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Flammini: l'SBK sarà il vero mondiale

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Il 2003 è un anno di transizione, ma nel 2004 torneranno le Case giapponesi e il campionato delle derivate di serie tornerà nel cuore di tutti gli appassionati. Questo il parere di chi ha lanciato e gestisce il mondiale SBK e che è disposto ancora a scomm

Ancora una foto di Paolo Flammini in un momento "ufficiale"

di Luigi Rivola



Potrà piacere o no, ma il mondiale Superbike aveva conquistato il pubblico dei motociclisti, basti guardare che cosa è successo ad Imola negli ultimi tre anni: bagni di sangue per gli organizzatori dei GP dei prototipi, pienone di pubblico per il campionato delle derivate di serie.
Potrà piacere o no, ma il mondiale Superbike aveva dimostrato di poter produrre un consistente ritorno per le Case impegnate in questo campionato.
Chiedetelo alla Ducati, che sulle vittorie nella SBK ha costruito la sua attuale fortuna, ma chiedetelo anche all'Aprilia, che vincendo in Superbike ha lanciato nel migliore dei modi la sua gamma alta dotata del bicilindrico a V di 60°, un motore ed una moto che avevano bisogno di conferme, come tutte le ultime arrivate, e che le hanno avute sul campo.
Ciò che non è piaciuto affatto ad alcuni, e che invece ha fatto impazzire il pubblico, è che queste derivate di serie - perché tali sono, visto che ci sono delle regole importanti da rispettare e che proprio adesso assistiamo a un duello tutto Ducati fra le moto ufficiali e quelle in libera vendita ai privati - si siano avvicinate in modo del tutto inatteso alle prestazioni delle 500 GP, a volte umiliandole.


