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MOTOGP: le 3 Honda che hanno fatto la storia

Redazione
dalla Redazione il 07/04/2020 in Motogp
MOTOGP: le 3 Honda che hanno fatto la storia
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La RC211V, RC212V e RC213V, le tre moto costruite da Honda per la top class hanno vinto più gare e titoli di qualsiasi altro costruttore. Il segreto? Il connubio perfetto tra ingegneria (Honda) e i più talentuosi piloti del Circus

Nelle 18 stagioni trascorse dal 2002, anno del passaggio della MotoGP ai quattro tempi, Honda ha vinto complessivamente 22 Campionati del mondo Piloti e Costruttori, oltre a 153 Gran Premi.

Questo predominio è frutto del connubio tra il talento di ingegneri straordinari e piloti leggendari. Le corse hanno sempre rivestito una grandissima importanza per Honda e il lavoro svolto dall'azienda in pista ha avuto un notevole impatto sul motociclismo. Molte tecnologie che gli utenti apprezzano ogni giorno nascono dalla mente degli ingegneri Honda, il cui costante impegno non è soltanto rivolto a vincere le gare ma anche portare su strada l’esperienza acquisita nei circuiti di tutto il mondo.

Le RC211V, RC212V e RC213V proseguono il sistema di nomenclatura adottato da Honda per le sue prime moto da competizione che negli anni Sessanta dominarono il Campionato del Mondo. Tra queste moto fantastiche ricordiamo la RC166 di 250 cc a 6 cilindri, la RC149 di 125 cc a 5 cilindri e la RC181 di 500 cc a quattro cilindri. RC sta per Racing Cycle (moto da competizione), 211 indica che la RC211V è stata la prima moto GP di Honda del XXI secolo e V sta per la configurazione a V del motore a cinque cilindri. La 212 è stata la seconda moto GP di Honda del XXI secolo, la 213 la terza.

MOTOGP: le 3 Honda che hanno fatto la storia

RC sta per Racing Cycle (moto da competizione), 211 indica che la RC211V è stata la prima moto GP di Honda del XXI secolo e V sta per la configurazione a V del motore a cinque cilindri. La 212 è stata la seconda moto GP di Honda del XXI secolo, la 213 la terza

RC211V (2002-2006)

Quando nel 2002 la MotoGP passò ai quattro tempi, Honda colse l'opportunità di costruire una moto sorprendente, tuttora venerata nel paddock della MotoGP e non solo.

La RC211V fu un modello di successo: il motore a V cinque cilindri regalava prestazioni eccezionali a misura di pilota, mentre il suo design compatto consentì la costruzione di un telaio che trasmettesse al pilota massima fiducia in piega. Tutto ciò permise a molti piloti di vincere in sella alla RC211V.

I dieci piloti a cui è stata affidata una RC211V – Alex Barros, Max Biaggi, Toni Elias, Sete Gibernau, Nicky Hayden, Marco Melandri, Dani Pedrosa, Valentino Rossi, Makoto Tamada e Tohru Ukawa – hanno complessivamente vinto 48 gare di MotoGP nel quinquennio 2002-2006, quando la cilindrata ammessa era di 990 cc. In quel periodo, la moto vinse anche tre titoli Piloti e quattro titoli Costruttori.

La RC211V era equipaggiata con un motore a V da 75,5°, con tre cilindri anteriori e due posteriori. Il progetto si basava in parte sui precedenti modelli da GP e in parte su alcuni modelli di serie, a dimostrazione del fatto che in Honda la tecnologia non si sviluppa a compartimenti stagni.

La fasatura big bang che fornisce straordinaria aderenza al pneumatico posteriore era un'eredità della Honda NSR500. Questa moto aveva imposto il suo dominio assoluto negli ultimi anni del motomondiale della classe 500 cc, anche grazie al concetto di big bang introdotto proprio da Honda nel 1992.

Il progetto dei cilindri della RC211V attingeva invece da quanto appreso da Honda con il V4 della sua leggendaria RC45, vincitrice nel 1997 del Campionato Mondiale Superbike. I due motori avevano in comune una camera di combustione molto simile, come pure le misurazioni di alesaggio e corsa.

Inizialmente la RC211V non espresse il suo reale potenziale: la potenza massima era di “soli” 220 cavalli e l’ottimale messa a punto non era sempre semplice da trovare. La RC211V più veloce di quella stagione (la prima con il nome MotoGP) fu quella di Ukawa, che fece segnare i 324,5 km all'ora al Mugello nel giugno 2002. Giunti all'ultima stagione delle 990cc, nel 2006, la potenza era notevolmente aumentata rispetto ai 220 cv di quattro anni prima. Quell'anno al Mugello la moto più veloce fu la RC211V di Casey Stoner: ben 334 km all'ora!

