti della Ducati non si può trascurare il Team Caracchi-NCR, che quest’anno ha ottenuto un clamoroso successo in una manche del GP d’Australia, seguito da ripetute delusioni. Garry McCoy è in evidente declino ed è certo che non potrà essere il portabandiera della squadra bolognese nel 2005.
Al momento però non sono stati designati sostituti. Per Stefano Caracchi è prioritaria la definizione del rapporto con la Ducati ufficiale, alla quale vorrebbe sentirsi legato più strettamente, anche in considerazione del fatto che il suo odierno “Main sponsor”, ossia la Xerox, potrebbe diventare lo sponsor principale del Team ufficiale di Borgo Panigale nel 2005, e che alcuni Team clienti della Ducati, come il DFX e il Team Pedercini, stanno valutando l’ipotesi di passare ad altra marca.
Caracchi vuole invece rimanere con le Desmo. “Non sono un dipendente della Ducati – ci ha detto – per cui devo guardare anche al mio interesse, però sono innamorato della Ducati e le sono grato, a differenza di altri, perché comunque ha sempre fornito, anche se a caro prezzo – ma sono forse regalate delle 250 GP a cinque miliardi di vecchie lire? – moto vincenti. Negli ultimi anni ho visto la Ducati crescere mostruosamente in affidabilità e in competitività, e le Superbike in vendita sono veramente simili a quelle ufficiali. Questa è serietà, e io della serietà mi fido”.
Carl Fogarty e la Foggy-Petronas FP-1
La Foggy Petronas è intenzionata a continuare nel Mondiale SBK, spinta anche dagli evidenti progressi degli ultimi GP del 2004. In risposta alle voci di un passaggio del team anglo-malese alla MotoGP, Fogarty ha diramato un comunicato in cui afferma testualmente: “Ci sono segnali molto forti di un massiccio ritorno delle Case giapponesi il prossimo anno, e se il Mondiale MotoGP si è rivelato ormai troppo costoso per la maggior parte dei costruttori, quello delle Superbike ha prospettive di diventare sempre più forte. Io penso che la regola della monogomma abbia reso la formula più interessante; ora sono diversi i piloti che hanno possibilità di vincere corse e campionato e anche noi siamo una dimostrazione di quanto la regola della monogomma sia valida, siamo infatti l’unico Team ufficiale che abbia migliorato i tempi sul giro, rispetto allo scorso anno, montando le Pirelli. Ciò significa chiaramente che la non disponibilità di gomme speciali ci penalizzava molto”.
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, che in sella alla Ducati 999 è stato il pilota più consistente della stagione, potrebbe essere il pezzo più pregiato del mercato piloti in vista del 2005. Haga va forte con la bicilindrica, ma nessuno ha dimenticato come facesse volare quel cancello che era la Yamaha R7. Adesso che il regolamento ha annullato il divario fra 2 e 4 cilindri, e non solo in termini di cilindrata, e che la Yamaha medita seriamente il ritorno in Superbike, è impossibile che gli emissari di Iwata non suonino al campanello di Noriyuki: non farlo sarebbe uno spreco e un grosso favore alla concorrenza.
Però il rientro della Yamaha è ancora in fase preliminare e rischia di diventare operativo con molto ritardo (d’altra parte anche la Honda quest’anno è partita in ritardo, ma poi abbiamo visto come abbia recuperato in fretta...). A Brands Hatch era presente una squadra SBK della Yamaha France con le R1 kittate, ma ha fatto una figura molto scarsa, mentre – come previsto – è andato fortissimo, con una R1 privata, James Ellison, un pilota da tenere ben d’occhio per capire se cotanto manico si possa perdere nel passaggio della Manica, oppure sia di quelli che si mantengono anche sul Continente.
La squadra più quotata nella corsa al Mondiale Superbike per i colori della Yamaha è ancora una volta la Yamaha-Italia, e non è un mistero che a Gerno di Lesmo stiano ragionando e lavorando sodo in questa prospettiva. La squadra italiana è collaudatissima, pluridecorata, ha dimostrato di saper fare sviluppo, ha eccellenti rapporti con l’Europa e con il Giappone e ha due piloti che fremono all’idea di passare in Superbike dalla Supersport, ed entrambi sono pezzi da novanta.
A parte il team ufficiale, o pseudo tale, con la Yamaha correranno senz’altro anche alcuni team privati, uno dei quali dovrebbe essere quello di Pedercini, convinto di poter trovare nelle R1 minori costi rispetto alla gestione di una Ducati 999 e maggior competitività nei confronti delle 998 attuali.
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Il ritorno della Kawasaki, l’unica altra marca giapponese oltre alla Honda a poter vantare un titolo mondiale Superbike, è stato annunciato dal Team PSG-1, che con la Casa di Akashi, o meglio, con la sua filiale europea, ha sottoscritto un contratto di stretta collaborazione per il 2005. Il Team PSG-1 avrà le ZX-10R ufficiali, ma perderà Pierfrancesco Chili, a meno che non intervengano fatti nuovi e altamente improbabili a riallacciare un rapporto che è stato fra i più produttivi negli ultimi due anni, ma che ormai si è raffreddato.
In questa prospettiva, Pierguido Pagani, titolare del Team PSG-1 sta cercando non solo di rafforzare la squadra in vista di un lavoro di sviluppo della quattro cilindri giapponese da portare avanti almeno nella fase iniziale dell’accordo, ma anche due piloti di calibro internazionale, uno dei quali deve essere – come ha richiesto la Kawasaki – un top rider. Contatti ci sono già stati con Sanchini, con Nannelli e con altri emergenti, ma fino a Brands Hatch si è sperato di poter convincere Chili a rimanere. Ora la squadra si guarda attorno con maggiore attenzione; uno dei piloti inquadrati nel mirino del PSG-1 (il nome del team è lo stesso di un notissimo fucile di precisione) è senz’altro James Toseland, ma siamo ancora nella fase delle riflessioni e degli approcci.
