Motogp
I bilanci del motomondiale: chi sale e chi scende
Si è concluso un anno importante che avrà conseguenze anche nelle prossime stagioni. Se ne andranno piloti storici per fare spazio alle nuove generazioni, si chiudono rapporti commerciali che delieano nuove prospettive. Tra segni positivi e negativi c'è u
Fine stagione, tempo di bilanci, di conti con il segno positivo e altri in rosso. Un estratto conto dell'anno per capire chi ha vinto, chi ha perso e chi farebbe bene a programmare diversamente il futuro.
In MotoGp chi ha il segno positivo sul conto sono in tanti, uno soprattutto: Valentino Rossi e non solo perché è il pilota che incassa più di tutti. E' da lui che iniziamo, obbligatoriamente.
Undici vittorie, più cinque podi, una sola battuta a vuoto, in Giappone. Con un ruolino di marcia così e 367 punti conquistati, è naturale che il numero uno sia Rossi. Il suo saldo è positivo anche perché ha saputo portare al titolo costruttori la Yamaha con il solo supporto di Edwards che è quarto ma che non ha mai esaltato. La Yamaha è la classica squadra incentrata su di un fuoriclasse che garantisce il risultato. E questa è forse l'incognita più grande: quanto vale realmente la M1? Rispetto a inizio stagione la Yamaha è diventata più veloce e potente, ma resta sempre difficile da mettere a punto su molte piste. L'aumento di prestazione ha esasperato la ricerca dell'equilibrio, soprattutto quando si perde stabilità in frenata che è uno dei punti di forza della guida di Rossi. Uno che sorpassa molto, per forza di cose deve frenare in maniera perfetta, per infilare i rivali.
In casa Honda ci sono altri due piloti che hanno il segno + sul conto corrente, Marco Melandri e Nicky Hayden. Marco è stato il dominatore del finale di stagione con due vittorie non certo arrivate per caso. Melandri è il classico esempio di pilota giovane che ha doti e futuro ma che ha bisogno di poter contare sull'appoggio di una squadra che lo aiuti sempre. I giovani sono sensibili e non hanno l'abilità dei veterani nel nascondere i momenti difficili. In più vanno caricati e responsabilizzati progressivamente. La stagione di Melandri è iniziata bene, con frequentazioni sul podio, poi dopo il brutto fine settimana di Laguna Seca, con tanto di caduta e ritorno di incubi e paure, sembrava che gli si fosse spenta la luce. Allora la Honda lo ha dotato di materiale ufficiale, il team lo ha fatto digerire e messo a punto a misura della guida di Marco, e l'ultimo step ha avuto contorni esaltanti. Nelle vittorie del ravennate e nei suoi podi, c'è anche il contributo della squadra, a conferma che nella MotoGp da soli si va poco lontano.
Hayden è un'altra realtà di questa stagione, soprattutto nella parte finale. meno dotato tecnicamente rispetto a Melandri, l'americano è combattivo e portato a sacrificarsi nei test. Si è ritrovato nel box un Biaggi in rotta con la Honda e ha saputo dare certezze al team HRC. In più ha vinto in USA, nel giorno della grande festa per i 50 anni della Yamaha: rovinare il trionfo ai rivali è stato il regalo più bello fatto da Hayden ai suoi datori di lavoro.
Segno positivo anche per la Ducati. Due vittorie scacciacrisi di Capirossi, il ritorno della Bridgestone alla competitività in Giappone e Malesia significano due cose: la Desmosedici è una moto competitiva, che può vincere e la Bridgestone può anche fare meglio della Michelin (qualche volta...). In più c'è Capirossi che, a dispetto dei 32 anni, ha ancora la voglia di un ragazzino. Non è facile far capire quanto contino le motivazioni di un pilota, forse perché nessun computer riesce a misurarle, ma Loris ha nel polso destro e nella capacità di soffrire doti molto rare e che hanno salvato la stagione Ducati, iniziata, ricordiamolo, con il segno drammaticamente negativo a causa della resa delle gomme e degli infortuni dei piloti a inizio stagione. In casa Ducati Checa merita considerazione per come ha saputo essere costante a fine stagione. Ma lo spagnolo non ha lasciato il segno e non è stato riconfermato. La Ducati voleva qualcosa di più forte, se non altro per continuare la sua politica che vede "due primeguide", come ha sempre detto il responsabile del progetto Suppo. Quindi è arrivato Sete Gibernau. Uno che però ha chiuso il 2005 in rosso... Lo spagnolo resta il pilota più veloce in prova, un grande interprete della Honda, ma la classifica piange. Cadute (troppe) e guasti tecnici hanno reso insufficiente la sua stagione. Sete, non lo nascondiamo, ha cercato fino alla fine di restare alla Honda, lui con la 211 ha un feeling totale, cosa che invece è da inventare con la Ducati. Se il pilota non si discute, possono lasciare interdetti le modalità dell'ingaggio: la firma è arrivata domenica a Valencia, quindi non è stato un amore a prima vista e anche il pubblico Ducati non ama molto l'iberico. Sete dovrà conquistare il cuore ducatista: impresa ardua.
