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Dovizioso: nato sotto il segno della moto

il 11/10/2004 in Motogp

Il campione mondiale della 125 è un ragazzo con i piedi per terra che vola  in classifica. Cresciuto a pane e motori nel mito di Schwantz, ha una fidanzata che è stata sua rivale in pista nel 2000. Il ritratto e l'intervista

Dovizioso: nato sotto il segno della moto
Ha corso per  tre anni nel team Honda Scot di Cirano Mularoni

Dovizioso ha vinto il mondiale 125 a 18 anni, 9 mesi e 17 giorni. E' il terzo nella speciale classifica di precocità

Andrea Dovizioso è nato a Forlimpopoli (FC) il 23 marzo 1986, segno dell'Ariete, ma in realtà è nato sotto il segno della moto.
Figlio d'arte, il padre Antonio è ancora oggi a cinquant'anni un forte crossista, ha iniziato fin da bambino con le minimoto.

A otto anni è in sella, tre anni dopo, nel 1997, è già campione italiano nella Junior B e si ripete nella A l'anno dopo.
Ha una caratteristica: corre e vince, i campionati. Nel 2000, nel Challenge Aprilia è primo della Under 18, nel 2001 trionfa nell'Europeo 125 con tre vittorie e due podi. Nel 2002 approda al team Scot e corre nel mondiale con un sedicesimo posto. L'anno scorso fa capire di essere uno dei buoni e chiude il campionato in quinta piazza, ma già con quattro podi. Da domenica 10 ottobre è campione del mondo, il cinquantesimo italiano a vincere un'iride nel motomondiale, 23esimo nella 125.

Corre con una Honda ufficiale, in pratica la stessa usata da Pedrosa lo scorso anno. Ha disputato 47 Gp con 4 vittorie, 6 secondi e 3 terzi posti. 8 pole. E' nettamente il più forte della stagione, anche perché, pur essendo giovane sa ragionare, eccome. Un mondiale vinto di testa e di polso, senza strafare, sempre lucido.
Nell'ultimo anno è cresciuto molto, 15 centimetri, ma resta piuttosto magro. Ha la patente da pochi mesi e sogna un'Audi TT ma fino a poco tempo fa girava per Forlì con un vecchio scooterino che usava anche nel paddock.
Ha una ragazza, Samuela, che corre con un'Aprilia Tuono conosciuta ad una cena della Clinica Mobile. Anche lei lottava contro Andrea nel 2000!


La figura chiave della sua carriera è il padre. Da lui arriva l'amore per le moto, da lui la stima per Kevin Schwantz e la "fissa" per il numero 34 e la prima dedica da campione. Antonio Dovizioso gli risponde così: "Era da 50 anni che aspettavo questo momento!". Non scherzano perché in casa Dovizioso, credo attaccata al frigo, c'è la mitica tabella, nella quale erano ipotizzati i risultati fin da inizio stagione. Quelli che hanno portato al titolo mondiale.

"Sì, ma era facile cadere, la pista con il gran caldo era cambiata nel grip e più lenta. Allora ho pensato che fosse meglio controllare la situazione per passarlo nel rettilineo centrale di Sepang, ma Stoner aveva più motore, ho tentato, ma non ci sono riuscito".
- Come ti senti da campione? Che emozioni si provano?
"Al tempo stesso tante emozioni e quasi nessuna. In fondo me lo aspettavo".
- Hai già un piede in 250 (ma non si sa ancora con chi), come ti vedi nei panni del debuttante, specie dopo aver visto quello che ha fatto Pedrosa?
"Sarà dura, sarà un anno di apprendistato, ma spero di prendermi qualche soddisfazione. Seguire le orme di Pedrosa è una sfida eccitante. Lui è un fenomeno, ma ce ne sono tanti che vanno forte".
- Com'è la vigilia di una gara che ti regala il titolo?
"Tranquilla, pochi dubbi, poche pressioni e nemmeno pensieri".
- In stagione quali sono stati i momenti chiave?
"Al Sachsenring, una pista che non amo e sulla quale ho perso il podio in staccata. Lì qualche dubbio mi è venuto. Poi a Donington c'è stata la svolta: ho cambiato strategia, ho preso il largo e ho vinto senza problemi. Penso che il mio mondiale si sia deciso in Inghilterra. Ho capito di poter vincere il titolo. Anche se da inizio stagione ero convinto di poter essere il dominatore del mondiale".
-Cos'è cambiato in te, sei più maturo?
"Anche lo scorso mi sentivo competitivo, ma in effetti sono maturato, sia io che il telaio della mia moto".
- Sapevi delle cadute dei tuoi rivali?
"Sì, ero informato della caduta di Barbera, ma non del ritiro di Lorenzo, ma non ha cambiato il mio obiettivo in gara che era la vittoria".
Ma Stoner ti ha rovinato un po' la festa?
"No, bravo lui, però mi spiace. Io volevo vincere".

Saluti al campione timido, ma solo con chi non conosce, che vive una vita normale a Forlì. Un ragazzo con i piedi per terra. Non in classifica, però.

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