Il primo telaio ed il primo motore progettati per la MotoGP seguivano la stessa idea fondamentale: la centralizzazione delle masse. Ciò comportava la concentrazione di queste ultime attorno al corpo centrale della moto per migliorarne l'agilità, la guida e la maneggevolezza.

Un aspetto importante di questo concetto è stato lo spostamento del serbatoio. Il design “inusuale” della RC211V portava un terzo della benzina sotto il pilota, per avvicinare il carico del carburante al centro della moto. Per i piloti costituiva un vantaggio particolare nelle fasi iniziali della corsa, visto che in passato avevano avuto difficoltà con l'enorme quantità di carburante alloggiato nella parte alta della moto. Secondo il Reparto Corse Honda, se la NSR500 era al 70% del proprio potenziale in termini di prestazioni nei primi giri di gara, la RC211V era fra l'80 e il 90%.

Oltre al telaio dal design non comune, ciò che faceva davvero la differenza sulla RC211V, sia con gomme nuove che usate, era la sua curva di coppia “piatta”. Ciò consentiva ai piloti di derapare e mantenere il controllo della moto, perché i giri al minuto aumentavano ma la coppia rimaneva la stessa, permettendo alla gomma di riacquistare aderenza senza problemi.

Dopo i primi titoli Piloti della RC211V, conquistati da Valentino Rossi nel 2002 e nel 2003, il pilota Honda più veloce fu il giovane statunitense Nicky Hayden, entrato nel team Repsol Honda nel 2003 dopo aver vinto il campionato AMA Superbike in sella a una Honda VTR1000 nel 2002.

La tecnica di guida di Hayden, imparata sulle piste in terra battuta del Flat Track, gli consentiva di utilizzare con sapienza il freno posteriore: Nicky adorava guidare la RC211V. Nel 2006 Hayden vinse il campionato MotoGP all'ultima gara, in una delle giornate più spettacolari nella storia del motomondiale. Il ricordo di Hayden, della RC211V e di quel giorno a Valencia resteranno sempre vivi.

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RC212V (2007-2011)

I regolamenti tecnici della MotoGP furono riscritti per la stagione 2007, riducendo la cilindrata del propulsore da 990 a 800 cc. La HRC tornò al lavoro, creando una nuova moto per la seconda era della MotoGP.

La RC212V metteva in pista molte delle esperienze della RC211V ma era una moto completamente nuova, spinta da un motore V4. Con l'inizio della stagione 2007, fu presto ovvio che le 800 erano moto molto diverse dalle 990.

I motori più piccoli generavano meno potenza e una minore coppia, quindi era necessario un diverso stile di guida, che dava priorità all'alta velocità di percorrenza in curva piuttosto che alle uscite di traverso.

Il V4 ad angolo più stretto tra le bancate girava oltre i 18.000 giri/min, 2000 in più del suo precessore di maggiore cubatura, ed era dotato di molle pneumatiche per un miglior controllo dell’alzata valvole ai regimi più elevati. La curva di potenza più ripida delle 800 richiedeva l’utilizzo di aiuti elettronici più avanzati, tra cui Anti-Wheelie, Traction Control e Launch Control. L'evoluzione dell'elettronica è stato il progresso più importante dell'era dei propulsori da 800 cc.

Incredibilmente, le 800 fecero immediatamente registrare tempi sul giro più veloci delle 990 su gran parte dei tracciati, perché la maggiore velocità in curva compensava egregiamente la lieve riduzione in termini di accelerazione e velocità massima. Persino sul circuito del Mugello, dove la RC212V di Pedrosa fece segnare i 317,6 km all'ora, il suo giro più veloce era solo 0,037 secondi più lento del record stabilito dalla 990 cc.

La RC212V non ebbe lo stesso immediato successo della RC211V. Gli ingegneri HRC dovettero impegnarsi notevolmente, sfruttando tutto il loro know-how e lavorando su motore, telaio ed elettronica. Tuttavia, con il passare del tempo anch'essa diventò una moto vincente.

La difficoltà iniziale risiedeva nell’erogare una potenza “rider-friendly”, nonostante il motore di cubatura inferiore fosse meno performante del 990cc. Come mai prima di allora, questo obiettivo fu raggiunto grazie al connubio tra le prestazioni del motore ed una elettronica avanzata, sviluppata appositamente.

