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Petrucci: "Voglio essere un top rider. E sogno la Dakar in moto"

Marco Gentili il 22/12/2017 in Motogp

Intervista col pilota del team Pramac: "Punto alla Ducati ufficiale nel 2019. Dopo che avrò smesso voglio fare i rally in moto e auto". E sull'amico Valentino: "Ama le moto, non può smettere perché si diverte ancora troppo"

Petrucci: "Voglio essere un top rider. E sogno la Dakar in moto"
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La punta di diamante della scuderia dei piloti Nolan (oltre 40 nelle varie discipline motoristiche) è senza dubbio lui. Danilo Petrucci da Terni, uno su cui il patron dell’azienda di caschi Alberto Vergani punta molto come ambasciatore del marchio in MotoGP. E non ha affatto torto. Petrucci è un pilota che piace: giovane, dinamico, simpatico, verace. È uno che ispira istintivamente empatia, uno che vorresti portare al pub a bere una birra. Noi l’abbiamo incontrato in occasione della festa di Natale di Nolan. E, come al solito, è stato un fiume in piena.

Danilo, partiamo dall’attualità. Non sei più un poliziotto.
“Con la fine dell’anno sarà ufficiale il mio congedo dalla polizia di stato. Sono stato per anni un pilota delle Fiamme oro, ma adesso gli impegni da pilota sono inconciliabili con quelli da poliziotto. Per me quella in polizia è stata una bella esperienza, ma credo che adesso sia più giusto che le Fiamme Oro investano su un pilota più giovane, per aiutarlo e farlo crescere”.

Qualche maligno dice che ti sei congedato perché vuoi prendere la residenza a San Marino.
“(ride) CI ho pensato, ma alla fine preferisco continuare a essere un pilota italiano. Casa mia è e sarà sempre Terni, anche se negli ultimi anni ho vissuto a Gradara”.

Nel feudo del tuo amico Valentino Rossi. Com’è andata la 100 km prenatalizia al Ranch?
“Bene dai, correvo con Lorenzo Baldassarri e siamo arrivati terzi”.

Anche in MotoGP hai fatto due terzi posti al Mugello e in Giappone, oltre a due secondi in Olanda e a Misano. Sei più contento dei quattro podi o più deluso per non aver centrato la vittoria?
“Il 2017 è stato un anno importante per me, che non ero mai salito sul podio in MotoGP. Il rimpianto più grosso per me è stato Assen. Lì ho sentito la vittoria a portata di mano. Mi sarebbe piaciuto provare ad attaccare Valentino, ma per colpa di un doppiato (Alex Rins, ndr) ho dovuto tirare una gran staccata perdendo mezzo secondo. Piuttosto, la delusione per me è stata un’altra”.

Quale?
“Di non essere stato continuo: troppi zeri in classifica, spesso per colpa mia. Credo di aver capito però qual è stato il problema”.

Ovvero?
“Il mio modo di guidare è molto estremo: apro forte il gas e stacco in modo irruento. Il problema è che sono troppo aggressivo sulla gomma posteriore e quando c’è bisogno di essere particolarmente delicati, magari in situazioni di grip basso, vado in crisi. Il Dovi, che come me ha una Ducati ufficiale, invece è stato più bravo a gestirsi in queste situazioni. Però nei test di fine stagione abbiamo capito dove intervenire e abbiamo visto dei miglioramenti”.

Dunque non è un problema di testa.
“No, anzi, è più una questione di manualità, non di mentalità. Devo riuscire a essere più morbido sulle gomme”.

L’obiettivo per il prossimo anno?
“Essere più costante per stare sempre con i 4-5 top rider. Se sono sempre lassù a giocarmela, le chance di vittoria aumentano. Poi voglio far bene perché punto a diventare un pilota ufficiale Ducati”.

Tu, come quasi tutti i piloti, hai il contratto in scadenza.
“Ho un’opzione con il team ufficiale Ducati a loro favore per il 2019. Il contratto c’è già. Dipende dai miei risulati ma anche da loro: entro una certa data dovranno dirmi sì o no. Sarà un anno di bagarre in pista, ma soprattutto fuori. Dovremo trovare una buona posizione per il 2019”.

In questo Alberto Vergani ti aiuterà molto.
“Alberto non è un manager per me, è un problem solver. E soprattutto è uno che ha creduto in me alla fine del 2009, quando non ero nessuno. E di questo lo ringrazio”.

È vero che per il tuo primo podio ti ha pagato metà del motorhome?
“Sì… mi ha detto di considerarlo come un premio per il podio”.

Tu sei molto amico di Valentino Rossi. Conoscendolo, pensi che si ritirerà presto dalle corse?
“Molti dicono che Vale ha paura di ritirarsi perché teme il vuoto dopo l’addio alle gare. Il suo problema, se possiamo chiamarlo così, è un altro. Lui è terribilmente appassionato a quello che fa. Basta vederlo al Ranch: passa le giornate a mettere le mani sulle moto, si vede che ci prova gusto. Tante volte mi è successo di andare a casa sua e di trovarlo davanti alla tv mentre guardava una replica del Cev… Lui è così, appassionato nell’animo”.

E tu, cosa vorresti fare da grande?
“Vorrei vincere in MotoGP. E poi avere il potere di scegliere cosa fare. Un mio grande sogno sono i rally raid come la Dakar. Sì, vorrei chiudere coi rally in moto e poi con quelli in auto”.

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