Così qualcuno ha decretato che la Superbike andava ridimensionata. E potete star sicuri che chi tanto si è impegnato per ridimensionarla, in realtà aveva tutte le intenzioni di demolirla.
Per ora non ci è riuscito, nonostante il forte aiuto delle Case giapponesi, attratte dal fatuo miraggio della Formula 1 motociclistica, nonostante la creazione di un'alternativa a quattro tempi - guarda caso di 1000 (pardon: 990) cc di cilindrata - e la proposta di una prossima sostituzione della classe 250 con una 600 a 4 tempi (ma no!).
E la cosa più buffa è che se quest'anno il mondiale MotoGP non si è ridotto ad un monomarca Honda (con lotte pazzesche e miliardi a palate per guadagnare posto in griglia dalla terza insignificante fila in giù), il merito è soprattutto della Ducati e della tecnologia acquisita elaborando la sua superbike, che le ha consentito di arrivare nell'Olimpo della tecnica e di disporre subito del motore più potente in assoluto.
Dove andrà a finire a questo punto il mondiale Superbike?
Non è facile immaginarlo: tutto dipende dal ritorno in campo delle Case giapponesi in seguito alla modifica del regolamento tecnico, che consentirà a tutte le moto, indipendentemente dal numero dei cilindri del motore, la cilindrata piena di 1000 cc.
Abbiamo incontrato a Oschersleben, in occasione del GP di Germania del mondiale SBK, Paolo Flammini, che col fratello Maurizio regge le sorti di questo campionato. Abbiamo posto a lui questa domanda ed abbiamo ottenuto risposte cariche di entusiasmo e di ottimismo. Certezze? L'unica cosa certa, almeno a nostro parere, è che il mondiale SBK non si può permettere una stagione 2004 simile alla 2003.
"Non prendo nemmeno in considerazione l'ipotesi che nel 2004 il campionato Superbike si presenti come una replica di quello del 2003". Paolo Flammini è categorico: fa le sue affermazioni sorridendo, come sempre, per dare all'interlocutore l'impressione di credere fino in fondo a ciò che dice. E spiega: "Quest'anno le cose sono andate in questo modo perché il regolamento tecnico che prevedeva gli air-restrictors per le 1000 è arrivato troppo tardi. La penalizzazione è stata grande per questa stagione, ma era inevitabile: mettere d'accordo tante parti ci ha fatto perdere un sacco di tempo. Nel 2004 le Case saranno pronte e non sarà più la sola Ducati a dover reggere sulle sue spalle il peso di tutto il campionato".
Stando ai dati diffusi dall'organizzazione, il mondiale SBK 2003 richiama ancora un foltissimo pubblico su ogni circuito. La verità è che il temuto (da altri auspicato) crollo di presenze non c'è stato: i motociclisti hanno in buona parte confermato la propria affezione per le Superbike e questo autorizza a ben sperare nel caso che davvero le Case giapponesi tornino ufficialmente in campo nel 2004.
"La SBK 2003 non è certamente la SBK degli anni passati - ammette Paolo Flammini - Però il pubblico non l'ha tradita. A Monza, oltre ai numerosi spettatori nel circuito, tanti quanti la MotoGP spesso fatica ad avere, c'è stato anche un grosso successo in termini di spettatori televisivi: la RAI ha raddoppiato lo share rispetto al programma che aveva preceduto la trasmissione delle gare SBK".
- Per eliminare alla radice tutte le polemiche che negli anni passati attribuivano alla Ducati una superiorità tecnica favorita dal regolamento, non sarebbe stato il caso di adottare la cilindrata 1000 per tutti, senza l'handicap degli air restrictors?
"L'adozione degli air restrictors è stata giudicata un efficace sistema di bilanciamento delle prestazioni. D'altra parte anche se avessimo messo sullo stesso piano, senza la minima discriminante, i motori a due, a tre e a quattro cilindri, la polemica tecnica sarebbe sorta lo stesso, perché qualcuno avrebbe detto che il due cilindri era troppo svantaggiato. Il nostro vero obiettivo strategico, quello su cui puntiamo per il futuro del mondiale SBK, è un regolamento che metta d'accordo tutti i regolamenti attualmente vigenti nei diversi Paesi del mondo per le derivate di serie di grossa cilindrata. Un regolamento che faccia sì che nei campionati nazionali si possa correre con le stesse moto del mondiale SBK e che i migliori di ogni campionato si battano nella stagione successiva per un titolo mondiale veramente significativo per i piloti, ma anche per le marche che rappresentano".
I fratelli Flammini sono tornati nel pieno possesso del mondiale Superbike dopo averlo ceduto per alcuni anni alla multinazionale Octagon ed averlo gestito per suo conto. La rinuncia della Octagon è stata presa come un segnale di resa in considerazione di una situazione che potrebbe non avere sbocchi. Paolo Flammini naturalmente non è d'accordo.
"La Octagon non si è ritirata, semmai siamo stati noi che abbiamo deciso di rientrare nel controllo totale dell'azienda, e questo perché la Octagon, essendo un colosso, non possiede quella grande flessibilità che serve ad un'impresa come questa e specialmente in questo momento. L'esperienza fatta con la Octagon ci è stata utilissima perché ci ha dato un respiro internazionale e una notevole conoscenza delle strategie di marketing".
- Servirà tutto questo per vincere la guerra contro la Dorna?
"Non è una guerra. O almeno non lo è per noi. Potremmo parlare piuttosto, dal nostro punto di vista, di una competizione. Noi la vediamo come la competizione del motociclismo contro il calcio, contro la Formula Uno, contro il basket USA, ossia la concorrenza fra gli sport che dominano i media. Se riusciremo a tenere ben distinte le regole che sono alla base delle corse dei prototipi, da quelle delle derivate di serie, ci sarà spazio per entrambi".
- Siete davvero convinti che le Case giapponesi torneranno al mondiale SBK nel 2004? Oggi come oggi, che assicurazioni avete avuto?
"Niente di scritto. Però i Giapponesi sono normalmente di parola, e a livello di semplici dichiarazioni praticamente tutti ci hanno detto che torneranno in SBK. La collaborazione che hanno dato alla stesura del nuovo regolamento è la dimostrazione lampante di questa intenzione. La mia personale previsione è che nel 2004 avremo nuovamente una partecipazione al 90% e nel 2005 al 100%".
- Non sarà troppo tardi? I costi della MotoGP non rischiano di assorbire anche eventuali budget destinabili alla Superbike?
"Non credo. Due sono i punti sui quali i Giapponesi saranno chiamati a riflettere già alla fine di questa stagione: per battere la Honda dovranno stanziare budget che non sono alla portata del nostro mondo; l'alternativa è spendere enormi capitali per far la figura dei perdenti davanti al pubblico mondiale dei motociclisti. Correre nel mondiale SBK è meno impegnativo dal punto di vista economico e si riflette molto positivamente sia sull'immagine della marca, sia sul progresso tecnico delle moto di serie. La Honda Fireblade 1000 che correrà l'anno prossimo nel mondiale SBK non ha proprio niente a che vedere con la RC211V di Valentino Rossi, ma le sue eventuali vittorie nel nostro campionato non saranno meno importanti di quelle del prototipo a cinque cilindri. Semmai il contrario...".
Da sinistra: Maurizio Flammini, il presidente della FIM, Francesco Zerbi e Paolo Flammini

Paolo Flammini

Ancora una foto di Paolo Flammini in un momento "ufficiale"

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