Durante le ultime fasi dell'era delle 800 cc, Honda introdusse due importanti tecnologie mutuate dal proprio impegno in Formula 1.

Nel 2010 arrivò il sensore di coppia, montato sull'albero secondario del cambio. Il cosiddetto Torductor misurava la potenza trasferita al pneumatico posteriore, e l’elettronica, intervenendo in tempo reale su tale dato, aiutava il pilota ad utilizzare la massima potenza disponibile in qualsiasi momento della gara.

L'anno successivo fu la volta del cambio seamless, che consentiva di cambiare marcia in maniera molto più fluida e veloce. Ciò dava un leggero vantaggio durante le accelerazioni in rettilineo e un maggior vantaggio in curva, perché i piloti potevano cambiare marcia ad elevati angoli di piega, cosa che in passato si era dimostrata pericolosa.

Il cambio seamless della RC212V era l’esempio perfetto del genio ingegneristico di Honda. Cambi simili erano stati utilizzati sulle auto di Formula 1 per qualche tempo, ma nessuno aveva mai tentato di importare tale tecnologia su un cambio da moto. All'interno, il primo cambio seamless di Honda per la MotoGP era simile a un orologio.

La HRC inoltre disegnò diversi telai per la RC212V, adoperandosi per trovare il miglior compromesso tra reattività a bassa velocità e stabilità ad alta velocità. Gli ingegneri partirono da un normale telaio in alluminio, costruito con sezioni lavorate al CNC. Nel 2010 testarono un telaio composito in alluminio e fibra di carbonio, passando contemporaneamente alle sospensioni Öhlins. Quando nel 2011 Casey Stoner vinse il Campionato del mondo MotoGP, la sua RC212V aveva un telaio completamente in alluminio.

Il miglioramento delle prestazioni nel quinquennio delle 800 cc fu impressionante tanto quanto quello verificatosi negli anni delle 990 cc. Al Mugello nel 2011 le 800 erano più veloci di almeno due secondi al giro delle 990 durante lo stesso GP d'Italia del 2006.

MOTOGP: le 3 Honda che hanno fatto la storia

RC213V (dal 2012 ad oggi)

Quando si decise di passare a moto di cilindrata 1000 cc, gli ingegneri Honda progettarono per il Campionato del mondo MotoGP 2012 una terza moto nuova di zecca.

Ancora una volta, la moto venne creata sfruttando le conoscenze acquisite dai modelli precedenti, ma anche stavolta era molto diversa dalle altre. Honda non si limitò a incrementare la cubatura del motore. Il Reparto Corse optò per un distacco netto dalla RC212V, costruendo un nuovo V4 caratterizzato da un angolo tra le bancate di 90°, più ampio dei modelli precedenti. La RC213V non era il primo V4 a 90° costruito da Honda. Il motore a pistoni ovali della NR500 dei primi anni Ottanta era alimentato da un V4 a 90°, così come le moto stradali VF750, VFR750, RC30 e RC45 degli anni Ottanta e Novanta.

Il V4 a 90° non è compatto quanto un motore a V ad angolo più stretto, tuttavia Honda intuì che i vantaggi offerti da questo motore avrebbero compensato gli svantaggi, purché si lavorasse instancabilmente alla progettazione di componenti quali telaio, airbox, scarico e serbatoio per ridurre le dimensioni complessive della moto.

Il V4 a 90° presenta notevoli vantaggi: il perfetto bilanciamento lo rende più fluido, più affidabile e più semplice da mettere a punto, soprattutto quando gli ingegneri hanno necessità di sperimentare differenti fasature big bang per cercare massima potenza e coppia.

Quando le 1000 corsero per la prima volta al Mugello nel 2012, Dani Pedrosa in sella alla sua RC213V abbassò di 4,9 secondi il record sul giro registrato nel 2002, facendo segnare 342,9 km all'ora sul rettilineo principale, ben 18,4 km all'ora in più rispetto alla prima RC211V. Questi dati illustrano i progressi compiuti da Honda non solo in termini di performance sui rettilinei ma sulle performance complessive, grazie a migliorie a 360° nella progettazione del telaio e sul fronte dell'ingegneria elettronica.

Il secondo anno delle 1000 vide la nascita del binomio che avrebbe dominato la MotoGP negli anni successivi: la RC213V e Marc Marquez. Nel 2013 la RC213V aiutò il giovane spagnolo a diventare il primo esordiente a conquistare il titolo in MotoGP, impresa riuscita solo al "Re" Kenny Roberts in 500 nel 1978.