Parlando di Kawasaki è inevitabile rivolgersi a Sergio Bertocchi, titolare del Team che da molti anni difende i colori delle verdone nei mondiali delle derivate di serie. Bertocchi assicura che anche la sua squadra sarà ufficiale Kawasaki nel 2005, ma mentre la PSG-1 correrà solo nella Superbike, lui avrà a disposizione anche le Supersport. Al momento però il contratto fra la Kawasaki Europa e Bertocchi non risulta ancora firmato.
Un terzo Team in pista con le ZX-10R potrebbe essere il cinese Zong-Shen, stanco di sprecare energie col motore Suzuki che ormai ha perso lo smalto dei giorni migliori in Superbike. In attesa di poter disporre del suo quattro cilindri originale, la marca cinese ha avviato trattative per l’acquisto di altri propulsori, con un occhio di riguardo per il Kawasaki, che viene considerato un’eccellente base per lo sviluppo di una moto competitiva.
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La marca di cui si sa meno è la Suzuki, anzi si sa che non sa se rientrare o no, che non vorrebbe, ma che se tutti gli altri rientreranno – come ormai è dato per scontato – non potrà restarsene in disparte a guardare.
Francesco Batta, titolare del Team Alstare Corona, che nei mondiali per le derivate di serie è sempre stato l’alfiere della Casa di Hamamatsu, con una struttura di primissimo livello e un’organizzazione promozionale invidiabile, è taciturno ed evidentemente nervoso. L’anno scorso aveva appoggiato la contestazione ai fratelli Flammini, titolari del Mondiale Superbike, e si era più volte espresso con grande pessimismo nei confronti dell’avvenire del campionato. Adesso è costretto a prendere atto che la SBK sta rifiorendo e che questo minaccia l’avvenire o quantomeno la popolarità del Mondiale Supersport nel quale si è impegnato quest’anno con la Suzuki senza ottenere, e non per sua colpa, i risultati sperati. Inoltre non vede nella Casa con cui lavora da tanti anni l’intenzione di trovare soluzioni adeguate.
“Dovevo andare in Giappone e alla fine non ci sono andato – ci ha detto a Brands Hatch – Il mio sponsor vuole pianificare il 2005 e io devo essere in grado di dargli garanzie di risultati in un campionato che prometta di essere interessante e molto seguito. Purtroppo queste garanzie non dipendono da me. La mia struttura è la più consistente e attrezzata del paddock ed ha dei costi che non sono alla portata di un team privato, ma la Suzuki non mi dà le risposte di cui ho bisogno, per cui, se non voglio perdere lo sponsor, bisogna che prenda decisioni a prescindere dalla Suzuki e a prescindere dal Mondiale SBK”.
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Ed eccoci finalmente alla Honda, tenuta per ultima in quanto, delle quattro tornate o sulla via del ritorno all’ovile, è la sola che lo abbia fatto già nel 2004. E in che modo l’abbiamo visto...
Il rientro della Honda è stato dettato da motivi commerciali: la Honda-Europa si è resa conto dell’importanza e del seguito del Mondiale SBK presso il pubblico e presso la sua rete distributiva, quindi ha fatto sì che l’interesse dell’azienda prevalesse sulle stupide questioni di principio legate alla firma della lettera della MSMA contro l’organizzazione dei fratelli Flammini. E questo – lasciatemelo dire – si chiama ragionare con mentalità da grande industria e non da piccolo potentato di provincia.
La Honda comunque non è rientrata ufficialmente. Perché? Semplicemente perché se lo poteva permettere. In Europa ha un team, quello olandese di Gerrit Ten Kate, che ha dimostrato di essere in grado di sviluppare autonomamente moto competitive al massimo livello con un impegno economico di supporto, da parte della Casa madre, assolutamente irrisorio rispetto a quello richiesto per una partecipazione ufficiale.
Così Gerrit Ten Kate è diventato il grande maresciallo della Honda nel Mondiale SBK. Chiunque abbia fatto il servizio militare sa bene che in certi casi i marescialli contano più dei generali pur essendo sottufficiali e non ufficiali, e questo è proprio il caso del Team Ten Kate, che nel 2005 è stato investito dell’incarico di fornitore e supervisore delle Honda Fireblade 1000 a tutti i team che vorranno correre con quella moto con ambizioni di competitività.
Fra questi potrebbero esserci il Team DFX, che quindi abbandonerebbe la Ducati, e il Team Klaffi, che salirebbe di livello lasciando la Supersport. È legittimo inoltre supporre – e la politica della Honda favorisce questa ipotesi – che altri Team legati agli importatori nazionali possano organizzarsi richiedendo le CBR1000RR a Ten Kate con la benedizione della Honda stessa.
Il Team DFX in realtà, ha diverse ipotesi in ballo: quella della Honda è forse la più interessante perché legata eventualmente alla presenza di Pierfrancesco Chili, che sulla Fireblade sarebbe particolarmente ben visto dalla Honda-Europa, e del suo capotecnico Domenico Brigaglia, ma Daniele Carli, team manager della squadra di Verona, ci ha detto di avere trattative in corso anche con la Suzuki, con la Yamaha e con la Ducati, tutte e tre interessate alla sua struttura. Fra un mese, ad Assen, ne sapremo di più.
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