Segno meno anche per Biaggi. Max non si è trovato con la Honda, ha sempre fatto capire che il materiale a sua disposizione non gli permetteva di essere veloce e non è riuscito ad invertire il segno. Il rapporto tra lui e l'HRC era già rovinato nei test precampionato e il resto della stagione è stato uno scivolamento progressivo verso il punto di non ritorno. Un divorzio inevitabile chiude un matrimonio mal riuscito. Colpe da entrambe le parti, ma si è capito che gli ingegneri vanno bene, la tecnologia pure e che ci vuole qualcuno che sappia far lavorare assieme gli uomini, magari capendoli. Il futuro di Max, a questo momento, è avvolto nelle nebbie. Si parla di una terza Suzuki, ma il team manager Denning nega deciso: "Non ci sono risorse per tre moto". Di una Yamaha gestita da Cecchinello (impresa ardua visto che a Iwata comanda Rossi). Per ora solo fumo.
Il resto della MotoGp ondeggia tra il sei e il quattro, nel senso che c'erano già squadre in crisi a Jerez e che non si sono più riprese. Bayliss esce di scena senza mai aver fatto una gara positiva con la Honda, Tamada cercava il feeling con le gomme all'ultimo GP dopo non averlo mai avuto in stagione. Xaus non sembrava nemmeno un pilota... Tra questi solo Barros merita un piccolo più sul conto: ha vinto in Portogallo, ha avuto qualche sprazzo, e forse ha capito che la sua stella stava tramontando. Barros ci saluta, Bayliss pure, Xaus forse: la MotoGp ha bisogno di nuovi talenti e in questa voglia di linea verde, la Honda ha preso forse la parte migliore: Melandri, Elias, Pedrosa, persino Stoner, arrivato per vie traverse al team Pons.
Certo, in Giappone si sono fatti scappare lo scalpitante Vermeulen, ma questo è stato un capolavoro Suzuki. In un colpo solo hanno tolto alla Honda il miglior pilota in SBK, rendendo di sicuro più facile la strada a Troy Corser nella prossima stagione e, in prospettiva, sempre ai rivali, un pilota che verrà buono in MotoGp. In questo però si vede anche la tradizionale propensione al rischio degli australiani. Stoner e Vermeulen si sono buttati in MotoGp senza pensarci troppo: c'è una possibilità e loro ci vanno. Ben diversamente dai più riflessivi latini, specie quelli che arrivano dalla classe di mezzo...
In 250 Pedrosa si è confermato dittatore assoluto, ma ha anche vissuto un momento difficile dopo la caduta a Sepang e la gara opaca del Qatar si era visto raggiungere da Stoner. Ha saputo soffrire, non ha perso la testa e ha sfruttato un madornale errore del rivale australiano che si è steso nella gara della verità a Phillip Island. Stoner è stato la seconda forza della 250, ma ha confermato quello che si è sempre detto di lui: veloce ma incostante e portato all'errore. Dovizioso ha il segno + ma la sua stagione ha avuto il punto di forza nelle regolarità: mai un acuto (se non a inizio anno) colpa anche di una gestione tecnica della moto che non è sempre stata perfetta.
Segno meno a De Angelis, anche se ha corso senza risparmiarsi, cosa che invece ha fatto De Puniet, a lungo spento, specie a fine stagione; per il francese però è arrivato l'ingaggio della Kawasaki in MotoGp, non tanto per meriti conquistati ma perché un francese serve alla Dorna.
