Motogp
Occhio Toprak, dalla SBK alla MotoGP è quasi sempre un flop
La notizia di Toprak Razgatlioglu in MotoGP con Pramac dal 2026 ha suscitato grandissima curiosità. Questo perché, per la maggioranza dei casi precedenti, i protagonisti di questo salto hanno riscontrato diverse difficoltà. Vediamo alcuni casi del passato
Quando Toprak Razgatlioglu ha annunciato il suo approdo in MotoGP con il team Pramac per la stagione 2026, il paddock si è diviso tra entusiasti e scettici. Da una parte chi vede nel pilota turco l'ennesimo talento destinato a illuminare la classe regina, dall'altra chi conosce bene la storia del motociclismo e sa quanto sia scivoloso il ponte che collega Portimão a Losail, la Superbike alla MotoGP.
Perché se è vero che Toprak ha dominato in lungo e in largo il mondiale delle derivate di serie, è altrettanto vero che la MotoGP ha già sepolto molti sogni e spezzato non poche carriere di campioni arrivati con il petto gonfio di vittorie e titoli conquistati su altre piste, con altre moto, in un altro mondo.
DA CAMPIONI IN SBK A ROOKIE IN MOTOGP
La storia del motociclismo è costellata di tentativi, alcuni riusciti, altri clamorosamente falliti. Tra i campioni del mondo Superbike che hanno osato il grande salto, Ben Spies rappresenta probabilmente l'esempio più virtuoso. L'americano arrivò in MotoGP nel 2010 dopo aver conquistato il titolo mondiale SBK al primo tentativo con la Yamaha, e riuscì nell'impresa di vincere una gara già al secondo anno, in Olanda nel 2011. Eppure, nemmeno lui riuscì mai a lottare per un mondiale, nonostante i numerosi podi conquistati con la factory Yamaha.
Colin Edwards ebbe un destino simile, ma con un percorso diverso. Il texano arrivò in MotoGP nel 2003 forte di due titoli mondiali Superbike vinti nel 2000 e 2002 con Honda, e riuscì a costruirsi una carriera longeva nella classe regina. Dodici podi e un quarto posto finale come miglior risultato stagionale testimoniano una presenza costante ai vertici, senza però mai avere la velocità per ambire al titolo iridato.
Decisamente più complicata la parabola di James Toseland, pilota dal talento cristallino che in Superbike aveva saputo vincere due titoli mondiali con moto diverse: prima la Ducati nel 2004, poi la Honda nel 2007. L'approdo in MotoGP con il team Yamaha Tech 3 nel 2008 sembrava l'inizio di una nuova era, ma l'inglese non riuscì mai a trovare il feeling giusto con i prototipi. Due stagioni chiuse all'11esimo e al 14esimo posto, senza mai salire sul podio, raccontano di un adattamento mai avvenuto.
Ancora più amaro il destino di Neil Hodgson, che dopo aver dominato il mondiale Superbike 2003 con la Ducati, si ritrovò a lottare per la sopravvivenza in MotoGP l'anno successivo. Con la D'Antin Ducati non riuscì mai a superare l'ottavo posto, collezionando ben sei ritiri in sedici gare. Un fallimento che ancora oggi fa discutere gli addetti ai lavori.
Un discorso a parte merita Troy Bayliss, l'australiano che ha scritto pagine indimenticabili del motociclismo mondiale. Dopo il primo titolo SBK del 2001, Bayliss tentò l'avventura in MotoGP dal 2003 al 2005 senza mai trovare il giusto feeling. Ma fu il suo ritorno a Valencia nel 2006, da wild card, a regalare uno dei momenti più emozionanti della storia del motociclismo: la vittoria nell'ultima gara della stagione, poche settimane dopo aver conquistato il suo secondo titolo Superbike.
QUANDO IL TALENTO NON BASTA
Non solo i campioni del mondo hanno tentato l'impresa. Chris Vermeulen, campione Supersport nel 2003 e vice-campione Superbike nel 2005, riuscì a ritagliarsi uno spazio importante in MotoGP con la Suzuki, vincendo il Gran Premio di Francia nel 2007 e conquistando sette podi complessivi. Una carriera discreta, senza picchi di eccellenza.
Ben diversa la storia di Cal Crutchlow, che dopo aver vinto il mondiale Supersport nel 2009 e aver corso una sola stagione in Superbike (con tre vittorie), è riuscito a costruire una carriera di tutto rispetto in MotoGP. Prima con Yamaha Tech 3, poi con Ducati e infine con Honda, l'inglese ha conquistato tre vittorie e diciannove podi, dimostrando che con il giusto percorso di crescita il salto è possibile.
Un caso particolare è quello di Noriyuki Haga, probabilmente il più grande talento a non aver mai vinto un titolo mondiale Superbike nonostante le quarantatré vittorie conquistate. Il giapponese tentò l'avventura in 500cc/MotoGP nel 2001 e nel 2003, ma è rimasto nella storia per un memorabile terzo posto conquistato da wild card al Gran Premio del Giappone 1998, quando ancora correva stabilmente in Superbike.
MA COME SARA' PER TOPRAK?
Un fil rouge che collega tutti i piloti menzionati in precedenza è la mancanza di possibilità di lottare effettivamente per il titolo. Infatti, anche se diversi di loro hanno avuto carriere più che dignitose e durate molti anni, nessuno ha mai lottato per un mondiale o comunque dimostrato di aver la velocità di poter competere costantemente con i migliori.
Per molti Toprak ha il talento e le capacità per poter far la differenza anche in MotoGP, per altrettanti sarà l’ennesimo flop. Certamente dovrà riuscire a limitare il suo stile di guida, molto spettacolare (e allo stesso tempo redditizio, in sbk) ma che nella MotoGP di oggi non paga nel tempo sul giro: persino un funambolo come Marc Marquez da quando è passato in Ducati ha assunto uno stile più pulito.
Tuttavia, non ci sono solo circostanze sfavorevoli per la sua futura avventura. Un aiuto importante può arrivare in concomitanza del suo secondo anno: le gomme Pirelli (con cui lui è cresciuto) e il cambio regolamentare 2027 potrebbero andare incontro alle sue esigenze e agevolarlo nel suo percorso.
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