Sin da subito Marquez fu in grado di sfruttare la RC213V più di chiunque altro. Il suo stile di guida aggressivo gli consentì di trarre il massimo vantaggio dall'impressionante stabilità in frenata della sua moto, cosa che gli permetteva di allungare sui suoi rivali.

Nel 2014 Marquez si mostrò ancora più forte: vinse 13 gare su 18, eguagliando il record stagionale assoluto di Mick Doohan, ottenuto con la NSR500 nel 1997. Nel 2015, sebbene Marquez e Pedrosa vinsero complessivamente 7 gare, Honda non riuscì a vincere il Campionato. Ma la battuta d'arresto fu solo temporanea: Honda imparò molto da quella sconfitta e dall’anno successivo, con Marquez in sella, si è aggiudicata tutti i titoli Piloti e Costruttori in palio in MotoGP.

Nel 2016 cambiarono nuovamente le regole della Classe Regina: Michelin subentrò a Bridgestone per la fornitura di pneumatici e fu introdotta la centralina unica, che sostituiva quella realizzata dalle singole case costruttrici, in modo che tutti i team e piloti avessero la stessa elettronica a disposizione. Questi cambiamenti comportarono un'enorme mole di lavoro per gli ingegneri HRC. L'elettronica unica MotoGP non era molto efficace sulla Honda, quindi si rese necessario “addolcire” l’erogazione. Il motore della RC213V fu così sottoposto a diverse e importanti riprogettazioni negli anni successivi: non potendo più utilizzare gli specifici software Honda che gestivano controllo della trazione e anti-wheelie, si decise di invertire la direzione di rotazione dell'albero motore e furono modificate le fasature per rendere più gestibile l'erogazione della potenza.

Anche l'aerodinamica acquisì sempre maggiore importanza in MotoGP, grazie alle nuove carene che aumentavano il carico aerodinamico sulla parte anteriore della RC213V per aumentare la stabilità e ridurre ulteriormente le impennate. Marquez si è dimostrato il pilota più abile nell'adattarsi a tutti i cambiamenti che la MotoGP ha subìto negli ultimi 8 anni: ciò lo ha portato a vincere 6 titoli nella Classe Regina.

Nel 2019 il pilota spagnolo, già vincitore del titolo mondiale nelle classi 125 cc (2010) e Moto2 (2012), conquistò di nuovo 13 GP in una stagione, anche grazie ad un'altra importante riprogettazione del motore messa a punto dai tecnici Honda, che aumentava considerevolmente la potenza massima disponibile. Al GP del Mugello 2019, la RC213V più veloce è stata quella di Cal Crutchlow, pilota del team LCR Castrol Honda, che ha fatto registrare 354,7 km all'ora, un miglioramento di ben 30,2 km all'ora rispetto alla prima RC211V.

Marquez non ha vinto il GP d'Italia del 2019 – ha tagliato il traguardo con un distacco di 4 centesimi di secondo dall'italiano Danilo Petrucci – ma vale la pena confrontare il loro tempo di gara con la stagione inaugurale della MotoGP: i tempi realizzati al GP del Mugello del 2019 sono stati complessivamente due minuti e sette secondi più veloci di quelli della gara del 2002! Marquez ha chiuso il 2019 vincendo l'ultimo GP della stagione a Valencia. Questa vittoria segna il suo 56o successo in MotoGP, l'81o per la RC213V in otto anni di vita su 145 gare corse nell'era delle 1000 cc.

In sella alla RC213V hanno vinto anche Casey Stoner, Dani Pedrosa, Cal Crutchlow e Jack Miller. Quando ripartirà la MotoGP Marc Marquez, Alex Marquez, Cal Crutchlow e Takaaki Nakagami faranno di tutto, insieme agli ingegneri Honda, per regalare alla RC213V 100 vittorie nella Classe Regina.

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Honda RC211V - Valentino Rossi
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Honda RC211V - Max Biaggi
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Honda RC211V - Makoto Tamada
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Honda RC211V - Nicky Hayden
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Honda RC212V - Dani Pedrosa
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Honda RC212V - Casey Stoner
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Nicky Hayden
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Honda RC213V - Jack Miller
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Honda RC213V - Cal Crutchlow
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Honda RC213V - Dani Pedrosa
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Honda RC213V - Marc Marquez
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