Frammentari Lorenzo e Porto, acerbo Barbera, interessante Aoyama, ma la 250 di quest'anno si è fatta dominare da Pedrosa. Che la saluta per la massima ribalta nel top team Honda. Il ragazzo triste fa le cose in grande. Certo che fa sorridere quando arriva al box e zampetta cercando il suolo, troppo lontano dal suo piede. Secondo qualcuno non ha il fisico per la MotoGp, ma se lo immaginiamo a fine stagione 2006 già in sella alla tre cilindri 800 che sta prendendo forma in Giappone i giudizi cambiano. E poi Dani è uno di classe, materia che fa sempre bene e che è rara.
In 125 merita la lode Luthi che è pilota di spessore e carattere. La sua vittoria è frutto delle sue doti e dei madornali errori della KTM e del suo pilota di punta Kallio che non ha nella costanza la sua dote migliore e che sente troppo la pressione. Talmacsi è bravo, ma da bocciare per la gara in Qatar quando fulminò sul traguardo il compagno di squadra. Gli rubò cinque punti e Luthi ha vinto di cinque!
Tra i nostri Pasini, Simoncelli e Lai arrivano al + ma per poco. Pasini ha avuto un black out a metà stagione che gli ha fatto perdere il mondiale. In più sciupa più del dovuto. Il direttore di banca dovrebbe dargli una telefonata! Simoncelli in 125 sembrava un orso dello zoo su una minimoto, quindi nessuna speranza in una classe dove i cavalli sono pochi. Lai non ha mai incantato. Tanti i meno nel conto: Poggiali e Pesek anche a causa delle moto non all'altezza delle rivali, la scuola spagnola che non ha più giovani fuoriclasse. Chi invece un più se lo guadagna di forza sono Di Meglio primo a Istanbul e Koyama, giapponese.
E poi ci sono i soldi, o meglio, c'erano i soldi. Rossi ha scontentato la Gauloises che vuol lasciare la Yamaha e il fatto che Rossi giri con la Ferrari colorata di rosso Marlboro non aiuta molto. La Camel per ora ha abbandonato la MotoGp, la Telefonica ha lasciato un buco difficilmente colmabile. Un momentaccio, soprattutto per noi italiani, visto che gli sponsor più importanti sono oramai Repsol e Fortuna. Spagnoli, come sempre.
In MotoGp chi ha il segno positivo sul conto sono in tanti, uno soprattutto: Valentino Rossi e non solo perché è il pilota che incassa più di tutti. E' da lui che iniziamo, obbligatoriamente.
Undici vittorie, più cinque podi, una sola battuta a vuoto, in Giappone. Con un ruolino di marcia così e 367 punti conquistati, è naturale che il numero uno sia Rossi. Il suo saldo è positivo anche perché ha saputo portare al titolo costruttori la Yamaha con il solo supporto di Edwards che è quarto ma che non ha mai esaltato. La Yamaha è la classica squadra incentrata su di un fuoriclasse che garantisce il risultato. E questa è forse l'incognita più grande: quanto vale realmente la M1? Rispetto a inizio stagione la Yamaha è diventata più veloce e potente, ma resta sempre difficile da mettere a punto su molte piste. L'aumento di prestazione ha esasperato la ricerca dell'equilibrio, soprattutto quando si perde stabilità in frenata che è uno dei punti di forza della guida di Rossi. Uno che sorpassa molto, per forza di cose deve frenare in maniera perfetta, per infilare i rivali.
In casa Honda ci sono altri due piloti che hanno il segno + sul conto corrente, Marco Melandri e Nicky Hayden. Marco è stato il dominatore del finale di stagione con due vittorie non certo arrivate per caso. Melandri è il classico esempio di pilota giovane che ha doti e futuro ma che ha bisogno di poter contare sull'appoggio di una squadra che lo aiuti sempre. I giovani sono sensibili e non hanno l'abilità dei veterani nel nascondere i momenti difficili. In più vanno caricati e responsabilizzati progressivamente. La stagione di Melandri è iniziata bene, con frequentazioni sul podio, poi dopo il brutto fine settimana di Laguna Seca, con tanto di caduta e ritorno di incubi e paure, sembrava che gli si fosse spenta la luce. Allora la Honda lo ha dotato di materiale ufficiale, il team lo ha fatto digerire e messo a punto a misura della guida di Marco, e l'ultimo step ha avuto contorni esaltanti. Nelle vittorie del ravennate e nei suoi podi, c'è anche il contributo della squadra, a conferma che nella MotoGp da soli si va poco lontano.
Hayden è un'altra realtà di questa stagione, soprattutto nella parte finale. meno dotato tecnicamente rispetto a Melandri, l'americano è combattivo e portato a sacrificarsi nei test. Si è ritrovato nel box un Biaggi in rotta con la Honda e ha saputo dare certezze al team HRC. In più ha vinto in USA, nel giorno della grande festa per i 50 anni della Yamaha: rovinare il trionfo ai rivali è stato il regalo più bello fatto da Hayden ai suoi datori di lavoro.
Segno positivo anche per la Ducati. Due vittorie scacciacrisi di Capirossi, il ritorno della Bridgestone alla competitività in Giappone e Malesia significano due cose: la Desmosedici è una moto competitiva, che può vincere e la Bridgestone può anche fare meglio della Michelin (qualche volta...). In più c'è Capirossi che, a dispetto dei 32 anni, ha ancora la voglia di un ragazzino. Non è facile far capire quanto contino le motivazioni di un pilota, forse perché nessun computer riesce a misurarle, ma Loris ha nel polso destro e nella capacità di soffrire doti molto rare e che hanno salvato la stagione Ducati, iniziata, ricordiamolo, con il segno drammaticamente negativo a causa della resa delle gomme e degli infortuni dei piloti a inizio stagione. In casa Ducati Checa merita considerazione per come ha saputo essere costante a fine stagione. Ma lo spagnolo non ha lasciato il segno e non è stato riconfermato. La Ducati voleva qualcosa di più forte, se non altro per continuare la sua politica che vede "due primeguide", come ha sempre detto il responsabile del progetto Suppo. Quindi è arrivato Sete Gibernau. Uno che però ha chiuso il 2005 in rosso... Lo spagnolo resta il pilota più veloce in prova, un grande interprete della Honda, ma la classifica piange. Cadute (troppe) e guasti tecnici hanno reso insufficiente la sua stagione. Sete, non lo nascondiamo, ha cercato fino alla fine di restare alla Honda, lui con la 211 ha un feeling totale, cosa che invece è da inventare con la Ducati. Se il pilota non si discute, possono lasciare interdetti le modalità dell'ingaggio: la firma è arrivata domenica a Valencia, quindi non è stato un amore a prima vista e anche il pubblico Ducati non ama molto l'iberico. Sete dovrà conquistare il cuore ducatista: impresa ardua.
Segno meno anche per Biaggi. Max non si è trovato con la Honda, ha sempre fatto capire che il materiale a sua disposizione non gli permetteva di essere veloce e non è riuscito ad invertire il segno. Il rapporto tra lui e l'HRC era già rovinato nei test precampionato e il resto della stagione è stato uno scivolamento progressivo verso il punto di non ritorno. Un divorzio inevitabile chiude un matrimonio mal riuscito. Colpe da entrambe le parti, ma si è capito che gli ingegneri vanno bene, la tecnologia pure e che ci vuole qualcuno che sappia far lavorare assieme gli uomini, magari capendoli. Il futuro di Max, a questo momento, è avvolto nelle nebbie. Si parla di una terza Suzuki, ma il team manager Denning nega deciso: "Non ci sono risorse per tre moto". Di una Yamaha gestita da Cecchinello (impresa ardua visto che a Iwata comanda Rossi). Per ora solo fumo.
Il resto della MotoGp ondeggia tra il sei e il quattro, nel senso che c'erano già squadre in crisi a Jerez e che non si sono più riprese. Bayliss esce di scena senza mai aver fatto una gara positiva con la Honda, Tamada cercava il feeling con le gomme all'ultimo GP dopo non averlo mai avuto in stagione. Xaus non sembrava nemmeno un pilota... Tra questi solo Barros merita un piccolo più sul conto: ha vinto in Portogallo, ha avuto qualche sprazzo, e forse ha capito che la sua stella stava tramontando. Barros ci saluta, Bayliss pure, Xaus forse: la MotoGp ha bisogno di nuovi talenti e in questa voglia di linea verde, la Honda ha preso forse la parte migliore: Melandri, Elias, Pedrosa, persino Stoner, arrivato per vie traverse al team Pons.
Certo, in Giappone si sono fatti scappare lo scalpitante Vermeulen, ma questo è stato un capolavoro Suzuki. In un colpo solo hanno tolto alla Honda il miglior pilota in SBK, rendendo di sicuro più facile la strada a Troy Corser nella prossima stagione e, in prospettiva, sempre ai rivali, un pilota che verrà buono in MotoGp. In questo però si vede anche la tradizionale propensione al rischio degli australiani. Stoner e Vermeulen si sono buttati in MotoGp senza pensarci troppo: c'è una possibilità e loro ci vanno. Ben diversamente dai più riflessivi latini, specie quelli che arrivano dalla classe di mezzo...
In 250 Pedrosa si è confermato dittatore assoluto, ma ha anche vissuto un momento difficile dopo la caduta a Sepang e la gara opaca del Qatar si era visto raggiungere da Stoner. Ha saputo soffrire, non ha perso la testa e ha sfruttato un madornale errore del rivale australiano che si è steso nella gara della verità a Phillip Island. Stoner è stato la seconda forza della 250, ma ha confermato quello che si è sempre detto di lui: veloce ma incostante e portato all'errore. Dovizioso ha il segno + ma la sua stagione ha avuto il punto di forza nelle regolarità: mai un acuto (se non a inizio anno) colpa anche di una gestione tecnica della moto che non è sempre stata perfetta.
Segno meno a De Angelis, anche se ha corso senza risparmiarsi, cosa che invece ha fatto De Puniet, a lungo spento, specie a fine stagione; per il francese però è arrivato l'ingaggio della Kawasaki in MotoGp, non tanto per meriti conquistati ma perché un francese serve alla Dorna.
Frammentari Lorenzo e Porto, acerbo Barbera, interessante Aoyama, ma la 250 di quest'anno si è fatta dominare da Pedrosa. Che la saluta per la massima ribalta nel top team Honda. Il ragazzo triste fa le cose in grande. Certo che fa sorridere quando arriva al box e zampetta cercando il suolo, troppo lontano dal suo piede. Secondo qualcuno non ha il fisico per la MotoGp, ma se lo immaginiamo a fine stagione 2006 già in sella alla tre cilindri 800 che sta prendendo forma in Giappone i giudizi cambiano. E poi Dani è uno di classe, materia che fa sempre bene e che è rara.
In 125 merita la lode Luthi che è pilota di spessore e carattere. La sua vittoria è frutto delle sue doti e dei madornali errori della KTM e del suo pilota di punta Kallio che non ha nella costanza la sua dote migliore e che sente troppo la pressione. Talmacsi è bravo, ma da bocciare per la gara in Qatar quando fulminò sul traguardo il compagno di squadra. Gli rubò cinque punti e Luthi ha vinto di cinque!
Tra i nostri Pasini, Simoncelli e Lai arrivano al + ma per poco. Pasini ha avuto un black out a metà stagione che gli ha fatto perdere il mondiale. In più sciupa più del dovuto. Il direttore di banca dovrebbe dargli una telefonata! Simoncelli in 125 sembrava un orso dello zoo su una minimoto, quindi nessuna speranza in una classe dove i cavalli sono pochi. Lai non ha mai incantato. Tanti i meno nel conto: Poggiali e Pesek anche a causa delle moto non all'altezza delle rivali, la scuola spagnola che non ha più giovani fuoriclasse. Chi invece un più se lo guadagna di forza sono Di Meglio primo a Istanbul e Koyama, giapponese.
E poi ci sono i soldi, o meglio, c'erano i soldi. Rossi ha scontentato la Gauloises che vuol lasciare la Yamaha e il fatto che Rossi giri con la Ferrari colorata di rosso Marlboro non aiuta molto. La Camel per ora ha abbandonato la MotoGp, la Telefonica ha lasciato un buco difficilmente colmabile. Un momentaccio, soprattutto per noi italiani, visto che gli sponsor più importanti sono oramai Repsol e Fortuna. Spagnoli, come sempre.